Il pacco della Vigilia

Personalmente ho sempre amato il Natale. Mi piace l’atmosfera che si crea in famiglia, mi piacciono le luci colorate, odio letteralmente l’ansia da shopping che pervade chiunque, ma girare per il centro tutto addobbato e profumato di biscotti e castagne mi fa sempre sentire in uno di quei film che trasmettono solo a dicembre.

Tuttavia, so che invece molte persone non amano come me, queste atmosfere. Quindi un po’ per cercare di addolcire gli Scrooge che incontro, un po’ perché da ragazza fuorisede ho sempre bisogno di liquidità, trovo sempre qualche lavoretto in cui devo indossare il mio vestitino da “BabbA Natale”.

Non è uno di quei vestitini super succinti tipici da racconto erotico, ma neanche uno di quelli sformati e anti-sesso. Gonnellina rossa a mezza coscia, giacca rossa con l’immancabile pelliccetta bianca sugli orli, e cappellino. Nulla di speciale, ma mi accorgevo avere l’effetto Viagra su alcuni vecchietti.

Anche quest’anno, tornata nel mio paesino della Puglia, ho avuto la fortuna di trovare un lavoretto di questi, proprio fuori un supermercato. Conosco bene la zona, proprio di fronte casa di Luca, un mio ex “trombamico”, quello con cui mi divertivo a scacciare la noia del paesino, diciamo.

Non lo vedevo da molto, si era trasferito a Londra, io a Milano, e ci siamo persi di vista.

Fino a poche ore fa.

Noto un tipo strano venire verso l’ingresso del supermercato. Sguardo basso, cappuccio sulla testa, occhiali da sole, mani in tasca. Tutto quello che poteva renderlo in qualche modo riconoscibile era coperto. Barriere insormontabili, per gli occhi dei più.
Barriere che però si sono sbriciolate alla soglia del supermercato.

Lo riconosco facilmente, Luca. Ha una camminata tutta sua. Abbasso il viso e gli sorrido.
“Ciao straniero! Bentornato!” gli dico.

Scorgo un sorriso e lo abbraccio, abbattendo in parte quella sua barriera di misoginia.

Scambiamo quattro chiacchiere e ci raccontiamo gli ultimi avvenimenti significativi della nostra vita, di quanto si trovi bene a Londra, di quanto sia bello esserci incontrati.

Il nostro rapporto è sempre stato abbastanza particolare.
Eravamo giovani entrambi e vivevamo un periodo punk dal quale sembro relativamente uscita solo io (ma neanche poi tanto). Ci vedevamo sporadicamente, e quasi solo per scopare. Conoscevamo ogni piccolo segreto intimo, ogni piccola perversione, sapevamo bene come eccitarci. Ogni volta poi ci si perdeva di vista, come fosse un copione scritto e da ripetere come una cantilena. 

Una piacevole cantilena, dopo tutto.

Entro nel supermercato insieme a lui, e chiacchierando compra lo stretto indispensabile per sopravvivere qualche ora, prima del mega-pranzo pomeridiano. Patatine, salame già affettato, una bottiglia di vino.  E mi invita a casa sua.

E io accetto volentieri. Sapendo già come andrà a finire, anche questa volta.

È sempre colpa di quella chimica speciale che si crea solo con pochissime persone, credo, una scintilla che nasce chissà dove e che scatena puntualmente un incendio.

Senza sapere infatti come, forse per la nostalgia dei vecchi tempi, o forse perché quella bottiglia di vino comprata poco prima è già a metà, siamo distesi sul suo letto a limonare in modo decisamente poco dolce, intrecciando le nostre rispettive lingue. Le sue mani dietro la mia nuca premono il mio viso al suo, lasciandoci poco spazio per respirare.

La nostra saliva si mescola, mentre gli sfilo via felpa e maglietta in un colpo solo. Lui è sopra di me, mi apre la giacca rossa da BabbaNatale e mi spoglia della magliettina sottostante, liberando le mie tettine, una seconda scarsa (o prima abbondante).
Mi spinge contro il cuscino e mi alza la gonnellina. Io sorrido, mordicchiandomi il labbro inferiore e inarcando la schiena, ricordando esattamente cosa adora fare quando sono in quella posizione. 

Scende dal letto e si inginocchia, mi sfila via le mutandine, lanciandole andare chissà dove. La gonnellina natalizia no, quella la lascia. E a me va bene così.

Mi spalanca le cosce e si tuffa sul mio sesso bagnato e caldo. La sua lingua si fa spazio tra le grandi labbra, sguazzando tra gli umori e risalendo per torturarmi il clitoride. 

