Voglia di lei

Posted by admin under Incontri Erotici on martedì Feb 7, 2023

Un racconto lesbo mi ha fatto venire voglia, sarà anche che ieri non mi sono masturbata.

Nella mia fantasia mi piacerebbe provare con una donna, accarezzare dei seni più grossi dei miei perlomeno una quarta, slinguazzare nella fica e sentirla godere.

Poi, se non bastassero dita, lingua, ci potremmo aiutare con dildo, strap-on o anche zucchine.

Tutto questo per godere senza inibizioni e tabù di nessun genere.

Da un lato queste fantasie mi fanno paura, dall’altro dico che male c’è ad immaginare.

Immaginare una donna che ti bacia con passione, che ti accarezza, che adora il tuo corpo in cui si rispecchia, come te in lei.

Mi piacerebbe una donna con fisico mediterraneo, mora con i capelli lunghi, molto bella.

Sento la mia fica pulsare, ho voglia di masturbarmi alle 11:40 del mattino.

Lo so, non ci sono orari per godere, per sentire la vita pulsare nelle vene.

Nella mia fantasia, lei mi insegnerebbe visto che io non l’ho mai fatto con una donna o magari saremmo entrambe inesperte, ma felici di provare tutto ciò.

Mi piacerebbe farlo a letto, con calma, che non vuol dire senza passione che si acuirebbe con i baci in bocca e su tutto il corpo.

Sarebbe bello essere porche e spalmarci qualcosa sul corpo come panna poi da leccare così da godere entrambe.

Poi ci faremmo una doccia per pulirci e anche lì godremmo con io che andrei a leccarle la fica con passione.

Anche lei farebbe lo stesso con me, con la mia fica bagnata sia dai miei umori, sia dall’acqua.

Infine, ci asciugheremo, ci guarderemo e ci sdraieremo sul letto per ricominciare fino a sentire pulsare la fica ancora una volta.

Che bella da leccare una fica bagnata e penetrarla con un dito.

Amerei vedermi allo specchio mentre lo faccio magari grazie ad un armadio specchiato.

Sarebbe bello anche avere al soffitto uno specchio.

Si voglio leccartela e sentire la tua lingua e poi sentirmi dire che sono eccitante, che ho una bella fica, belle tette, bei capezzoli, bel culo.

Io ti direi le stesse cose aggiungendo che tu sei molto più bella di me e non vedo cosa ci trovi in me.

Tu mi risponderesti che il bello sta negli occhi di chi guarda.

Ho voglia che tu mi succhi i capezzoli con ardore e anche io farei lo stesso con i tuoi.

Vorrei massaggiare le tue belle tette e sentirti sospirare mentre con l’altra mano ti continuo a penetrare la fica fino a farti venire.

Poi, tu faresti lo stesso con me come in un gioco di specchi e poi non ancora contenta, mi leccheresti ancora la fica facendomi venire ancora e ancora mentre io mi toccherei con la mano il capezzolo destro.

Che goduria sentirlo inturgidire.

Tu te ne accorgi e allora sposti la bocca dalla fica al capezzolo e te lo metti in bocca mentre io ancora super eccitata inizio a masturbarmi con la mano sinistra.

Poi la tua bocca andrebbe sulle mie labbra e mi baceresti, la tua lingua esplorerebbe tutta la mia bocca, le nostre lingue si incontreranno facendoci bagnare ancora una volta.

Tu mi diresti di asciugarla e lo farei con la mia lingua bisognosa di leccare la tua bella fica con labbra sporgenti.

Poi mi metterei parte del clitoride in bocca e lo succhierei mentre tu gemeresti dal piacere.

A questo punto, io mi sento super bagnata, voglio la tua lingua, ti metto la fica sulla faccia senza pudore e tu mi lecchi, mi lecchi fino a farmi venire più volte in maniera indiavolata.

Lei mi chiede se mi mancassero gli orgasmi e io rispondo che non sapevo, che mi mancava lei, la sua lingua, il suo corpo.

Lei mi dice che non debbo avere paura delle mie fantasie e che è peggio avere rimpianti.

Ho ancora voglia, ma lei mi dice che vuole dormire e allora prendo il dildo e mi penetro, ma gemo troppo forte così si sveglia e il dildo passa nelle sue mani.

