“Chi Tromba a Capodanno…”

Posted by admin under Incontri Erotici on lunedì Gen 2, 2023

Le vacanze di Natale in Puglia dalla mia famiglia proseguono abbastanza spensierate. Mi godo il tempo con la nonna, mi faccio coccolare da mamma e papà, esco con gli amici di una vita. Vivo al massimo questi giorni di tranquillità, prima del rientro a Milano che si fa sempre più vicino.

La sera del 31, dopo la tradizionale cena con i parenti, a cui anche quest’anno mi sono presentata “dignitosamente brilla” (cit.), dopo la mezzanotte mi sono data una sistemata per raggiungere il mio gruppo di amici a casa di Alessia.

Non sapevo esattamente che tipo di serata mi aspettasse. Sapevo che ci sarebbero state un po’ di persone, casa di Ale è molto grande, i suoi ricchi genitori sono partiti (beati loro) per un capodanno in Madagascar, quindi alcool e musica non sarebbero mancati. 

Decido di vestirmi carina, non perché io abbia chissà quali intenzioni, ma perché dai, è capodanno.

Indosso una camicia di chiffon nera, in pratica un velo trasparente di tessuto leggerissimo, con collo a barca che lascia scoperte le spalle. Sotto ho un reggiseno nero che non regge nulla, viste le dimensioni micro dei miei seni, ma che rende l’outfit abbastanza sexy.

Ho una gonnellina molto mini a fasciarmi il culetto sodo e calze nere. Il mio metro e 56 guadagna ben dieci centimetri grazie alle décolleté.

Prima di uscire chiamo il mio ragazzo, rimasto con la sua famiglia a Milano, gli faccio gli auguri mandandogli una foto del mio outfit allo specchio, e ci salutiamo.

Passa a prendermi Manuel, un ragazzo che abita poco distante da casa dei miei, che conosco dalle elementari. È stato il mio primo bacio. Ero cotta di lui, quando alle medie io ero un brutto anatroccolo occhialuto e lui il fighetto della scuola. Ora io non dico di essere diventata un cigno, però dai, mi difendo. Con lui invece il tempo è stato un po’ più impietoso. I capelli corvini sono quasi del tutto caduti e lui camuffa il tutto con una rasatura totale del cranio. Barbetta incolta e pancettina immancabile. Ora, da qualche annetto, so di non essergli indifferente, ma non è mai successo nulla.

Salgo in macchina avvolta in un lungo cappotto nero, con il cappellino di lana rosa che mi schiaccia sul viso i capelli biondi, e lo saluto schioccandogli un bacio su una guancia. “Augù” dico, abbozzolandomi sul sedile. “Pur’attè” risponde, avviando la macchina.

Arriviamo a casa di Alessia che è già l’una passata. Ci apre lei, ci saluta entrambi, invitandoci ad abbandonare le giacche nell’armadio accanto alla porta. Non c’è bisogno di grandi convenevoli, siamo amici da una vita.

La casa si apre in un grande soggiorno open space. L’arredamento è classico, da persone benestanti sulla sessantina. Molti quadri alle pareti, tappeti ovunque, mobilio antico in legno. 

C’è un grande tavolo, al centro della sala, in cui in cinque stanno giocando a poker avvolti dal fumo delle sigarette. 

Poco sulla destra un altro tavolino con qualsiasi cosa da bere. Scorgo fuori dal balcone Anna e Ciccio che fumano, probabilmente una canna, conoscendoli. 

Dalle casse esce una playlist di brani synth pop, niente di insopportabile, comunque. Poteva andare peggio.

Mi avvicino al tavolo dei drink, prendo una bottiglia di birra e sorseggiando vado a salutare le amiche, che chiacchierano più avanti.

La serata procede tranquilla, di quelle normali tra amici. Tra drink, birre, sigarette e qualche tiro alle canne di Ciccio. Di tanto in tanto arrivano facce nuove mentre qualcun altro va via. Il volume della musica si abbassa man mano che si fa più tardi.

Ora sto chiacchierando con uno di cui ho già dimenticato il nome. Uno carino, potrebbe essere mio coetaneo, forse qualche anno più giovane. Ha i capelli castani e ricci, barbetta, occhi sul verde. È più alto di me di parecchio, sarà sul metro e novanta, e parla con un accento che potrei definire ispanico. 

Non so di chi sia amico, ma è carino e mi fa ridere, e tanto mi basta. 

Tra un drink e un altro ci mettiamo effettivamente poco a ritrovarci sul divano davanti alla tv, io con le mie gambe sulle sue, entrambi sotto una calda coperta di lana a quadroni. 

In tv c’è un vecchio film con Hugh Grant che guardiamo a tratti, anche perché tra la musica e le chiacchiere dei pochi amici rimasti ancora impegnati nel poker, non si sente granché. 

Di tanto in tanto le nostre labbra si incontrano in baci languidi. Sembra un ragazzo educato, probabilmente non mi trascinerebbe mai in una stanza, ma sotto le gambe sento comunque che quei baci stanno risvegliando qualcosa.

Alessia è in camera sua che scopa verosimilmente col suo ragazzo di una vita. Anche altri hanno dato seguito alla credenza popolare secondo cui far sesso a capodanno possa portare ad un anno ricco di lussuria, solo io, rischio di rimanere indietro, anche per colpa di una festività vissuta lontana dal mio ragazzo.

Diciamo che ora, però, potrei avere qualche chance.

Passo una mano dietro la schiena di questo ragazzo che ha la fortuna di essere solo nel posto giusto al momento giusto. Mi intrufolo con le dita dentro i suoi jeans, sfiorandogli l’osso sacro e subito accanto una chiappa bella soda.

