Le vacanze di Natale nel mio paesino pugliese sono finite subito dopo l’Epifania, che come si sa, “tutte le feste porta via”.
Sono sempre combattuta tra due stati d’animo, quando vado via: se da un lato sono triste di lasciare amici e famiglia, dall’altro non vedo l’ora di tornare ai miei spazi, ai miei ritmi, alle mie cose.
Anche se questo vuol dire doversi sparare circa 12 ore di FlixBus.
Non potendo permettermi un volo o un treno, troppo costosi nel periodo natalizio, ho quantomeno preteso di poter godere di due posti su quel pullman verde.
Così, al secondo piano, sul posto davanti, mi sono goduta il viaggio in santa pace.
Tutto sommato dodici ore scorrono via piuttosto facilmente, quando hai un telefono, il wifi e tre o quattro ragazzi che ti scrivono porcate su Whatsapp.
Il sexting è da sempre una delle mie più grandi passioni.
Questo scambio di messaggi con il mio ragazzo e contemporaneamente con tre tipi praticamente sconosciuti, non hanno fatto altro che tenermi bella calda lì sotto.
Ammetto di essermi anche toccata un po’, in alcuni momenti, sotto la giacca che copriva le mie pudenda. Chissà se il tizio nella fila accanto, che mi guardava di continuo, si è accorto di qualcosa.
Al mio arrivo nella piovosa Milano, intorno alle 19, Christian era già lì ad aspettarmi.
Non lo vedevo da due settimane, e le videochiamate (anche zozze, ma non solo) iniziavano a non bastare più.
Scesa dall’autobus gli salto al collo e lo bacio, racchiudendo tra labbra e lingua tutti quei baci che in quasi venti giorni non ho potuto dargli.
Carichiamo il mio bagaglio e saliamo in macchina, sono esausta, ma siamo entrambi molto felici di rivederci.
O è così oppure ha un pennarello in tasca.
Poggio la testa sulla sua spalla mentre lui guida nel traffico. Le luci delle auto e dei lampioni creano una romantica atmosfera.
Le sue mani, la sinistra sul volante e la destra che stringe il pomello del cambio, vorrei fossero gia impegnate su di me, ma dovrò aspettare.
Le mie però sono libere, e per fargli capire quanto mi sia mancato decido di slacciargli i jeans e di tastare quel “pennarello”.
Lo bacio sulla guancia, mentre inizio a segarlo piano. “Mi siete mancati un sacco…” gli sussurro. “…lui soprattutto…” mentre mi abbasso, incurante della città, a prenderglielo in bocca.
Non succhio con avidità, non voglio già farlo esplodere, non c’è cosa che desideri di più in quel momento che sentire il suo seme finirmi in gola, ma devo pazientare.
Quindi lecco l’asta in tutta la sua lunghezza, gli massaggio i testicoli gonfi, succhio la cappella turgida, giusto qualche minuto, poi mi fermo. Rivesto quel tesoro di carne e torno a schioccargli un bacio sulla guancia.
Ora so che quando saremo a casa farà fede a tutto quello che mi ha promesso nei messaggi. E la mia passerina non vede l’ora, già umida e bollente.
La casa dove abitiamo l’abbiamo soprannominata “Hotel Trainspotting”. Tre stanze da letto, due bagni, una cucina. Sei persone, un cane, due gatti, più le teche con i serpenti di uno dei coinquilini.
La fortuna è che siamo tutte coppie e tutti abbastanza accondiscendenti e amichevoli. E libertini. Ma questa è un’altra storia.
Appena tornati saluto tutti e mollo zaino e trolley nella mia stanza. Sono davvero sfinita dal viaggio, ma non andrò a dormire senza prima aver soddisfatto il mio appetito. E non quello dello stomaco.
Christian è in camera con me, si sta togliendo la giacca. Mi pongo davanti a lui, lo afferro per la felpa e sulla punta dei piedi cerco di raggiungere le sue labbra. Mentre mi bacia spingo il mio corpo contro il suo costringendolo ad arretrare fino al letto.
Si siede sulle coperte e io mi metto a cavalcioni sulle sue gambe: “Avevi fatto una promessa…” gli dico. “Io mantengo sempre le promesse” risponde.
Abbasso così la zip della felpa e con un sorriso voglioso gli libero il petto tatuato. Gli bacio le labbra tenendo il suo viso tra le mani. Anche lui inizia a spogliarmi del cappotto e del maglioncino rosa. Mi solleva la magliettina sotto di esso e in un attimo le mie ciliegine dai capezzoli turgidi si offrono alla sua bocca.
Mi lecca, succhia, morde i miei capezzoli donandomi piccole scosse elettriche di piacere. Mi accorgo che mi sto strusciando come una lurida sul suo pacco, già duro sotto i jeans. Non resisto. Lo spingo. Si stende sul letto.
Mi alzo in piedi e mi tolgo i pantaloni, abbandonandoli insieme ai miei slip sul pavimento. Solo allora chiudo la porta, per evitare sguardi indiscreti (non che non mi abbiano mai vista nuda), e come una gattina vado verso di lui.
Vedo il mio uomo, quello che da un annetto mi sono scelta come compagno di vita, di giochi e di porcate, liberarsi dei jeans e dei boxer, ora nudo e col cazzo perfettamente perpendicolare al suo corpo disteso in attesa di me.
Salgo in piedi sul letto e senza dire nulla mi metto a cavalcioni sul suo viso. Mi siedo sulla sua faccia e separandomi le grandi labbra offro la mia fighetta bagnata alla sua lingua. Lo sento leccare i miei umori, strusciarsi contro il mio sesso, lo sento torturarmi il clitoride e poi infilarmi la lingua dentro più che può, ed io ansimo, muovendo il bacino.