Lei lo muove più rapidamente e io gemo ancora più forte di prima come se fosse mai possibile.

Lei mi dice che sono una super porca e io non me la prendo, ma le rispondo che dipende dai molti orgasmi che ho in arretrato.

Lei ride e lo faccio anche io, mentre ancora la mia fica è bagnata e il dildo è inumidito dai miei umori.

Lei me lo toglie e fa una cosa che mi toglie il respiro ossia lecca il dildo, lecca i miei umori e io mi inumidisco ancora.

Sono egoista, ma la mia fica è ultra umida e le chiedo di leccarmela ancora.

Lei verifica con un dito quanto sia bagnata e mi risponde che c’è n’è proprio bisogno e lo fa con voglia, con goduria mandandomi tante volte in paradiso.

Una volta che ho raggiunto l’acme del piacere, le tocco la fica che gronda di umori e mi metto a leccarla.

Lei gode senza ritegno dicendomi che l’ho fatta bagnare perché io godo senza inibizioni, quasi urlando.

Ci baciamo ancora una volta mentre le nostre mani toccano i seni con i capezzoli inturgiditi.

Io mi metto a succhiargli i suoi mentre le massaggio i seni. Adoro i suoi seni pieni, non volgari con dei grossi capezzoli scuri a differenza dei miei che sono rosa.

Adoro sentirla sospirare, venire e vedo che si sta masturbando. Io non me la prendo perché farei lo stesso.

Mi è venuto voglia di masturbarmi e glielo dico. Lei mi dice di farle vedere e mi metto alla pecorina mentre lei si è messa a sedere e ancora si sta masturbando.

Io vengo, non so dove sono, lei viene. Lei mi dice che è stato bellissimo vederlo fare, anzi che è stato fantastico il tutto, che è stato naturale senza forzature.

Io le rispondo che è così che deve essere e la bacio ancora sulla bocca.

Poi ci mettiamo a dormire, esauste, ma felici.

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La prima volta a casa sua

Posted by admin under Incontri Erotici on domenica Feb 5, 2023

Passano tre giorni, prima che Veronica mi chiami, mi dice che è stata molto impegnata col lavoro, ma che ha pensato spesso a me e che non vede l’ora di rivedermi.

Io le dico che per me è lo stesso e che mi sono masturbata molto, pensando a quello che è successo tra noi.

Lei mi dice che ha fatto più sesso con suo marito e io ci rimango un po’ male.

Lo so, lei ama suo marito ed è logico che ci vada a letto.

Mi chiede se posso andare a casa sua nel pomeriggio, io le rispondo che non ci sono problemi.

Mi dà il suo indirizzo e ci accordiamo per vederci alle 15.

Sono le dieci del mattino non manca molto al nostro appuntamento, sono molto eccitata. Per fortuna mio marito non tornerà a mangiare a casa, così posso pensare a Veronica, mi viene da toccarmi, ma non lo faccio perché voglio conservare tutta la mia voglia per lei.

Arriva finalmente l’ora di andare da Veronica.

Giungo alla sua abitazione che è principesca, sono intimidita, lei mi dice di non farci caso, che l’arredamento è stato curato da suo marito e che lei non l’ama troppo.

Non parliamo, ci baciamo e mi porta su in camera da letto, in cui, spicca un letto king size.

Le dico che sono contenta del letto, ma lei non parla si spoglia e mi dice di fare lo stesso.

Siamo nude, ci gettiamo sul letto, lei va subito alla mia fica bagnata e mi chiama mia porca.

Io le rispondo di si e lei si mette a leccarla avidamente, facendomi raggiungere rapidamente svariati orgasmi finché non le squirto in faccia.

Lei mi chiama amore, io le rispondo allo stesso modo, poi si muove, mi bacia in bocca e io sento il sapore marino del mio squirting.

Poi la metto sotto di me e le tocco i suoi seni che adoro, poi le succhio i capezzoli.

Le mi dice di strusciare la mia passera sulla sua e a lei, ma anche a me, sfuggono molti gemiti.

Poi, sentiamo un rumore, in camera, entra un uomo, che dice che vuole solo osservare.

Io sono in imbarazzo. Veronica dice all’uomo che è suo marito, di andarsene, che non erano questi i patti per quel giorno.

Si sentono i suoi passi che scendono le scale e infine lui che esce dalla porta.