I baci continuano, alternati a dei sorrisi e a finti sguardi al film, giusto per non farci scoprire dagli altri amici.

La sua grossa mano si muove dal mio ginocchio scorrendo sicura a farsi spazio tra le mie cosce. Allento la presa e lascio che si avvicini un po’ di più al traguardo. Sospiro e sorrido, quando le sue dita premono contro il mio sesso che si inumidisce al tocco. 

Quel calore che si scioglie sul tessuto delle mutandine sembra essere un invito a quelle dita, che ora oltrepassano la barriera degli elastici e mi penetrano senza troppi complimenti. “Mmmh” mugolo, sgranando gli occhi mentre la mia lingua danza con la sua. Il mio sospiro si intensifica, man mano che quelle due dita affondano nella mia glabra patatina.

Divarico le gambe per godermi meglio quella mano che mi lavora sotto la coperta, e questo mi consente di avere abbastanza spazio per potergli sbottonare la cintura e i pantaloni per tastare per bene quel membro che sentivo in trappola.

Le dimensioni sembrano essere notevoli, nella mia piccola mano. Lo libero dall’elastico e inizio a segarlo, mentre non accenno a staccarmi dalla sua bocca.

La mia mano si muove per tutta la lunghezza della sua asta, gli sfioro i testicoli gonfi e risalgo per massaggiare con l’indice la sua cappella umida di quel liquido pre-seminale. Sento sospirare anche lui e quei sospiri si intrecciano ai miei, frutto di quelle dita che mi stanno scopando al punto da rendere zuppe le mutandine.

L’idillio di questo momento, però, viene interrotto quasi bruscamente da Manuel.

“Mì… il telefono…” mi urla dall’altra parte della stanza. 

Stacco il viso dal ragazzo senza nome e mi volto, scorgendo appena Manuel da dietro la spalliera del divano. Mi viene incontro, portandomi il telefono illuminato. Mi ricompongo leggermente, restando ben coperta. 

La mano del mio amante occasionale è ancora nella mia passerina e il mio stringere le gambe è un modo per dirgli di non andare via. Anche la mia mano stringe ancora quel bel cazzone. 

L’altra, invece, richiamata all’ordine, recupera il mio telefonino dalle mani di Manuel, che ovviamente non capisce cosa stia succedendo sul divano e si siede accanto a me. 

È il mio ragazzo. In videochiamata.

Rispondo.

“Amore??” Dico dopo essermi schiarita la voce. Mi guardo nella finestrella della videochiamata. Ho i capelli spettinati e le labbra arrossate dallo sfregamento con la barbetta del ragazzo a cui forse dovrei chiedere di nuovo come si chiama.

Il mio fidanzato mi sorride e mi dice qualcosa di incomprensibile. È in un club con degli amici, c’è musica dal vivo, non si capisce granché, anche perché le dita nella mia fighetta continuano a muoversi come se niente fosse. Ma anche la mia mano su quel bellissimo cazzo non è da meno.
“Ti stavo pensando e ho deciso di chiamarti”, mi dice. Gli sorrido dolcemente “Awww, amore grazie, anch’io ti pensavo…” gli dico senza il minimo pudore, considerando che ho due dita nella passera e un cazzone nell’altra mano che continuo a segare con desiderio.

“Che fai di bello, oltre a pensarmi?” mi chiede. “Mah niente, sono con Manu e guardiamo un film…” rispondo girando il telefono dal lato opposto al parco divertimenti sotto le coperte e inquadrando il mio amico e il film.

Manuel lo saluta con ma mano. Lui ricambia. Io sussulto fradicia.

“Dai, ora… ora vado, sennò mi perdo il meglio…” dico inquadrandomi e schioccandogli un bacio. “Ti chiamo domani…”

“Okay, piccola, ti amo”.

Anch’io.

Chiudo la conversazione e lascio cadere il telefono sul divano.

Manuel, seduto alla mia destra, sembra rapito dal film, anzi, prende addirittura un lembo della coperta e se la porta sulle gambe. “Ma questo è un coglione…” penso.

Vabbè. 

Fingo un improvviso attacco di sonno e mi distendo sulle gambe del sudamericano senza nome. Piego le gambe e le appoggio su quelle di Manuel, come a provare a distanziarlo un po’. Mi copro completamente fin sopra la testa e mi ritrovo davanti al bel cazzone che ancora pulsa nella mia mano.

Ovviamente c’è carenza di luce, ma ce n’è abbastanza da poter scorgere quelle dimensioni che avevo disegnato nella mia testa solo grazie al tatto. 

Con la lingua raccolgo quegli umori che sono sciolti tra le mie dita, lecco bene quell’asta e risalgo fino ad avvolgere completamente la turgida cappella. Muovo la testa sotto la coperta e inizio a succhiarlo e a gustarmelo per bene. Intanto le sue dita ad uncino mi scopano con maggiore foga e io ansimo con la bocca piena di quel cazzo che non riesco neanche a prendere completamente.

Ora però, sono i miei piedi ad avvertire qualcosa. Sento chiaramente un’erezione crescere sotto le piante dei miei piedini, ormai orfani dei tacchi.

Istintivamente premo contro di essa. 

La mia cotta delle elementari si sta eccitando a guardarmi fare un pompino sotto le coperte. L’idea mi infiamma e sento che tra le gambe sono un rubinetto aperto.

Un primo orgasmo vaginale mi fa tremare, mi fa stringere le cosce, ma non placa affatto la mia eccitazione. 

