White Wedding

Era tutto il giorno, che continuavano quegli sguardi.
Come in un gioco infantile, in cui chi abbassa gli occhi perde.

Non ci conoscevamo granché. Ci eravamo visti in giro qualche volta, ma niente più di qualche ‘ciao’ buttato lì. Eppure quel giorno, entrambi invitati al matrimonio di due amici in comune, non riuscivamo a staccarci gli occhi di dosso.

Io, una ragazza semplice, minuta, di quelle acqua e sapone che cercano di non essere mai troppo appariscenti. Capelli biondi, decisamente non naturali, ma in linea con la mia personalità solare.
Indosso un vestitino blu identico alle altre damigelle (le migliori amiche della sposa che qualche sera prima l’avevano riaccompagnata a casa in ginocchio), lungo fin sotto alle ginocchia e con una profonda scollatura lungo la schiena.

Lui, il classico stronzetto di periferia. L’amico che c’entra poco, nella cerchia, per quel suo essere di indole selvatica e per quello sguardo spavaldo di chi si sente il re del mondo. Un abito scuro, il suo, che quasi nemmeno ricordava di avere nell’armadio. Una camicia sbottonata sul collo, perché lui le cravatte proprio no.
E poi, quella cresta biondina poco accentuata, oggi, ma solo per cercare di darsi un tono. E quei piercing, troppo difficili da togliere.

I nostri occhi si cercavano e si trovavano per tutta la festa, quasi conoscessero la strada. Sembrava si dessero appuntamento. E più i bicchieri di vino si svuotavano e più quegli sguardi divenivano intensi, forse anche eccessivi, in alcuni momenti.

Mentre mi scatenavo in pista con le altre ragazze, con quei movimenti strani, al ritmo di quella musica altrettanto strana, facevo vagare lo sguardo per cercarlo, ma da un po’ sembrava sparito nel nulla.

Un po’ accaldata decido di andare verso i bagni.
Entro richiudendo la porta alle mie spalle e mi avvicina allo specchio.

Ed è lì, che lo vedo.

Riflesso nello specchio, lui, appoggiato ad una porta, che mi sorride.

– Questo è il bagno delle donne, lo sai, vero?
gli dico, mentre faccio scorrere l’acqua sulle mani, parlandogli direttamente dal riflesso.

– Vuoi chiamare la sicurezza?
Chiede lui, avvicinandosi e quasi sfiorandomi un braccio con una mano.

Attraverso lo specchio gli sguardi si incrociano ancora, ed un mezzo sorriso si disegna sulle labbra di entrambi.
Mi scosto per asciugarmi le mani con della carta e con un movimento rapido lui mi spinge di spalle al muro, prendendomi il viso da sotto il mento, avvicinandosi quasi per baciarmi.

La mia reazione però è ancora più rapida, e con una spinta lo allontana sbilanciandolo.
– Cazzo fai? Credi funzioni così?
gli dico, con un tono quasi offeso.
– Hai ragione, scusa…
Mormora lui, visibilmente imbarazzato.
– Vado…
mi dice, muovendosi quindi verso l’uscita.

È lì che allora lo prendo per un braccio e lo costringo a voltarsi verso di me. Mi sorride, mi afferra entrambi i polsi e mi sbatte sul muro, baciandomi. Un bacio furtivo, perverso.
Le nostre lingue si incontrano e danzano, mescolate dai nostri sospiri al sapore di vino bianco. I corpi si incollano l’uno all’altro, a voler scatenare un’eccitazione proibita.
Si discosta appena da me e mi guarda.
-La festa ci aspetta…
Sussurra, muovendo qualche passo indietro.
Apre quindi la porta e scompare. Ancora.

È passata forse un’ora, forse qualcosa di più, da quell’incontro fugace nei bagni. Non l’ho ancora raccontato a nessuna delle mie amiche, ma chi crederebbe ad una scena del genere, così tanto da serie tv adolescenziale? 

La saletta-discoteca è parecchio larga e scura. Le luci sono decisamente anni ’80 e illuminano appena la pista, lasciando sfumare nell’oscurità i divanetti e i tavoli tutto intorno.