Veronica mi dice che il marito avrebbe dovuto essere a lavorare e che forse ha sentito quando le ha telefonato, visto che era ancora in casa.

Veronica mi dice che lui è molto incuriosito dalle donne di lei e che stasera lui le dirà cosa pensa di me.

Io le dico maliziosamente che spero di essere piaciuta a suo marito. Lei mi risponde che io sono il suo tipo.

Io le dico che lei è bellissima, sensuale.

Lei mi dice che suo marito l’ha tradita senza dirglielo e che lei se l’è presa per la bugia, non per il tradimento in se stesso.

Veronica mi dice che i patti era dirselo e magari condividere la partner insieme, come già era successo altre volte.

Veronica mi bacia sulla bocca, mi dice di non pensare a suo marito, ma a noi due. Io vado giù, metto la testa tra le sue gambe e la lecco in maniera profonda, come piace a lei.

Lei viene, ma non squirta. Mi dice di non badarci, che comunque è venuta.

Io le dico che vorrei mettere la mia fica sopra la sua bocca e che lei la leccasse.

Lei mi dice di farlo e mi lecca, io mi sciolgo con quelle leccate, quasi le cado addosso, per fortuna, c’è la testata del letto, su cui mi appoggio.

Vengo moltissime volte e mi viene da ricordare quando secoli prima, me lo faceva mio marito, ma Veronica è molto più brava di lui.

Le squirto in faccia in maniera abbondante, ma lei è contenta e dice che ora lo debbo fare a lei.

Mi metto sdraiata, lei viene con la fica sopra la mia bocca e io prendo a leccarla, leccarla, lei viene, geme come una porca, fin quando non squirta in maniera più copiosa di me.

Mi dice che non aveva mai squirtato così tanto in una sola volta.

Mi confida che nei giorni scorsi oltre ad aver rapporti quotidiani col marito, cosa che non succede quasi mai, si è anche masturbata moltissimo.

Veronica mi dice che non mi rendo conto della mia sensualità e della mia carica erotica.

Io le rispondo che l’attribuisco alla mia voglia arretrata.

Lei mi dice che non è solo quello. La carica erotica ha a che vedere con la sensualità e che quella è innata.

Io le dico che anche lei è molto sensuale, che mi fa impazzire. Lei mi dice che anche per lei è lo stesso.

Poi, si gira prende da un cassetto due dildo identici e un dildo più piccolo, troppo piccolo. Le chiedo a che serva e lei mi dice che l’ha comprato per il mio culo vergine.

Io arrossisco, lei mi mette un dito nel culo, io gemo, mi piace, non lo credevo.

Veronica senza dirmi nulla, mi infila il dildo piccolo, mi piace, gemo, gemo, lei me lo infila tutto e mi dice che considerata la mia porcaggine, oggi stesso potrò passare al dildo grande.

Io le dico che ho paura, lei mi dice che è esperta di buchini e che il mio è abbastanza largo per essere vergine.

Le confesso che mi sono sverginata l’ano con una zucchina imbevuta d’olio. Lei mi bacia in bocca e mi infilo il dildo grosso, io le dico che mi fa male, lei mi risponde di attendere il piacere, che arriva così inaspettato che mi fa tremare le gambe.

Lei mi bacia ancora, mi dice che sono una cagna in calore. Io le dico che non mi piace essere chiamata così.

Veronica mi chiede scusa e mi chiama la sua grande porca.

Mi toglie il dildo, poi prende l’altro, me lo infila nella fica bagnatissima e vengo molto rapidamente.

Lei si mette a pecorina, mi dice di infilarle il dildo che ha usato nella mia fica nel suo culo. Veronica mi dice che è bellissimo sentire il dildo umido dei miei umori.

Io le dico che la cosa mi fa molto eccitare, che ho voglia di masturbarmi, lei mi prega di attendere di averle trombato il culo.

Veronica viene molto rapidamente e io posso masturbare la mia fica bagnatissima, tanto che, ci entrano ben quattro dita.

Lei mi chiede se ho mai provato il fisting, io le dico di no, che ho paura di infilare una mano nella fica. Ci provai, ma me ne entrò solo la metà.

Veronica dice di farle vedere, io lo faccio, lei mi spinge la mia mano dentro, tocco le mie pareti interne, ma non è che provi chissà cosa.

