Questa storia ha inizio esattamente 20 anni fa, quando avevo 47 anni. C’è da fare una premessa: a me, fin dalla più giovane età, è sempre piaciuto portare tutte le mie fidanzate, amanti, ecc., al rapporto anale. Fin qui tutto normale, ma ho anche un piccolo difetto. A me piace quando il rapporto è “duro”, quando la lei strilla e si raccomanda di non farle male. Aiutato dalle dimensioni del mio fallo, sicuramente fuori norma, riesco a fare dei veri capolavori. Ovviamente, superato il trauma dell’introduzione, chiamiamola “decisa”, scatta poi, nella donna, un gran piacere, centuplicato rispetto ad un rapporto con alla base tanta cautela e lubrificante. Questo mio “difettuccio”, però, presentava l’inconveniente di far sì che le donne, salvo pochissime, dopo aver subito il trattamento, si guardavano bene dal concedermi di nuovo il lato B, quindi ho dovuto un po’ reprimere questa mia passione e mi son dovuto adeguare ad inculare le donne, nel modo meno traumatico possibile, con conseguente repressione della mia vena sadica, ma senza eliminarla del tutto. Dopo questa doverosa premessa, passo alla storia. Da quando sono andato in pensione (ebbene sì, faccio parte degli odiati baby pensionati) mi son dedicato anima e corpo alla mia grande passione: il mare. Possiedo una grotta scavata nella falesia: una rupe a strapiombo sul mare, che rende molto interessante la spiaggia su cui si affaccia. L’ho resa alquanto accogliente che non ha nulla da invidiare alla mia abitazione. Ho anche una bella barca, con la quale faccio ottime pescate e questo è il mio mondo. All’epoca, bazzicava in spiaggia, un ragazzo appassionato anche lui di mare e, ovviamente, tra tutti i miei vicini di grotta, che io chiamo goliardicamente “marinaretti della domenica”, aveva scelto me come maestro, affinché gli insegnassi tutti i trucchi di chi va per mare. Passava tutto il suo tempo libero nella mia grotta e mi aiutava in tutti i lavoretti che servono per mantenere efficiente la barca: le reti, le nasse, ecc. Va da sé che io, non essendo un marinaretto della domenica, andavo nella mia grotta anche nei mesi invernali e, spesso, anche lui, malgrado il freddo ed i suoi impegni scolastici (aveva iniziato il V liceo), appena poteva veniva giù ad apprendere sempre più nozioni marinare. Quando si sente il bisogno di urinare e la spiaggia è deserta, malgrado la grotta sia munita di un bagno favoloso, lo si fa in mare, sul bagnasciuga. In quelle occasioni, avevo notato che, ogni volta che dovevo liberare la vescica e mi avviavo verso il bagnasciuga, egli, qualsiasi cosa stesse facendo, lasciava tutto e veniva giù. La cosa ancor più strana era che non veniva per pisciare, ma mi fissava con stupore il cazzo. Io non ho mai avuto nulla contro gli omosessuali, ma non mi ha mai neanche sfiorato l’idea di avere un rapporto omosex. Per verificare se la mia idea fosse giusta, ho intensificato le volte che andavo a pisciare e cercavo di farlo quando lui era impegnato in qualche lavoretto. Ebbene, lasciava tutto e veniva giù. Stranamente mi si cominciava a far strada una strana idea. Il sadismo che albergava dentro me, represso, ma sempre presente, tornava ad emergere. In un ipotetico rapporto anale con lui, infatti, non avrei dovuto limitarmi per timore dei rifiuti successivi, quindi potevo darmi da fare come volevo, senza freni. Sono stati giorni in cui ero molto combattuto, ma, alla fine, la libidine prese il sopravvento. Una giornata di inizio novembre, con tutta la spiaggia vuota, perché cadeva una leggera pioggerellina, ci trovammo soli nella grotta. Affrontai io il discorso e senza giri di parole, gli chiesi:
“Ma a te piace il mio cazzo?”