Adoro la sua lingua, adoro quando me la lecca così. Gli spingo la testa sulla mia fighetta, come un’ingorda ne vorrei sempre di più, e ansimo un sacco. Sento la parte larga della lingua strofinarsi tra le labbra fradicie e mentre lo fa, lascio che la punta del suo indice si intrufoli dentro di me ed inizi a scoparmi.

Sono bagnatissima ed eccitata come non mai, ma ora ho sete anch’io. 

Gli faccio segno col dito di rialzarsi. Una volta in piedi mi siedo sul letto, incurante della pozza di piacere che gli lascerò sul piumone.

Gli slaccio la cintura e sbottono i suoi jeans liberandogli il pisello, che non ha nemmeno fatto in tempo ad indurirsi del tutto.

Mi piace, quando è così, perché adoro sentirlo crescere nella mia bocca.

Lo prendo tra le labbra, cerco di mettermelo tutto in bocca, e di muovere la lingua sotto lo scroto. Poi inizio a succhiarlo, sfogando tutta la mia eccitazione.

Non ci mette molto, a raggiungere la “consistenza ideale”, ma ora voglio di più.

Staccandomi da quel turgido pezzo di carne mugolo come una gattina:

“Ok, ma quel dito non era abbastanza… ora voglio il cazzo!”.

Mi sorride e sale sul letto, mettendosi in ginocchio tra le mie gambe. E lì mi ricordo del perché adoravo il suo essere così maiale.

Prende la bottiglia di vino, ne beve un sorso e si rituffa tra le mie gambe.
La sua lingua torna a leccare avidamente i miei umori, ma ora, mentre con il pollice e l’indice della mancina mi tiene ben aperta la passerina, con la destra ci infila il collo della bottiglia.

Rido, tra me, mentre mi faccio trasportare dal piacere dovuto anche al momento di perversione.

Stringo le coperte tra le mani. Mi scopa un po’ con quell’improvvisato dildo di vetro e ne beve il sapore, finché non decide da solo di passare alla portata principale.

Si alza, mi guarda. Io gli sorrido, sfacciatamente a gambe aperte sul suo letto.

Mi afferra le cosce con le braccia e mi tira a sé. Gli prendo il cazzo dalla base e dopo averlo fatto scivolare tra le porte del mio sesso, mi spingo contro di lui, letteralmente auto-penetrandomi.

La mia fichetta è glabra, stretta, ma tanto fradicia. Sento il suo cazzo aprirmi dentro, spingere e pulsare contro le mie pareti interne e questo mi fa ansimare ad alta voce, come se ad ogni lamento volessi implorarlo di darmi ogni centimetro del suo cazzo.

Si muove su di me, me lo spinge dentro tutto fino in fondo. Il ritmo continua ad aumentare sempre di più. Le mie unghie affondano sulla sua schiena tatuata mentre il volume della mia voce aumenta ad ogni colpo. 

Mi porta una mano sulla sua gola e mi sbatte ancora più forte. Forse lì sono venuta una prima volta.

Mi sollevo sui gomiti e lo guardo, mentre mi scopa come un animale. È la cosa più vicina all’amore, quella sensazione. Però ora voglio cambiare posizione.

Lo faccio sedere sul letto, con le gambe giù. Il suo cazzo è fradicio di me e la punta è lucida.
Mi inginocchio e lo afferro. Lo masturbo guardandolo in faccia e dicendogli porcate. Ricordo che ama sentirsi dire cose tipo “mi hai spaccata in due” o “sono sempre la tua troietta preferita?”

Lo so che quando parlo sporco impazzisce.

Lecco i miei stessi umori dal suo cazzo e me lo infilo tutto in bocca ancora una volta. Muovo la testa sul suo membro e accompagno i movimenti accentuando tutti i suoni della saliva, come fossi in un porno, continuando a segarlo mentre me lo spingo in gola provando a non soffocare.

Mi stacco da lui solo per riprendere fiato, lasciando un consistente filo di bava a tenerci uniti.
Mi guarda nei miei occhioni verdi da brava bambina di brava famiglia che ora lacrimano sbavandomi il mascara. Mi guarda, mentre la mia bocca sporca di saliva ed umori, gli sorride perversa. Torno a prenderlo in bocca e continuo con quel gioco di deepthroat ancora un po’,  fino a che non decido che è ora di sedermi su di lui.