Lo dico a Veronica che invece è bagnatissima, tanto che riesce a fare il fisting da sola.

Io la guardo ammirata e mi bagno. Io glielo dico, lei si leva la mano dalla fica e prende a masturbarmi.

Mi chiede se ho mai fatto sesso in un luogo pubblico tipo parcheggio, sauna ecc.

Io le rispondo di no. Lei mi dice che una volta l’ha fatto in una sauna e che anzi è stata la sua prima volta con una donna più vecchia di lei, che l’ha istruita.

Io le dico che ha fatto un buon lavoro, ma non riesco a parlare molto, perché inizio a gemere, gemere, fino all’orgasmo più potente mai provato in vita mia.

Lo dico a Veronica che ne è molto contenta.

Guardo l’ora, sono già le sei e mezzo del pomeriggio, le dico che debbo andare a casa a fare la doccia e preparare la cena.

Lei mi risponde che la doccia anzi la vasca la faremo insieme.

Mi porta nel bagno dove c’è una mega vasca, la fa riempire d’acqua, mette i sali da bagno e entriamo in acqua.

Lei va sotto e mi lecca, io vengo ancora e ancora finché le dico che mi sembra sia passato molto tempo e infatti sono già le diciannove.

Mi asciugo e mi vesto rapidamente e scappo via, dopo averla baciata e palpata con passione.

Le dico che le messaggerò appena arrivata a casa.

Lei sembra un po’ delusa, ma le dico che debbo assolutamente andarmene.

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Insieme nella trasgressione

Posted by admin under Incontri Erotici on sabato Feb 4, 2023

Mi chiamo Sandro, sono alto 1,75, capelli neri corti e un po’ di barba sul viso, che tengo sempre corta. Fisicamente sono abbastanza robusto, ma non grasso. Son sposato da due anni con Sara. Sessualmente parlando, ho un cazzo nella media, abbastanza grosso, ma non eccessivamente lungo. Ci fidanzammo nel lontano 2008, poi siamo stati conviventi dal 2010, per infine sposarci ed aver messo al mondo due figli. Sara è una bella donna, con un seno favoloso, una 4ª bella piena che, dopo le gravidanze è diventata ancora più abbondante. I suoi fianchi sono tondi, il suo corpo è morbido e burroso e le sue cosce, bianche, sono davvero stupende. Ha una bella fica larga e carnosa, che a me piace molto scopare. Lei è nata in un altro paese europeo, ma, da piccola, è venuta a vivere nella mia città. Quando ci siamo conosciuti ed abbiamo iniziato la nostra storia, lei aveva già avuto, del resto come me, le sue brave esperienze. Mi ha raccontato che il suo approccio al sesso è avvenuto verso i 14 anni, la sua prima esperienza l’ha fatta con la sua migliore amica. Un giorno che erano rimaste da sole in casa ed hanno iniziato a raccontarsi, a scoprirsi e leccarsi tra di loro, la mia attuale moglie e l’allora sua amichetta riuscirono addirittura a godersi un bellissimo 69, raggiungendo il loro primo travolgente orgasmo. Sempre nello stesso periodo, si era invaghita di un suo compagno: ogni pomeriggio, dopo la scuola, andavano in camporella, sotto un albero, dove ebbe modo di iniziare a far i primi pompini.

«Dai, Sara, impara a succhiarmelo.»

Lei, ben presto, seguendo i suoi insegnamenti, iniziò a succhiare il cazzo del suo amico. Le piaceva moltissimo sentirlo scivolare nella sua bocca e gonfiarsi di piacere. Quando, poi, era prossimo all’orgasmo, lei se lo sfilava dalla bocca e si lasciava sborrare sul seno, che era già grosso e voluminoso. Provava una sensazione bellissima a sentire quella crema calda sulle sue tette.
Un giorno furono beccati da altri tre ragazzi. Fu una cosa proprio improvvisa quando lei ed il suo amico si trovarono circondati da quegli altri ragazzi.

«Caspita! La tua amica è proprio una bella succhiacazzi! Dai, puttanella, succhia anche i nostri! Adesso, o lo succhi anche a noi, oppure andremo in giro per il paese a raccontare che ti abbiamo beccato a succhiare il cazzo al nostro amico.»