Sicuramente non si aspettava una domanda di quel tipo, perché trasalì e divenne tutto rosso. Ci vollero un paio di minuti, prima che rispondesse, poi esordì dicendo che a lui piacevano le donne, ma, ultimamente, si sentiva attratto dal mio cazzo, perché lo vedeva imponente e maestoso (parole sue). Io, altrettanto sinceramente, gli risposi che non avevo mai avuto rapporti con uomini, ma, negli ultimi tempi, il tarlo mi era entrato nel cervello e, se lui lo avesse desiderato, sarei stato disposto a rompergli il culo (usai di proposito queste parole forti). Notai che lui si morse il labbro e farfugliò che non lo aveva mai fatto, ma si vedeva chiaramente che lo desiderava fortemente e allora l’ho avvertito, non tanto per lealtà nei suoi confronti, quanto per ammantare la cosa di maggior eccitazione, dicendogli:
“Tieni presente che, quando inculo una donna, mi piace che urli di dolore, perché non ci vado piano e, come hai potuto vedere, ho una dotazione extra large; però devo anche dire che, alla fine della devastazione, tutte le donne hanno avuto orgasmi da sballo”.
Mi guardava con un’espressione di paura ed eccitazione. Non parlava. Sembrava impietrito! Non dissi altro e ripresi a fare quello che stavo facendo, mentre con la coda dell’occhio, vedevo che era rimasto immobile, con lo sguardo perso nel vuoto. Pensavo a chissà quanti pensieri frullavano nella sua testa e decisi che, da quel momento, non avrei più aperto l’argomento. Passarono una decina di minuti e lui sempre li, immobile, a guardare il mare. A quel punto, visto che dovevo mettere un tavolone sopra una mensola, gli chiesi aiuto……
Fu come svegliarlo da un sonno profondo. Senza fiatare prese la tavola dalla parte opposta alla mia, ma, nel sollevarla, gli scivolò dalle mani. La tavola era voluminosa ma non pesante, quindi, il fatto che gli fosse scivolata, significava che con la testa stava altrove. Continuò a non parlare per un’altra mezz’ora buona, poi con un filo di voce disse:
“Sì, è logico. Colui che si fa penetrare, deve subire l’assalto del maschio, per quanto doloroso possa essere”.
A me già la situazione aveva provocato una certa erezione e queste ultime parole me lo avevano fatto diventare d’acciaio.
Per ammantare la cosa al massimo della libidine, con voce dura gli dissi:
“Dai, tirati giù calzoni e mutande, poi sistemati sotto al prendisole della barca, così ti rompo il culo!”
Come un automa, si spogliò e si dispose come gli avevo ordinato. Mi sono spogliato anch’io e ho riversato una buona quantità di saliva nel buco ed un po’ sul mio cazzo. Mi son piazzato dietro di lui e, con la punta, ho cercato lo sfintere. Una volta posizionato bene, ho dato una forte spinta e gli sono entrato quasi tutto. Lui ha emesso un urlo disumano ed ha cominciato a pregarmi di uscire, perché non resisteva. Io mi son tirato un po’ indietro, poi ho dato un’altra forte spinta e sono entrato tutto. Con sadismo gli ho detto:
“Troppo tardi! Ora stai buono e subisci!”
Continuavo a spingere come un forsennato e lui continuava ad urlare, dimenarsi e mordere il prendisole, ma ripeteva:
“Sì, sìììì, fammi male”.