Le dita che erano dentro di me si defilano e ora sento aria fresca entrare nel mio naso. La coperta è caduta e mi ha liberato la testa. 

Mi stacco da quel cazzone e lo guardo, raccogliendo con la lingua quel ponte di saliva che ci tiene uniti. È grosso, lungo e la pelle ha un colore scuro, quasi mulatto. Per prenderlo tutto ci vorrebbero entrambe le mie piccole mani. Mi mordicchio il labbro inferiore, incantata, e torno a pomparlo, cercando di succhiarlo il più possibile senza soffocare. 

Abbasso lo sguardo. Manuel mi sta guardando. Sono eccitata. Struscio i piedini contro la sua erezione. Sento il suo pisello duro sotto i bottoni dei jeans, seppur di dimensioni modeste, rispetto a quello nella mia bocca.

Manuel non mi stacca gli occhi di dosso, mentre si libera il membro dalle costrizioni, lasciandolo a mia disposizione.

Lo cingo tra le dita dei piedi mentre i miei collant neri luccicano dei suoi umori. Lui mi aiuta, stringendomeli con le mani e guidando il movimento. Si sta praticamente facendo una sega con i miei piedi, ‘sto porco.

Intanto la mia bocca si riempie di quel cazzone che il ragazzo sbatte ritmicamente contro la mia gola, scopandomi la bocca.

Non ne posso più. Mi sollevo e mi avvolgo della coperta. Non che ce ne sia bisogno, considerando che io sono quella dei tre più vestita, ma le regole le faccio io. Ora voglio un posto più comodo. 

Senza dire nulla vado verso una delle millemila stanze della casa. C’è un letto. Non è matrimoniale, non è in verticale rispetto al muro, anzi è un banale letto ad incasso con l’armadio intorno, non è nemmeno “apparecchiato” ma me lo faccio andar bene. 

L’ispanico, coprendosi (male) il sesso rigido, mi viene subito incontro, mentre Manuel resta lì, a guardarci andar via come un cane bastonato.

Sollevo gli occhi al cielo pensando che ad alcuni uomini le cose devi proprio spiegargliele coi disegnini, e gli faccio ampi cenni per invitarlo a raggiungerci. In due secondi, zompettando felice come un capretto, arriva nella stanza. 

Stendo la coperta che mi avvolge sul letto e mi sfilo la maglietta, lasciandola cadere sul pavimento. L’ispanico viene alle mie spalle e mi libera del reggiseno, invitandomi con una spinta a poggiare le mani contro la parte superiore dell’armadio. Le sue dita scivolano sulle mie braccia fin sui fianchi e risalgono a stringermi le tettine.

Manuel viene accanto a me, mi volta il capo verso di lui e mi infila prepotente la lingua in bocca. Ora ho gli occhi chiusi, non so la mano di chi è sulle mie tette e quali mi stanno abbassando contemporaneamente le calze e le mie fradicie mutandine rosso-Natale (lo so, sono scaramantica). Onestamente mi importa poco.

Resto in quella posizione, in piedi e rivolta verso l’armadio, con la testa girata verso Manuel che continua a limonarmi neanche volesse sfogare tutti i baci che non mi ha dato negli anni. Intanto, dietro di me, sento l’ispanico sollevarmi la gonna sulla vita e allargarmi le gambe. Poi si inginocchia, e mentre avverto le sue mani che mi allargano le chiappette, ecco la sua bocca che fruga e sguazza nel mio sesso bagnato e il suo viso premere tra le mie natiche. Dura dannatamente poco, quell’idillio. Essendo un gigante, rispetto a me, non doveva stare particolarmente comodo. Infatti si rialza.

La punta del suo enorme cazzo si struscia tra le mie gambe ed entra con facilità nella mia passera fradicia. Lo spinge in me così lentamente da farmi mancare il fiato.

Inizia a scoparmi così, mentre sono ancora in piedi. 

Manuel intanto si spoglia completamente, si mette in piedi sul letto e si avvicina quel tanto da consentirmi di prendere in bocca il suo cazzo. 

Questo riesco a prenderlo in bocca tutto, è decisamente più “comodo”, seppure più piccolo in spessore. Lo succhio e mugolo mentre vengo letteralmente sfondata dal ragazzo alle mie spalle. Non ce la faccio. Ho le gambe che tremano. 

Mi allontano dal cazzo di Manuel e chiedo ad Ispanico di staccarsi. Mi siedo sul letto riprendendo un attimo fiato. 

Ho entrambi i cazzi davanti alla faccia e non posso non approfittarne. 

Li spompino un po’ entrambi, a turno, finché non decido che è di nuovo il momento di essere scopata.

Lascio che Ispanico si distenda sul letto e mi metto a cavalcioni su di lui, prendendogli l’asta dalla base e dirigendola dentro di me.

Chino il petto sul suo ed inizio a cavalcarlo. I movimenti sono ben coordinati, un po’ lo cavalco io, un po’ mi sbatte lui, facendosi sentire con dei rantoli da maschio sudato e arrapato.

Con la coda dell’occhio vedo Manuel girare e venire di nuovo verso la mia bocca.

“Mettimelo dietro…” gli dico in piena trance da eccitazione.

Corre come un bambino a Disneyland e viene dietro di me. È impacciato, lo sento, e ci mette diversi tentativi, prima di riuscire finalmente a mettermelo nel culetto. 

Ora godo come non mai, proprio come volevo. Dentro di me sento quei cazzi riempirmi al punto che sembrano quasi toccarsi e darsi un cinque, quando sono entrambi in profondità.