Ormai si è fatto tardi e le damigelle hanno perso quasi tutta l’eleganza delle prime ore. Bevono drink all’open bar e ballano senza tregua. Intorno a loro c’è chi sembra svenuto, chi non ce la fa più, c’è chi pomicia e chi continua a bere.

Io sono ormai scalza, sudata, stanca. Mi stacco dal gruppo e vado a trovare rifugio sui divanetti più defilati della sala. Tra le mani una sigaretta appena accesa segna il mio cammino.

Mi siedo, posando le gambe su un tavolinetto e socchiudo gli occhi.

– Io ti cerco in lungo e in largo e tu sei qui che dormi?
La sua voce mi strappa un sorriso prima ancora che il cervello mi ordini di aprire gli occhi.
Lui è lì, con un drink tra le mani, che mi guarda dall’alto.
– Sei tu, che prima mi seduci e poi mi abbandoni, sai?
Gli rispondo, portando la sigaretta alle labbra mentre con entrambe le mani mi lego i capelli dietro la nuca.
– Beh… Ora sono qui… E se vuoi essere sedotta ancora, questa volta prometto di non abbandonarti…
Ancora un sorrisetto da stronzo, mentre si siede accanto a me.

Non ci sto, a passare per l’ennesima vittima sacrificale di quel teppistello vestito a festa. Prendo dalle sue mani il drink e ne bevo un gran sorso, portando alle labbra le due cannucce.
Lo guardo, forse decisa a prendere le redini della situazione.

Lascia cadere la sigaretta sul pavimento e volto il capo verso di lui.
Lo guardo fisso negli occhi, mentre la punta della mia lingua accarezza quei piccoli tubi di plastica nera. Li separo, li mordicchio e li riprendo in bocca per un altro sorso.
Lui non si perde nemmeno un momento di quella danza, quei movimenti della lingua sembrano infliggergli pugnalate allo stomaco.

Ecco allora che mi posa leggera una mano su una gamba, carezzandola piano. La sfiora, facendosi largo sotto la stoffa del lungo vestito blu. La sua mano è morbida e affusolata, non ruvida come le mani degli uomini. Mi piace, quel tocco, e lo sguardo che continuo a rubare i suoi occhi è la mia autorizzazione a continuare.

La sua mano scivola quindi verso l’interno delle mie cosce, e con il mignolo già sente il confine proibito dei miei slip. Io, come colpita da un fulmine, vengo percorsa da un brivido lungo la schiena.

Le dita di lui si fanno spazio sotto l’elastico e raggiungono il mio sesso. Socchiudo gli occhi e lascio sfuggire un leggero mugolìo di piacere.

Con i polpastrelli mi massaggia le grandi labbra, che sento già gonfie e accaldate. Mi sfiora, mi accarezza con delicatezza e con dei movimenti languidamente corretti, che sembrano quasi dettati direttamente dal mio cervello.

Sento le sue dita muoversi con sempre minore attrito, inumidite da quel piacere che cresce dentro di me e si liquefa tra le mie gambe.

Le sue dita ora mi penetrano piano, sento distintamente il suo indice e il medio frugarmi dentro, mentre il pollice preme sul mio clitoride. Il suo viso si avvicina al mio collo per mordicchiarlo, baciarlo e leccarlo.
Sento la sua lingua danzare sul mio collo umido di sudore ed i suoi sospiri sempre più affannati, mentre le sue dita mi masturbano, affondando dentro di me.

La mia mano sinistra si posa ora sulla sua patta ed afferro il suo cazzo già turgido intrappolato sotto pantaloni. Muovo piano la mano su di esso, tastandone la consistenza. Mentre le mie gambe sono larghe e le sue dita zuppe dei miei umori, gli slaccio la cintura e libero, con movimenti rapidi il suo membro dai boxer. Lo afferro in un pugno mentre continuo ad ansimare.

Ha un bel cazzo, decisamente sopra la media rispetto a quelli che ho già visto, bello dritto e turgido.

Muovo la mia mano, scappellandolo e inizio a segarlo piano. 

Il glande è lucido di umori e sembra brillare, quando con la testa mi chino su di esso.
La mia lingua lo assapora leggera, un attimo prima di avvolgerlo completamente con la bocca.