Finalmente stavo rompendo un culo secondo quelle che erano le mie inclinazioni. Dopo un po’ di questo martellamento, ho sentito che si irrigidiva e gli partì un orgasmo che lo fece urlare più di quanto avesse fatto per il dolore. A questo punto, mi son lasciato andare anch’io e mi scaricai completamente nel suo intestino. Poi son andato a lavarmi ed ho notato che l’acqua si tingeva di rosso. Si tirò su anche lui, per andarsi a lavare, e notai che nel prendisole c’era un lago per la gran sborrata che aveva fatto. Lo smontai e lo portai in riva al mare. Lo gettai in acqua e con una scopa lo ripulii. Nel frattempo lui si rivestì e, con uno stentato ciao, se ne andò. Nei 6, o 7 giorni successivi, non si fece vedere, ma a me non interessava, perché avevo programmato che quella fosse la prima ed unica volta. Un pomeriggio, però, sentii il solito “ciao”. Era lui e sembrava un cagnolino bastonato. Lo salutai e gli chiesi come mai non si fosse più fatto vedere e lui farfugliò qualcosa, eludendo la domanda. Mi guardava come a dovermi dire qualcosa, ma non parlava. Visto che non si decideva a parlare, fui io ad aprire il discorso e gli chiesi come andava. Lui, a fatica, mi rispose che gli avevo fatto molto male, ma che gli era piaciuto da morire e che, in quei giorni, non era riuscito a pensare all’accaduto senza masturbarsi. Al mio “quindi?”, rispose con un largo giro di parole, che pian piano lo portarono a dire che poteva esser piacevole ripetere l’operazione. Ero diventato il suo padrone sessuale! Lo invitai a mettersi di nuovo nella posizione che conosceva e gli prodigai un’altra inculata, ancor più vigorosa di quella precedente. Per tutto l’inverno, ogni tanto si presentava e tornava a casa con il culo devastato. A primavera, con il ritorno dei “marinaretti della domenica” e con l’intensificarsi del suo impegno scolastico, in previsione dell’esame di maturità, che di lì a breve avrebbe dovuto sostenere, non ci vedemmo più. Passò l’estate ed un pomeriggio dei primi di settembre, me lo vedo arrivare. Mi raccontò che aveva conseguito il diploma col massimo dei voti e che si era iscritto alla facoltà di ingegneria navale, quindi, di lì a poco, si sarebbe trasferito a Genova. Parlammo un po’ del più e del meno, poi mi disse che i nostri incontri gli avevano fatto passare un periodo meraviglioso e che era venuto per ringraziarmi e per salutarmi, ma aveva anche una proposta da farmi. Ovviamente gli chiesi quale fosse e lui, non senza difficoltà, disse che, in tutti i nostri incontri, io gli avevo scaricato la sborra nell’intestino, ma da lì entra ed esce, senza lasciar nulla. Io sorpreso gli dissi che non capivo dove volesse arrivare e mi misi subito sulla difensiva. Allora si spiegò meglio e disse che voleva avere qualcosa di mio, dentro di lui. Qui cominciai ad agitarmi perché non capivo dove volesse arrivare e temevo qualche richiesta spiacevole. Mi tranquillizzò e finalmente parlò chiaro, dicendomi che voleva farmi un bocchino, per conservare di me un indelebile ricordo. Mi venne subito da rifiutare. Gli feci presente che, anche se mi piace farmi fare i bocchini, non ne sono un estimatore e, in spiaggia, c’erano ancora tante persone. Lui, remissivo, disse che, se non gradivo, andava bene lo stesso e ringraziandomi ancora, mi salutò e si avviò per andarsene In quel preciso momento, mi sentii una merda. Lui mi aveva dato la possibilità di sfogare la mia passione sadica ed ora che mi chiedeva una cosa, per lui importante e che potevo benissimo concedere, gliela stavo rifiutando? Lo chiamai e lui tornò subito indietro. Gli chiesi come pensasse di fare, eventualmente avessi accettato. Non capì la domanda ed io precisai meglio chiedendogli dove intendesse farmi il bocchino e lui, con disarmante semplicità, rispose:
“In bagno! Andiamo un attimo in bagno e te lo faccio.” Ero perplesso e cercavo di guadagnare tempo, ma, nel frattempo, mi accorsi che, anche se pensiamo di controllare le nostre pulsioni, siamo completamente schiavi di esse. Infatti mi si era rizzato il cazzo e la cappella faceva capolino dal costume. Lui l’ha vista e mi ha detto suadente:
“Dai, lasciati andare, vedrai: sarà bello per me, ma anche per te.”