Sento Manuel ansimare più forte e neanche il tempo di dirlo, mi scarica nel sedere la sua abbondante cartuccia di sperma. Quando lo tira fuori non è più duro, direi più barzotto, e sgocciolante.

Mi sollevo col busto e riprendo a cavalcare il bellissimo cazzo di Ispanico, perpendicolare su di lui. Lo sento arrivare fino in fondo, sembra arrivare a toccarmi il cuore. Forse urlo un po’ troppo. È davvero un bel cazzo, e mi sta scopando divinamente.

Lo guardo in viso, quasi a voler fissare nella mente quelle espressioni, visto che il nome è andato da tempo, almeno ricordarmi il viso.

“Sto scopiàndo…” dice con quell’affascinantissimo accento di chissà dove.

Disarciono da quello stallone bellissimo che mi sarei volentieri portata a casa, e scivolo con la bocca su di lui per succhiarlo e godermelo ancora qualche attimo.

Lo sento tremare, sento il cazzo irrigidirsi e quelle palle stringersi. 

Si libera in un orgasmo bellissimo, che fa piovere pioggia di sborra sul mio viso, sui miei capelli e tutto sul suo ventre disegnato da uno scultore.

Manuel ce l’ha di nuovo duro, Ispanico credo non si sia mai ammosciato, ma io sono esausta. Per ora. 

Direi che alla casella della scopata di capodanno la possiamo metterci una crocetta. Anche per quest’anno.

Per fortuna. C’è mancato poco.

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Il pacco della Vigilia

Posted by admin under Incontri Erotici on martedì Dic 27, 2022

Personalmente ho sempre amato il Natale. Mi piace l’atmosfera che si crea in famiglia, mi piacciono le luci colorate, odio letteralmente l’ansia da shopping che pervade chiunque, ma girare per il centro tutto addobbato e profumato di biscotti e castagne mi fa sempre sentire in uno di quei film che trasmettono solo a dicembre.

Tuttavia, so che invece molte persone non amano come me, queste atmosfere. Quindi un po’ per cercare di addolcire gli Scrooge che incontro, un po’ perché da ragazza fuorisede ho sempre bisogno di liquidità, trovo sempre qualche lavoretto in cui devo indossare il mio vestitino da “BabbA Natale”.

Non è uno di quei vestitini super succinti tipici da racconto erotico, ma neanche uno di quelli sformati e anti-sesso. Gonnellina rossa a mezza coscia, giacca rossa con l’immancabile pelliccetta bianca sugli orli, e cappellino. Nulla di speciale, ma mi accorgevo avere l’effetto Viagra su alcuni vecchietti.

Anche quest’anno, tornata nel mio paesino della Puglia, ho avuto la fortuna di trovare un lavoretto di questi, proprio fuori un supermercato. Conosco bene la zona, proprio di fronte casa di Luca, un mio ex “trombamico”, quello con cui mi divertivo a scacciare la noia del paesino, diciamo.

Non lo vedevo da molto, si era trasferito a Londra, io a Milano, e ci siamo persi di vista.

Fino a poche ore fa.

Noto un tipo strano venire verso l’ingresso del supermercato. Sguardo basso, cappuccio sulla testa, occhiali da sole, mani in tasca. Tutto quello che poteva renderlo in qualche modo riconoscibile era coperto. Barriere insormontabili, per gli occhi dei più.
Barriere che però si sono sbriciolate alla soglia del supermercato.

Lo riconosco facilmente, Luca. Ha una camminata tutta sua. Abbasso il viso e gli sorrido.
“Ciao straniero! Bentornato!” gli dico.

Scorgo un sorriso e lo abbraccio, abbattendo in parte quella sua barriera di misoginia.

Scambiamo quattro chiacchiere e ci raccontiamo gli ultimi avvenimenti significativi della nostra vita, di quanto si trovi bene a Londra, di quanto sia bello esserci incontrati.

Il nostro rapporto è sempre stato abbastanza particolare.
Eravamo giovani entrambi e vivevamo un periodo punk dal quale sembro relativamente uscita solo io (ma neanche poi tanto). Ci vedevamo sporadicamente, e quasi solo per scopare. Conoscevamo ogni piccolo segreto intimo, ogni piccola perversione, sapevamo bene come eccitarci. Ogni volta poi ci si perdeva di vista, come fosse un copione scritto e da ripetere come una cantilena. 

Una piacevole cantilena, dopo tutto.

Entro nel supermercato insieme a lui, e chiacchierando compra lo stretto indispensabile per sopravvivere qualche ora, prima del mega-pranzo pomeridiano. Patatine, salame già affettato, una bottiglia di vino.  E mi invita a casa sua.

E io accetto volentieri. Sapendo già come andrà a finire, anche questa volta.

È sempre colpa di quella chimica speciale che si crea solo con pochissime persone, credo, una scintilla che nasce chissà dove e che scatena puntualmente un incendio.

Senza sapere infatti come, forse per la nostalgia dei vecchi tempi, o forse perché quella bottiglia di vino comprata poco prima è già a metà, siamo distesi sul suo letto a limonare in modo decisamente poco dolce, intrecciando le nostre rispettive lingue. Le sue mani dietro la mia nuca premono il mio viso al suo, lasciandoci poco spazio per respirare.

La nostra saliva si mescola, mentre gli sfilo via felpa e maglietta in un colpo solo. Lui è sopra di me, mi apre la giacca rossa da BabbaNatale e mi spoglia della magliettina sottostante, liberando le mie tettine, una seconda scarsa (o prima abbondante).
Mi spinge contro il cuscino e mi alza la gonnellina. Io sorrido, mordicchiandomi il labbro inferiore e inarcando la schiena, ricordando esattamente cosa adora fare quando sono in quella posizione. 