Afferro con entrambe le mani il mio cazzo preferito e con gli occhi chiusi dal piacere adagio il corpo sul suo. Inizio a succhiarlo, a baciarlo, come se tutto il mondo ora fosse ridotto in quel pezzo di carne dura. Mi schiaffeggio le guance e le labbra col suo cazzo, passo la lingua sulla cappella, raccolgo la mia stessa saliva che si mescola ai suoi umori, la guardo scivolare verso la base dell’asta e scomparire nello spazio tra le sue gambe e i suoi testicoli.
La sua lingua intanto mi fruga la passera come se stesse cercando un tesoro sepolto, mentre con le mani mi separa le chiappette e mi infila un dito nel sesso fradicio.
Mugolo, ansimo con la bocca piena. Ho una voglia assurda e più passano i minuti e più mi incendio. Mi sollevo, abbandonando quel cazzo solo temporaneamente, e mi rimetto seduta sul viso di Christian. Mi lascio andare a dei lamenti di piacere e mentre la sua lingua mi penetra, due delle sue dita, ben lubrificate dai miei stessi umori, si sono fatti strada nel mio buchino posteriore.
Mi masturbo il clitoride, mi muovo e godo, liberando un orgasmo che mi squassa proprio lì sul viso del mio uomo.
Com’è soddisfatto, lui, mentre io tremo e mi sollevo per stendermi accanto a lui. “E uno…” mi dice. Me ne aveva promessi diversi. Questo varrebbe due, ma non glielo dico. Sorrido e ricomincio a masturbarlo. La mia mano avvolge quel cazzo umido e lo sega piano. Mentre recupero le forze mi piego su di lui per spompinarlo ancora un pochino, lo sento ansimare. Poverino, crede che lo farò venire così. Mi fermo. Sono pronta.
Mi giro a cavalcioni e mi trafiggo la patata con quel cazzone. Non fa fatica alcuna, ad aprirmi le pareti della vagina, bagnata e vogliosa come sono.
Inizio a cavalcarlo, le sue mani dapprima mi cingono i fianchi accompagnando i movimenti, poi una sale e mi afferra il collo. Mi stringe, di fatto concedendomi meno aria di quanto il mio ansimare necessiti. Sento le lacrime scivolare sul mio viso e sorrido, felice come una puttana eccitata. La sua puttana. Oggi solo sua.
Mi abbandono sul suo petto continuando a cavalcarlo e a farmi scopare, con dei movimenti che sembrano perfettamente coreografati. Lui mi rigira neanche fossi di pezza, mi viene sopra e mi penetra con foga. Sento quella musica splendida del suo corpo che schiaffeggia il mio, quel cazzo affondarmi dentro, i miei umori come pozzanghere calpestate dagli stivaletti dei bambini, le mie urla e i suoi rantoli da animale.
Si stacca da me, con un gesto del braccio mi rivolta a pancia in giù e in un attimo è di nuovo dentro di me. Il mio culetto bianco come il latte si schiaccia contro il suo inguine mentre mi scopa. Ansimo e godo contro il cuscino, porto una mano sul clitoride che struscia contro la coperta e mi masturbo ancora. Vengo. Ora urlo. Non so quanto frenata dal cuscino, ma libero la mia voce mentre Christian non accenna a rallentare.
Ho le gambe che fremono, la fighetta ipersensibilizzata. Lui sembra percepirlo e piano si tira fuori.
Con entrambe le mani mi solleva appena il bacino. Giro la testa verso di lui, lo guardo, mi sorride: “…due?” chiede. Non rispondo.
Sento una delle sue mani aprirmi le chiappe, uno sputo e la saliva che cola tra le natiche. La sua cappella bollente si affaccia alle porte del mio culetto e lentamente entra.
Dolore e piacere si mescolano. Ogni volta è sempre così, con lui.
Scivola nel mio culetto finché può, resta immobile un attimo e ricomincia a pompare.
Io lascio andare il mio piacere e stringo le coperte nei pugni. Lui mi scopa il culo e io godo forte. La mia mano è di nuovo sul mio sesso che mi accarezzo e mi penetro con indice e medio. Probabilmente ho un altro orgasmo.
Lo sento aumentare il ritmo e ansimare sempre più forte. “Sì… sì… che bello…” gli dico. Vorrei essere più porca ma ho la testa svuotata dal piacere di quel momento.
Mi sbatte come se volesse smontarmi, sempre più forte. “Oh sì… oh sì, sto per venire…” mi dice una frazione di secondo prima che io senta l’ultimo colpo entrarmi tipo fino al cuore e il suo seme esplodermi dentro. Sento il suo sperma caldo inondarmi dentro e il suo corpo cadere sul mio. Sembriamo due cani che si ingroppano, luridi e felici.
Si sfila dal mio buchetto che come un tortino ora lascia colare fuori tutto il suo sperma.
Mi volto, scivolo sul suo cazzo e lo ripulisco, infilandomelo in bocca.
Ci prendiamo un attimo di pausa restando stesi sul letto. Non diciamo nulla, facciamo parlare solo le nostre mani che si accarezzano.
“Avrei un po’ fame…” dico.
“Vado a prepararti qualcosa…” dice trasformandosi in un attimo nell’uomo perfetto.
“Sì, ma prima rivestiti, o finisce come l’altra sera…”
Ride. Si infila un paio di pantaloni della tuta che comunque mostrano il barzotto. Rido.
Esce dalla porta.
Bentornata a casa, Mimì.
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