In fondo impedimenti grossi non ce n’erano e così gli feci cenno di entrare in bagno. Lui abbassò la tavoletta del water e ci si sedette sopra, mentre io, abbassatomi gli slip, gli avvicinai il cazzo alla bocca. Lui, con un “wow”, cominciò a passare la lingua sotto la cappella. A me piacciono i bocchini rudi, con la lingua che preme sotto la cappella e, se fatto con maestria, piace anche sentire i denti. Una donna questo difficilmente lo fa. Lui invece faceva proprio questo. Provavo una sensazione molto forte e l’ho dovuto fermare più volte per non sborrare. L’ho fatto lavorare per una ventina di minuti, poi gli ho preso la testa e gliel’ho bloccata per non farlo ritrarre e gli ho scaricato in gola tutta la sborra. Oltretutto, quel giorno era anche tanta, perché una settimana prima avevo litigato con mia moglie ed era una settimana che non facevo sesso. Lui trovandosi in bocca un fiume in piena, dopo un leggero tentativo di tirarsi indietro, bloccato dalle mie mani, ha ingoiato tutto fino all’ultima goccia. Quando finalmente l’ho lasciato, ha alzato gli occhi e mi ha sussurrato un “grazie “. Mi ha chiesto se si poteva masturbare per placare la sua eccitazione e io, uscendo, gli ho detto di farlo tranquillamente. Dopo un po’ è uscito, allegro e rilassato, dicendo che ora era veramente appagato, quindi ci siamo salutati e se n’è andato. Ho ripreso il mio solito tran tran e, per 10 anni, non l’ho più visto. Un piovoso pomeriggio autunnale, di ben 10 anni dopo, mentre ero l’unico matto di tutta la spiaggia armeggiavo dentro la grotta, sentii un “ciao” che conoscevo bene. Mi girai e vidi lui con una ragazza che, a chiamarla stupenda serviva a sminuirla. Una donna di quelle che ti colpiscono il cervello e te lo fanno andare in tilt! Cerco di nascondere la sorpresa e mi mostro felice di rivederlo. I miei occhi erano incollati sulla meravigliosa creatura che aveva vicino e, malgrado lui avesse cominciato a raccontare della sua laurea conseguita a pieni voti e del lavoro subito trovato come ingegnere navale, nonché la conoscenza con lei che portò quasi subito al matrimonio, io sentivo la sua voce quasi come un rumore di sottofondo, tanto ero incantato da lei. Per la testa mi passavano tanti pensieri porcelli su di lei, ma ero perfettamente consapevole che quello non era “pane per i miei denti” e la cosa mi faceva soffrire. Tirai fuori dal piccolo frigo alcune bottiglie di liquore e fui fortunato, perché fra esse c’era una bottiglia di limoncello, unico liquore che lei gradiva. Ero talmente anestetizzato, che non riuscivo neanche a darmi arie da maschio vissuto, anzi mi sentivo impacciato e fuori posto. Lei bevve il suo bicchierino, poi chiese di averne un altro, mentre lui, finita, la sua “Vecchia Romagna” si riempì di nuovo il bicchiere. L’atmosfera si stava scaldando! Improvvisamente lui se ne uscì con una frase che mi provocò un tuffo al cuore. Candidamente disse:
“Vedi, amore, è stato lui ad iniziarmi al piacere anale e, ti assicuro che, in questo, è un vero artista”.
BANG! Avrei preferito mi avessero sparato. Mentre mi sentivo mancare per le parole appena sentite, lei, con un sorriso dolcissimo, mi disse che sapeva cosa fosse successo tra noi e che, secondo lei, era stata una cosa stupenda. Poi aggiunse:
“Anche a me piacerebbe esser sodomizzata, ma purtroppo lui non ce la fa”.
Io non sapevo cosa dire e mi correvano i brividi dietro la schiena. A questo punto lui, con grande naturalezza, disse che sarebbe stato meraviglioso se sua moglie avesse potuto esser aperta al nuovo piacere, da uno come me, che l’avrebbe sicuramente portata al top della lussuria. Io continuavo ad avere il cervello bloccato e totalmente incapace di ragionare e, probabilmente, questo mio imbarazzo fu percepito male, tant’è vero che lui si affrettò a specificare che, se non fossi convinto della loro proposta, sarei stato libero di rifiutare, senza problemi. Quest’ultima frase ebbe in me un effetto dirompente, che mi sbloccò. Mi affrettai a rispondere che sarei stato più che felice di poterla accontentare e mi avvicinai per darle un bacino sulla guancia, ma lei si girò e mi offrì la bocca. Ci baciammo appassionatamente e non le bastò il primo, ma volle baciarmi di nuovo e ancora per una serie infinita di baci. Il mondo, fuori, era scomparso ed eravamo rimasti solo noi due. Andammo sopra la barca e ci abbracciammo forte, quindi mi sussurrò all’orecchio:
“Dai, inculami, fammi sentire com’è il vero maschio”.