Scende dal letto e si inginocchia, mi sfila via le mutandine, lanciandole andare chissà dove. La gonnellina natalizia no, quella la lascia. E a me va bene così.

Mi spalanca le cosce e si tuffa sul mio sesso bagnato e caldo. La sua lingua si fa spazio tra le grandi labbra, sguazzando tra gli umori e risalendo per torturarmi il clitoride. 

Adoro la sua lingua, adoro quando me la lecca così. Gli spingo la testa sulla mia fighetta, come un’ingorda ne vorrei sempre di più, e ansimo un sacco. Sento la parte larga della lingua strofinarsi tra le labbra fradicie e mentre lo fa, lascio che la punta del suo indice si intrufoli dentro di me ed inizi a scoparmi.

Sono bagnatissima ed eccitata come non mai, ma ora ho sete anch’io. 

Gli faccio segno col dito di rialzarsi. Una volta in piedi mi siedo sul letto, incurante della pozza di piacere che gli lascerò sul piumone.

Gli slaccio la cintura e sbottono i suoi jeans liberandogli il pisello, che non ha nemmeno fatto in tempo ad indurirsi del tutto.

Mi piace, quando è così, perché adoro sentirlo crescere nella mia bocca.

Lo prendo tra le labbra, cerco di mettermelo tutto in bocca, e di muovere la lingua sotto lo scroto. Poi inizio a succhiarlo, sfogando tutta la mia eccitazione.

Non ci mette molto, a raggiungere la “consistenza ideale”, ma ora voglio di più.

Staccandomi da quel turgido pezzo di carne mugolo come una gattina:

“Ok, ma quel dito non era abbastanza… ora voglio il cazzo!”.

Mi sorride e sale sul letto, mettendosi in ginocchio tra le mie gambe. E lì mi ricordo del perché adoravo il suo essere così maiale.

Prende la bottiglia di vino, ne beve un sorso e si rituffa tra le mie gambe.
La sua lingua torna a leccare avidamente i miei umori, ma ora, mentre con il pollice e l’indice della mancina mi tiene ben aperta la passerina, con la destra ci infila il collo della bottiglia.

Rido, tra me, mentre mi faccio trasportare dal piacere dovuto anche al momento di perversione.

Stringo le coperte tra le mani. Mi scopa un po’ con quell’improvvisato dildo di vetro e ne beve il sapore, finché non decide da solo di passare alla portata principale.

Si alza, mi guarda. Io gli sorrido, sfacciatamente a gambe aperte sul suo letto.

Mi afferra le cosce con le braccia e mi tira a sé. Gli prendo il cazzo dalla base e dopo averlo fatto scivolare tra le porte del mio sesso, mi spingo contro di lui, letteralmente auto-penetrandomi.

La mia fichetta è glabra, stretta, ma tanto fradicia. Sento il suo cazzo aprirmi dentro, spingere e pulsare contro le mie pareti interne e questo mi fa ansimare ad alta voce, come se ad ogni lamento volessi implorarlo di darmi ogni centimetro del suo cazzo.

Si muove su di me, me lo spinge dentro tutto fino in fondo. Il ritmo continua ad aumentare sempre di più. Le mie unghie affondano sulla sua schiena tatuata mentre il volume della mia voce aumenta ad ogni colpo. 

Mi porta una mano sulla sua gola e mi sbatte ancora più forte. Forse lì sono venuta una prima volta.

Mi sollevo sui gomiti e lo guardo, mentre mi scopa come un animale. È la cosa più vicina all’amore, quella sensazione. Però ora voglio cambiare posizione.

Lo faccio sedere sul letto, con le gambe giù. Il suo cazzo è fradicio di me e la punta è lucida.
Mi inginocchio e lo afferro. Lo masturbo guardandolo in faccia e dicendogli porcate. Ricordo che ama sentirsi dire cose tipo “mi hai spaccata in due” o “sono sempre la tua troietta preferita?”

Lo so che quando parlo sporco impazzisce.

Lecco i miei stessi umori dal suo cazzo e me lo infilo tutto in bocca ancora una volta. Muovo la testa sul suo membro e accompagno i movimenti accentuando tutti i suoni della saliva, come fossi in un porno, continuando a segarlo mentre me lo spingo in gola provando a non soffocare.

Mi stacco da lui solo per riprendere fiato, lasciando un consistente filo di bava a tenerci uniti.
Mi guarda nei miei occhioni verdi da brava bambina di brava famiglia che ora lacrimano sbavandomi il mascara. Mi guarda, mentre la mia bocca sporca di saliva ed umori, gli sorride perversa. Torno a prenderlo in bocca e continuo con quel gioco di deepthroat ancora un po’,  fino a che non decido che è ora di sedermi su di lui.

Gli do la schiena, allargando le gambe e affondando il suo cazzo dentro di me. Ora sono io a dettare i ritmi, usandolo come un giocattolo. Lo sento palparmi le natiche, le stringe, le allarga, ci gioca, stuzzicandomi il buchino del sedere.
Ci sputa su e io avverto quel rivolo di saliva scivolare tra le mie chiappette per scomparire nel buchino.
Così mentre io mi pianto il suo cazzo sempre più dentro di me, lui sfrutta la sua saliva per infilarmi un dito nel culo.

Volto il capo verso di lui, ancora con un sorriso da pervertita in preda all’eccitazione:

“Sei proprio un maiale…” gli dico, mentre salto sul suo cazzo.