Sento le sue dita inarcarsi ad uncino dentro di me, questo stronzetto si sa muovere. 

Non riesco a trattenermi ed ansimo di piacere mentre glielo succhio. 

Mugolo, faccio le fusa, muovo la testa allo stesso ritmo del mio bacino, cercando di coordinare le sue dita che mi scopano la figa e la mia bocca, che ora si fa scopare da lui.

Muovo la testa su quel cazzo, aiutandomi con entrambe le mani, accarezzandogli le palle che si bagnano della sua saliva che sfugge dalle mie labbra.

Sollevo allora la testa e lo guarda. Attorno alle labbra sono bagnata degli umori di lui mescolati alla mia saliva. Lo bacio, avida, infilandogli la lingua in bocca, mentre decido di mettermi a cavalcioni su di lui.
Scosto quanto basta la stoffa del vestito e le mutandine e indirizzo la cappella verso le porte del mio sesso fradicio.

Lui affonda piano, tenendomi per i fianchi, millimetro dopo millimetro, nonostante il mio sguardo eccitato sembri quasi implorarlo di spingerlo tutto, fino in fondo.

Quei movimenti lenti sfociano in un attimo in una cavalcata selvaggia. Le mie braccia gli cingono il collo, mentre le mie ginocchia sfregano contro i divanetti bruciando un po’.

Ansimo e godo forte, mentre mi scopa. La musica che quasi neanche sento più copre le nostre voci, e il buio probabilmente ci protegge da occhi indiscreti. 

Guardo i suoi occhi chiusi, che si aprono di tanto in tanto solo per guardarmi in viso.

Sento il mio sesso fremere attorno alla sua asta. E l’eccitazione aumenta, quando quel teppistello di periferia decide finalmente di abbandonare del tutto il suo ruolo passivo.

Mi afferra per il collo, con la stessa prepotenza usata qualche ora prima, in bagno, e mi distende su un fianco. Ora mi scopa con i tempi che detta lui e con una mano le tappa mi bocca, come sapesse che così potrei urlare.

Lo senso ansimare come un porco e anche io godo forte, con la mia voce strozzata dalla sua mano. Il suono dei nostri corpi che si schiaffeggiano in quell’amplesso è l’unica musica che riesco a percepire.

Mi rivolta ancora, schiacciandomi il viso contro i divani. Mi prende, afferrandomi per i fianchi, mentre sono schiacciata sotto di lui. Io porto le mie mani indietro, verso le sue natiche, quasi a volerlo spingere più possibile dentro di me.

Il mio respiro si fa più pesante, il battito accelera e sento l’orgasmo sciogliersi dentro la mia pancia. Con una mano mi torturo il clitoride, mentre assecondo i movimenti decisi del bacino di lui, che mi penetra. Mordo la stoffa del divano e mi libero in un orgasmo così forte che quasi mi fa svenire, attenta a non urlare.
– Oh Dio sì… vengo…
Annuncia lui, che mi sbatte con veemenza mentre sono ancora squassata dagli spasmi.

Ora però voglio vincere io. 

Mi distacco da lui in fretta, sedendomi sul divanetto. Prendo il suo cazzo fradicio di umori nelle mie mani incrociate e lo masturbo, succhiandolo e gustandomi il suo sapore misto al mio. 

Lo guarda dritto in faccia, mentre scosto appena la bocca dalla sua cappella che sta per esplodere. Un ponte di saliva lascia unita la mia lingua a quel cazzo che indirizzo verso di me e che lascio schizzare sul mio petto, sul mio collo, sul mio viso e la mia bocca.

Sorrido, leccandomi le labbra e raccogliendo la sua sborra calda dalle mie guance e dall’incavo tra i miei seni e lo assaporo, lasciandomi cadere sulla spalliera del divanetto.

E anche lui fa lo stesso, riprendendo fiato.

Chiudo gli occhi e sorrido.
Sospiro, riprendendo fiato e stringendo le gambe che ancora tremano, con l’interno delle ginocchia che bruciano.

Riapro gli occhi un momento, per guardarlo. Vorrei segnare quell’immagine nella mia testa ancora un po’.

Mi volto verso di lui.
Ma è sparito.
Di nuovo.

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