I vestiti volarono via. Ogni tanto percepivo la presenza di suo marito, ma erano solo dei flash. La girai a pancia sotto e cominciai a baciarle e mordicchiarle la schiena, poi, pian piano, le arrivai sul culetto. Baciai anche quello, compreso il buchetto. Leccai con passione quella porta del paradiso, portandola ad un livello altissimo di eccitazione. Vi deposi molta saliva, spingendogliela dentro con la lingua, poi le andai sopra. Non ci fu bisogno di lubrificarmi, perché avevo il cazzo ricoperto di liquido. Mi posizionai bene dietro di lei e glielo puntai contro lo sfintere. Presi a spingere ed il buchetto cominciò a cedere. Sentii che si irrigidiva e stringeva i denti, ma continuai a spingere e, in breve, le fui tutto dentro. Ogni volta che girava la testa verso me, la baciavo violentemente e, con una mano, le passai sotto e andai a toccarle il clitoride. Godeva rumorosamente e sentivo che l’anello dello sfintere stava cedendo completamente. Ebbe subito un primo orgasmo esplosivo e, dopo pochissimo, ricominciò a godere. Cercai di tirare più a lungo possibile, finché non le arrivò un secondo orgasmo, ancora più violento ed appagante del primo. Qui non ho più resistito e le sono venuto dentro, svuotandomi completamente. Rimanemmo abbracciati, baciandoci e mordendoci. Solo allora ci siamo ricordati che suo marito era lì e le stava dicendo:
“Brava amore, ti sei fatta deflorare ed è stato bellissimo”.
Lui si era masturbato ed aveva lasciato in terra una chiazza di sborra.
Avrei voluto che quella giornata non finisse più, ma purtroppo si era fatto tardi e, anche se controvoglia, ci dovemmo rivestire ed avviare verso il viottolo che porta in cima, dove c’è la strada. Prima di immetterci nella strada, la abbracciai e baciai di nuovo, poi, timidamente, le chiesi se volesse, il giorno dopo, tornare. Lei rispose:
“Certamente, voglio esser tua per tutta questa settimana!”
Ci congedammo e tornai a casa con una meravigliosa sensazione di benessere. Non vedevo l’ora che arrivasse il giorno dopo e non ho mai sperato così tanto, che per tutta quella settimana fosse tempo brutto, in modo da tener lontani eventuali fruitori della spiaggia. Fui assistito dalla fortuna e piovve tutta la settimana. Il giorno dopo, puntuali, si ripresentarono e lei mi saltò letteralmente addosso. La spogliai e, baciatala appassionatamente, la posizionai per donarle una nuova possente inculata, ma lei mi disse che le bruciava troppo e avrebbe preferito prenderlo altrove.
Figuriamoci se mi lasciavo sfuggire l’occasione di incularla, dopo che avevo aspettato in spasmodica attesa quel momento! Non ascoltando le sue parole, cominciai a spalmarle nel buchetto una crema che, previdentemente, avevo comprato la mattina in farmacia. Suo marito mi aiutava e, con parole suadenti, cercava di convincerla a subire di nuovo, rassicurandola che avrebbe avuto un orgasmo ancor più bello di quello precedente. Lei debolmente implorava, ma non aveva reazioni decise per sottrarsi al nuovo assalto. La preparai per bene, poi la girai. Le strisciai un po’ il cazzo sul buco, mentre con una mano andai sotto a stuzzicarle il clitoride. Si stava eccitando e, dopo poco, mormorò:
“Daaiii”.
Con una bella spinta le entrai dentro e lei emise uno strillo, ma, contemporaneamente si girò, per farsi baciare. Dopo poco le arrivò un lunghissimo ed appagante orgasmo che la fece gridare e dire una sequela di parole sconce. Continuai a picchiare forte, finché non arrivò un altro orgasmo. Avrei voluto durare ancora, ma non ce l’ho fatta e son venuto. Il rapporto non era durato tantissimo, ma era stato molto intenso. Ci lavammo e ricominciammo, nudi, a coccolarci. La stufetta catalitica a bombola, ci riscaldava a sufficienza. Ci baciavamo ed accarezzavamo come degli adolescenti. Di colpo, mi erano volati via 30 anni. Suo marito, che, in verità, sia io che lei avevamo dimenticato, timidamente ci chiese il permesso di spogliarsi. Io con fermezza gli risposi:
“Certamente, non solo spogliarti, ma dovrai incularla anche tu”!
Lei saltò su con un:
“No, per carità, mi brucia troppo: un’altra volta?”
Io avevo capito che in lei albergava una forte componente masochista e certo di darle un forte piacere insistetti:
“Ho detto che lui ti inculerà e così si farà! Tu devi solo ubbidire!”