Ansimo e godo sempre più forte, sento che il mio orgasmo è prossimo.
Tira via il dito dal mio culo proprio nel momento in cui decido di distendermi con la schiena sul suo petto. Mi prende la mano e me la porta sul clitoride, muovendola su di esso.

Siamo meravigliosamente sincronizzati e ogni cosa che fa è perfetta. Infatti i miei mugolii diventano delle urla di piacere, mentre vengo squassata dai brividi del secondo orgasmo della giornata. Sento le pareti della figa stringersi e dilatarsi attorno al quel cazzone stupendo.

Mi prendo un momento di respiro e mi sollevo. 

Tocca a me. So cosa gli piace, che poi è ciò che adoro anche io.

Indosso la giacchetta del costume da Babbo Natale che portavo poco prima.

La abbottono sul mio pancino, lasciando libero il seno.

“Ho capito… ora dovrò mettermi a cavalcioni su di te, eh?” mi dice divertito, madido di sudore.

“Bravo, tesoro… e sai anche dove voglio che schizzi, vero?” gli sussurro, invitandolo con dei chiari gesti delle mani.

Obbedisce alla mia richiesta, mettendosi a cavalcioni su di me.

Con entrambe le mani afferro il suo membro, lo sego e sorrido ancora, divertendomi con quel giocattolo di carne che sa di me.
Sollevo la testa e prendo a succhiarlo, forte, solo sulla cappella rossa, mentre non smetto di masturbarlo con una mano e a massaggiargli le palle gonfie e piene di quel nettare che ora bramo come la cosa più buona che esista.

Lo guardo dal basso con lo sguardo da cerbiatta indifesa, so bene quanto lo ecciti.
Le mie labbra, la bocca, la lingua lavorano quella stupenda asta dalle vene pulsanti. 

Lo guardo, gode, è appeso ad un filo ed è tutto lì nelle mie mani, racchiuso in quelle palle piene pronte ad esplodere.

Sta per godere e lo so bene.

Il movimento della mia mano si fa più svelto, mentre mi tiro leggermente su col busto appoggiandomi al muro alla testa del letto.

Eccolo. 

Spalanco la bocca, tiro fuori la lingua e lo guardo dritto negli occhi.

Si libera in un grugnito di piacere ed esplode.

Schizza forte, almeno quattro fiotti belli pieni, più qualcuno finale meno forte. Lo sento arrivare ovunque, faccio appena in tempo a chiudere gli occhi. Luca accompagna ogni schizzo a delle sillabe incomprensibili. Sento le sue palle stringersi e sparare via il suo seme con violenza, mentre nella mia mano il suo cazzo pulsa forte che sembra voglia scoppiare.

Apre gli occhi e finalmente torna a guardarmi dopo l’estasi.

Ho il visino ricoperto di sborra. Sembro appena uscita da una scena bukkake. Mi viene da ridere, e rido, e lui con me. Con le dita recupero ogni goccia, assaporandola, non staccando mai i miei occhioni dai suoi, con quel sorriso che vorrebbe raccontargli quanto mi è mancato tutto questo. 

Anche la giacchetta rossa è ricoperta del suo sperma. Era quello che volevo.

Ho talmente tanta voglia che non riesco a smettere di leccargli il cazzo, come se non volessi sprecare nemmeno una goccia di lui.

Dopo aver ripreso fiato insieme, sul letto, e dopo aver finito la bottiglia di vino, con il mio visino ripulito minuziosamente ma con giacca e capelli impiastricciati, decido di alzarmi si rivestirmi.

“E’ sempre bello, quando torni da queste parti… Magari un giorno vengo a trovarti a Londra…”

La frase che gli ripeto sempre. A cui poi non segue mai nessun viaggio.

Gli regalo un ultimo bacio sulle labbra e vado via.

E ora sono qui, la vigilia di Natale, nuda a casa, dopo una doccia che mi ha purtroppo lavato nuovamente via il suo odore, con la patatina che chiede le mie attenzioni, dopo aver riletto i dettagli di questo pomeriggio inaspettato e stupendo con il mio pacco regalo preferito.

Mi sa che mi tocca toccarmi…

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White Wedding

Posted by admin under Incontri Erotici on venerdì Dic 23, 2022

Era tutto il giorno, che continuavano quegli sguardi.
Come in un gioco infantile, in cui chi abbassa gli occhi perde.

Non ci conoscevamo granché. Ci eravamo visti in giro qualche volta, ma niente più di qualche ‘ciao’ buttato lì. Eppure quel giorno, entrambi invitati al matrimonio di due amici in comune, non riuscivamo a staccarci gli occhi di dosso.

Io, una ragazza semplice, minuta, di quelle acqua e sapone che cercano di non essere mai troppo appariscenti. Capelli biondi, decisamente non naturali, ma in linea con la mia personalità solare.
Indosso un vestitino blu identico alle altre damigelle (le migliori amiche della sposa che qualche sera prima l’avevano riaccompagnata a casa in ginocchio), lungo fin sotto alle ginocchia e con una profonda scollatura lungo la schiena.

Lui, il classico stronzetto di periferia. L’amico che c’entra poco, nella cerchia, per quel suo essere di indole selvatica e per quello sguardo spavaldo di chi si sente il re del mondo. Un abito scuro, il suo, che quasi nemmeno ricordava di avere nell’armadio. Una camicia sbottonata sul collo, perché lui le cravatte proprio no.
E poi, quella cresta biondina poco accentuata, oggi, ma solo per cercare di darsi un tono. E quei piercing, troppo difficili da togliere.