Gli do la schiena, allargando le gambe e affondando il suo cazzo dentro di me. Ora sono io a dettare i ritmi, usandolo come un giocattolo. Lo sento palparmi le natiche, le stringe, le allarga, ci gioca, stuzzicandomi il buchino del sedere.
Ci sputa su e io avverto quel rivolo di saliva scivolare tra le mie chiappette per scomparire nel buchino.
Così mentre io mi pianto il suo cazzo sempre più dentro di me, lui sfrutta la sua saliva per infilarmi un dito nel culo.

Volto il capo verso di lui, ancora con un sorriso da pervertita in preda all’eccitazione:

“Sei proprio un maiale…” gli dico, mentre salto sul suo cazzo.

Ansimo e godo sempre più forte, sento che il mio orgasmo è prossimo.
Tira via il dito dal mio culo proprio nel momento in cui decido di distendermi con la schiena sul suo petto. Mi prende la mano e me la porta sul clitoride, muovendola su di esso.

Siamo meravigliosamente sincronizzati e ogni cosa che fa è perfetta. Infatti i miei mugolii diventano delle urla di piacere, mentre vengo squassata dai brividi del secondo orgasmo della giornata. Sento le pareti della figa stringersi e dilatarsi attorno al quel cazzone stupendo.

Mi prendo un momento di respiro e mi sollevo. 

Tocca a me. So cosa gli piace, che poi è ciò che adoro anche io.

Indosso la giacchetta del costume da Babbo Natale che portavo poco prima.

La abbottono sul mio pancino, lasciando libero il seno.

“Ho capito… ora dovrò mettermi a cavalcioni su di te, eh?” mi dice divertito, madido di sudore.

“Bravo, tesoro… e sai anche dove voglio che schizzi, vero?” gli sussurro, invitandolo con dei chiari gesti delle mani.

Obbedisce alla mia richiesta, mettendosi a cavalcioni su di me.

Con entrambe le mani afferro il suo membro, lo sego e sorrido ancora, divertendomi con quel giocattolo di carne che sa di me.
Sollevo la testa e prendo a succhiarlo, forte, solo sulla cappella rossa, mentre non smetto di masturbarlo con una mano e a massaggiargli le palle gonfie e piene di quel nettare che ora bramo come la cosa più buona che esista.

Lo guardo dal basso con lo sguardo da cerbiatta indifesa, so bene quanto lo ecciti.
Le mie labbra, la bocca, la lingua lavorano quella stupenda asta dalle vene pulsanti. 

Lo guardo, gode, è appeso ad un filo ed è tutto lì nelle mie mani, racchiuso in quelle palle piene pronte ad esplodere.

Sta per godere e lo so bene.

Il movimento della mia mano si fa più svelto, mentre mi tiro leggermente su col busto appoggiandomi al muro alla testa del letto.

Eccolo. 

Spalanco la bocca, tiro fuori la lingua e lo guardo dritto negli occhi.

Si libera in un grugnito di piacere ed esplode.

Schizza forte, almeno quattro fiotti belli pieni, più qualcuno finale meno forte. Lo sento arrivare ovunque, faccio appena in tempo a chiudere gli occhi. Luca accompagna ogni schizzo a delle sillabe incomprensibili. Sento le sue palle stringersi e sparare via il suo seme con violenza, mentre nella mia mano il suo cazzo pulsa forte che sembra voglia scoppiare.

Apre gli occhi e finalmente torna a guardarmi dopo l’estasi.

Ho il visino ricoperto di sborra. Sembro appena uscita da una scena bukkake. Mi viene da ridere, e rido, e lui con me. Con le dita recupero ogni goccia, assaporandola, non staccando mai i miei occhioni dai suoi, con quel sorriso che vorrebbe raccontargli quanto mi è mancato tutto questo. 

Anche la giacchetta rossa è ricoperta del suo sperma. Era quello che volevo.

Ho talmente tanta voglia che non riesco a smettere di leccargli il cazzo, come se non volessi sprecare nemmeno una goccia di lui.

Dopo aver ripreso fiato insieme, sul letto, e dopo aver finito la bottiglia di vino, con il mio visino ripulito minuziosamente ma con giacca e capelli impiastricciati, decido di alzarmi si rivestirmi.

“E’ sempre bello, quando torni da queste parti… Magari un giorno vengo a trovarti a Londra…”

La frase che gli ripeto sempre. A cui poi non segue mai nessun viaggio.

Gli regalo un ultimo bacio sulle labbra e vado via.

E ora sono qui, la vigilia di Natale, nuda a casa, dopo una doccia che mi ha purtroppo lavato nuovamente via il suo odore, con la patatina che chiede le mie attenzioni, dopo aver riletto i dettagli di questo pomeriggio inaspettato e stupendo con il mio pacco regalo preferito.

Mi sa che mi tocca toccarmi…

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