Vidi nei suoi occhi un lampo di libidine. Lui, in due secondi si spogliò ed era prontissimo. Esitava un po’ ma io, mettendo il mio cazzo nella bocca di lei, lo esortai a prenderla. Allora, lui, felice come un bimbo la penetrò. Ovviamente lo sfintere non oppose la minima resistenza e lei prese a succhiarmi con passione. Purtroppo lui durò poco e si scaricò dentro di lei. Lei continuò a farmi il bocchino, mentre io le masturbavo il clitoride, procurandole in breve un altro orgasmo, quindi le sono venuto in bocca e, dopo una prima, leggera esitazione, ingoiò tutto. Quella settimana volò tra possenti inculate e paradisiaci bocchini. Inesorabilmente arrivò l’ultimo giorno. Non potevo e non volevo pensare che quella meraviglia stesse finendo! Ci vedemmo come i giorni precedenti e ci incastrammo immediatamente in un abbraccio serrato, come a dire:
“No, non può finire così”.
Ci spogliammo con frenesia toccandoci e leccandoci. Sapevamo del tempo tiranno, perché quella stessa sera sarebbero dovuti ripartire. Avrei voluto allungare all’infinito quei piacevoli preliminari, ma non c’era tempo. Così allungai la mano per prendere il tubetto di crema, ma avvenne un imprevisto. Suo marito infatti mi fece notare che non l’avevo ancora scopata in figa e che lei, pur avendo molta difficoltà a chiedermelo, ne aveva parecchio desiderio. Mi venne immediatamente una grande eccitazione a pensare di violare quel meraviglioso bocciolo contornato di peluria bionda e mi fiondai a leccarle il clitoride. La portai ad un livello altissimo di eccitazione, poi le andai sopra. La baciavo in bocca e le strisciavo la cappella tra le grandi labbra. Suo marito, visibilmente eccitato, si raccomandava di non sborrarle dentro, perché, non essendo protetta, rischiava una gravidanza. Glielo misi su tutto e sentivo che me lo stringeva forte. Mentre scopavamo, con una mano le masturbavo il clitoride e, quasi subito, ebbe il suo primo fragoroso orgasmo. Riprese a godere ed io, per tirare più a lungo possibile, mi fermavo quando sentivo che l’eccitazione saliva troppo e si avvicinava il punto di non ritorno. Ebbe altri due orgasmi e, con l’ultimo, incrociò le sue gambe sopra di me per non farmi uscire e farmi andare ancor più profondamente. Fu veramente troppo e, malgrado il pericolo della gravidanza, non riuscii a trattenermi e le venni dentro.
Sentivo lui che continuava a dire di non venirle dentro, ma quando ha visto che affondavo ancora di più e venivo, gli sentii dire sottovoce:
Beh, sì, è giusto, così! Dev’essere il maschio alpha che deve ingravidare le femmine!”
Tornato in me mi sono sentito un verme. L’avevo fatta veramente grossa. Nessuno di noi parlava. Non ci potevamo capacitare di quanto fosse successo. Poi, cercando di riparare al danno dissi a lui di scoparla subito e di venirle dentro, in modo da dimezzare la possibilità che fossi io il padre di un eventuale bebè. Lui non se lo fece ripetere ed eccitatissimo iniziò a scoparla. Stavolta durò di più della volta del culo e, alla fine, le venne dentro con un urlo strozzato. Si era fatto tardissimo e mestamente ci rivestimmo. Risalimmo lo stradello ed in cima ci salutammo. Fortuna che era notte, perché mi scendevano le lacrime senza piangere. I mesi successivi, per me, furono un inferno. Avevo il pensiero fisso su quella settimana. Non riuscivo ad accettare che quella meravigliosa parentesi fosse finita e passò parecchio tempo prima che la ferita del distacco si rimarginasse. Da allora sono passati 10 anni e non li ho più visti, né sentiti. Cinque anni fa, da un numero che non avevo in rubrica, mi arrivò una foto sfocata e presa da lontano. Raffigurava un bambino (o una bambina) che andava in altalena spinto dietro da una figura femminile. Mi si gelò il sangue. Cercai di vedere meglio, ma era completamente sfocata. In un primo momento ho pensato fossero loro, ma ciò non era possibile, perché né io né loro avevamo il numero di telefono, quindi, senza pensarci troppo, ho fatto la cosa che ho ritenuto più giusta: premetti il tasto elimina.
💥 CONTINUA A LEGGERE 💥