I nostri occhi si cercavano e si trovavano per tutta la festa, quasi conoscessero la strada. Sembrava si dessero appuntamento. E più i bicchieri di vino si svuotavano e più quegli sguardi divenivano intensi, forse anche eccessivi, in alcuni momenti.

Mentre mi scatenavo in pista con le altre ragazze, con quei movimenti strani, al ritmo di quella musica altrettanto strana, facevo vagare lo sguardo per cercarlo, ma da un po’ sembrava sparito nel nulla.

Un po’ accaldata decido di andare verso i bagni.
Entro richiudendo la porta alle mie spalle e mi avvicina allo specchio.

Ed è lì, che lo vedo.

Riflesso nello specchio, lui, appoggiato ad una porta, che mi sorride.

– Questo è il bagno delle donne, lo sai, vero?
gli dico, mentre faccio scorrere l’acqua sulle mani, parlandogli direttamente dal riflesso.

– Vuoi chiamare la sicurezza?
Chiede lui, avvicinandosi e quasi sfiorandomi un braccio con una mano.

Attraverso lo specchio gli sguardi si incrociano ancora, ed un mezzo sorriso si disegna sulle labbra di entrambi.
Mi scosto per asciugarmi le mani con della carta e con un movimento rapido lui mi spinge di spalle al muro, prendendomi il viso da sotto il mento, avvicinandosi quasi per baciarmi.

La mia reazione però è ancora più rapida, e con una spinta lo allontana sbilanciandolo.
– Cazzo fai? Credi funzioni così?
gli dico, con un tono quasi offeso.
– Hai ragione, scusa…
Mormora lui, visibilmente imbarazzato.
– Vado…
mi dice, muovendosi quindi verso l’uscita.

È lì che allora lo prendo per un braccio e lo costringo a voltarsi verso di me. Mi sorride, mi afferra entrambi i polsi e mi sbatte sul muro, baciandomi. Un bacio furtivo, perverso.
Le nostre lingue si incontrano e danzano, mescolate dai nostri sospiri al sapore di vino bianco. I corpi si incollano l’uno all’altro, a voler scatenare un’eccitazione proibita.
Si discosta appena da me e mi guarda.
-La festa ci aspetta…
Sussurra, muovendo qualche passo indietro.
Apre quindi la porta e scompare. Ancora.

È passata forse un’ora, forse qualcosa di più, da quell’incontro fugace nei bagni. Non l’ho ancora raccontato a nessuna delle mie amiche, ma chi crederebbe ad una scena del genere, così tanto da serie tv adolescenziale? 

La saletta-discoteca è parecchio larga e scura. Le luci sono decisamente anni ’80 e illuminano appena la pista, lasciando sfumare nell’oscurità i divanetti e i tavoli tutto intorno.

Ormai si è fatto tardi e le damigelle hanno perso quasi tutta l’eleganza delle prime ore. Bevono drink all’open bar e ballano senza tregua. Intorno a loro c’è chi sembra svenuto, chi non ce la fa più, c’è chi pomicia e chi continua a bere.

Io sono ormai scalza, sudata, stanca. Mi stacco dal gruppo e vado a trovare rifugio sui divanetti più defilati della sala. Tra le mani una sigaretta appena accesa segna il mio cammino.

Mi siedo, posando le gambe su un tavolinetto e socchiudo gli occhi.

– Io ti cerco in lungo e in largo e tu sei qui che dormi?
La sua voce mi strappa un sorriso prima ancora che il cervello mi ordini di aprire gli occhi.
Lui è lì, con un drink tra le mani, che mi guarda dall’alto.
– Sei tu, che prima mi seduci e poi mi abbandoni, sai?
Gli rispondo, portando la sigaretta alle labbra mentre con entrambe le mani mi lego i capelli dietro la nuca.
– Beh… Ora sono qui… E se vuoi essere sedotta ancora, questa volta prometto di non abbandonarti…
Ancora un sorrisetto da stronzo, mentre si siede accanto a me.

Non ci sto, a passare per l’ennesima vittima sacrificale di quel teppistello vestito a festa. Prendo dalle sue mani il drink e ne bevo un gran sorso, portando alle labbra le due cannucce.
Lo guardo, forse decisa a prendere le redini della situazione.

Lascia cadere la sigaretta sul pavimento e volto il capo verso di lui.
Lo guardo fisso negli occhi, mentre la punta della mia lingua accarezza quei piccoli tubi di plastica nera. Li separo, li mordicchio e li riprendo in bocca per un altro sorso.
Lui non si perde nemmeno un momento di quella danza, quei movimenti della lingua sembrano infliggergli pugnalate allo stomaco.

Ecco allora che mi posa leggera una mano su una gamba, carezzandola piano. La sfiora, facendosi largo sotto la stoffa del lungo vestito blu. La sua mano è morbida e affusolata, non ruvida come le mani degli uomini. Mi piace, quel tocco, e lo sguardo che continuo a rubare i suoi occhi è la mia autorizzazione a continuare.

La sua mano scivola quindi verso l’interno delle mie cosce, e con il mignolo già sente il confine proibito dei miei slip. Io, come colpita da un fulmine, vengo percorsa da un brivido lungo la schiena.

Le dita di lui si fanno spazio sotto l’elastico e raggiungono il mio sesso. Socchiudo gli occhi e lascio sfuggire un leggero mugolìo di piacere.

Con i polpastrelli mi massaggia le grandi labbra, che sento già gonfie e accaldate. Mi sfiora, mi accarezza con delicatezza e con dei movimenti languidamente corretti, che sembrano quasi dettati direttamente dal mio cervello.

Sento le sue dita muoversi con sempre minore attrito, inumidite da quel piacere che cresce dentro di me e si liquefa tra le mie gambe.

Le sue dita ora mi penetrano piano, sento distintamente il suo indice e il medio frugarmi dentro, mentre il pollice preme sul mio clitoride. Il suo viso si avvicina al mio collo per mordicchiarlo, baciarlo e leccarlo.
Sento la sua lingua danzare sul mio collo umido di sudore ed i suoi sospiri sempre più affannati, mentre le sue dita mi masturbano, affondando dentro di me.

La mia mano sinistra si posa ora sulla sua patta ed afferro il suo cazzo già turgido intrappolato sotto pantaloni. Muovo piano la mano su di esso, tastandone la consistenza. Mentre le mie gambe sono larghe e le sue dita zuppe dei miei umori, gli slaccio la cintura e libero, con movimenti rapidi il suo membro dai boxer. Lo afferro in un pugno mentre continuo ad ansimare.

Ha un bel cazzo, decisamente sopra la media rispetto a quelli che ho già visto, bello dritto e turgido.

Muovo la mia mano, scappellandolo e inizio a segarlo piano. 

Il glande è lucido di umori e sembra brillare, quando con la testa mi chino su di esso.
La mia lingua lo assapora leggera, un attimo prima di avvolgerlo completamente con la bocca.

Sento le sue dita inarcarsi ad uncino dentro di me, questo stronzetto si sa muovere. 

Non riesco a trattenermi ed ansimo di piacere mentre glielo succhio. 

Mugolo, faccio le fusa, muovo la testa allo stesso ritmo del mio bacino, cercando di coordinare le sue dita che mi scopano la figa e la mia bocca, che ora si fa scopare da lui.

Muovo la testa su quel cazzo, aiutandomi con entrambe le mani, accarezzandogli le palle che si bagnano della sua saliva che sfugge dalle mie labbra.

Sollevo allora la testa e lo guarda. Attorno alle labbra sono bagnata degli umori di lui mescolati alla mia saliva. Lo bacio, avida, infilandogli la lingua in bocca, mentre decido di mettermi a cavalcioni su di lui.
Scosto quanto basta la stoffa del vestito e le mutandine e indirizzo la cappella verso le porte del mio sesso fradicio.

Lui affonda piano, tenendomi per i fianchi, millimetro dopo millimetro, nonostante il mio sguardo eccitato sembri quasi implorarlo di spingerlo tutto, fino in fondo.

Quei movimenti lenti sfociano in un attimo in una cavalcata selvaggia. Le mie braccia gli cingono il collo, mentre le mie ginocchia sfregano contro i divanetti bruciando un po’.

Ansimo e godo forte, mentre mi scopa. La musica che quasi neanche sento più copre le nostre voci, e il buio probabilmente ci protegge da occhi indiscreti. 

Guardo i suoi occhi chiusi, che si aprono di tanto in tanto solo per guardarmi in viso.

Sento il mio sesso fremere attorno alla sua asta. E l’eccitazione aumenta, quando quel teppistello di periferia decide finalmente di abbandonare del tutto il suo ruolo passivo.

Mi afferra per il collo, con la stessa prepotenza usata qualche ora prima, in bagno, e mi distende su un fianco. Ora mi scopa con i tempi che detta lui e con una mano le tappa mi bocca, come sapesse che così potrei urlare.

Lo senso ansimare come un porco e anche io godo forte, con la mia voce strozzata dalla sua mano. Il suono dei nostri corpi che si schiaffeggiano in quell’amplesso è l’unica musica che riesco a percepire.

Mi rivolta ancora, schiacciandomi il viso contro i divani. Mi prende, afferrandomi per i fianchi, mentre sono schiacciata sotto di lui. Io porto le mie mani indietro, verso le sue natiche, quasi a volerlo spingere più possibile dentro di me.

Il mio respiro si fa più pesante, il battito accelera e sento l’orgasmo sciogliersi dentro la mia pancia. Con una mano mi torturo il clitoride, mentre assecondo i movimenti decisi del bacino di lui, che mi penetra. Mordo la stoffa del divano e mi libero in un orgasmo così forte che quasi mi fa svenire, attenta a non urlare.
– Oh Dio sì… vengo…
Annuncia lui, che mi sbatte con veemenza mentre sono ancora squassata dagli spasmi.

Ora però voglio vincere io. 

Mi distacco da lui in fretta, sedendomi sul divanetto. Prendo il suo cazzo fradicio di umori nelle mie mani incrociate e lo masturbo, succhiandolo e gustandomi il suo sapore misto al mio. 

Lo guarda dritto in faccia, mentre scosto appena la bocca dalla sua cappella che sta per esplodere. Un ponte di saliva lascia unita la mia lingua a quel cazzo che indirizzo verso di me e che lascio schizzare sul mio petto, sul mio collo, sul mio viso e la mia bocca.

Sorrido, leccandomi le labbra e raccogliendo la sua sborra calda dalle mie guance e dall’incavo tra i miei seni e lo assaporo, lasciandomi cadere sulla spalliera del divanetto.

E anche lui fa lo stesso, riprendendo fiato.

Chiudo gli occhi e sorrido.
Sospiro, riprendendo fiato e stringendo le gambe che ancora tremano, con l’interno delle ginocchia che bruciano.

Riapro gli occhi un momento, per guardarlo. Vorrei segnare quell’immagine nella mia testa ancora un po’.

Mi volto verso di lui.
Ma è sparito.
Di nuovo.

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