Naturalmente lei, sotto la minaccia del turpe ricatto, dovette provvedere a succhiare il cazzo a tutti e quattro. La cosa, nel suo insieme, non era poi tanto drammatica, ma l’unica cosa che le dava particolarmente fastidio, era che, quando sborravano, le tenevano la testa bloccata con la mano, costringendola ad ingoiare la sborra, cosa che a lei non era mai piaciuto fare, preferendo riceverla sulle tette. Dopo quella esperienza, col passare degli anni, aveva avuto anche altri fidanzati, che le avevano fatto migliorare di molto la tecnica del pompino, così come era diventata brava a baciare e, soprattutto, far delle buone seghe. Dopo i 18 anni, era ancora vergine, sia di figa e di culo e, un giorno, un nuovo fidanzato, la portò in una casa in campagna e le regalò dei perizomi. Nell’occasione, lei si spogliò, li indossò e fece una sfilata per lui. Così, mezza nuda, si mise in ginocchio a succhiar lui, seduto sul divano, fino a farlo godere. Più o meno nello stesso suo periodo, anch’io avevo avuto le mie prime esperienze sessuali, iniziate da giovincello con rapporti bisex. Le avevo fatte con un amico vicino di casa, di qualche anno più grande di me: un pomeriggio, dopo la chiusura dell’officina del padre, mi fece incuriosire a guardare un giornaletto porno. All’ epoca era una novità assoluta per me. Accettai e ci trovammo dentro l’officina a guardare immagini porno, che mi fecero eccitare nel vedere tutti quei corpi nudi.

«Ti piacerebbe vedere il mio cazzo?»,

È quanto mi propone ad un certo punto.

Essendo di qualche anno più grande di me e già bene sviluppato, accettai e lui lo tirò fuori e mi invitò dapprima ad accarezzarglielo.

«Ti piace? Lo senti come è grosso e duro! Accarezzalo dai, che vedo che ti piace sentire come è caldo e palpitante.»

Poi, volle mettermelo in bocca e così mi trovai a fare il primo pompino della mia vita. Inutile dire che mi è piaciuto un sacco ed abbiamo continuato a vederci per anni, anche da fidanzati prima, e sposati poi. Naturalmente queste non sono state solo le uniche mie esperienze sessuali, ho anche dato seguito al mio appetito e prurito sessuale, come altri adolescenti. Un giorno, ero solo a casa e, mosso da una certa curiosità, mi son ritrovato a frugare tra le cose di mamma, trovando un po’ di biancheria intima, autoreggenti, baby doll, perizomi e, per ultimo, un grosso fallo di plastica. In quel momento mi si è aperto un mondo, non immaginavo che lei potesse metter in pratica o avere cose legate all’eros ed al sesso. Ho iniziato a spiarla in bagno, quando ne avevo l’occasione, ed è stato un autentico spettacolo per me. Alta 1.70, forme morbide e tonde, una 5^ di seno, bel culetto e figa con un po’ di pelo. Avevo trovato un buon punto d’osservazione dal sottoscala, dove vi era una scarpiera, attraverso il quale riuscivo a vederla in tutta tranquillità. Era molto eccitante per me spiarla, perché questo faceva impazzire i miei ormoni giovanili che andavano a 1000! L’ho vista in tanti modi; a pecora, mentre, tutta nuda, faceva lo shampoo, con labbra di figa e culo in bella vista, mentre, dentro la vasca si insaponava tutto il corpo e, infine, mentre si sciacquava, per poi scappare via a masturbarmi, come un ladro. Nel contempo avevo fatto amicizia con un ragazzo mio coetaneo e sua sorella. Eravamo subito diventati molto amici, in specie con il ragazzo. Spesso andavo a casa sua per far i compiti e, anche lì, abbiamo iniziato a raccontarci, a scoprici e spiare sua mamma adottiva in bagno, per poi proseguire tra noi ad eccitarci. Questo ragazzo era super dotato: aveva un cazzo grosso e lungo, ricurvo verso sinistra. Non vi dico che gran goduria quando ci masturbavamo a vicenda. Ovviamente, lo spiare mamma, mi portava a parlare e confidarmi anche con il mio amico, quello del giornaletto porno, per dopo, assieme, confrontarci fino a trovarci belli nudi a segarci, succhiarci, fino a quando, un giorno, mi prese da dietro dandomi tanto dolore, ma anche non poca goduria. Dopo qualche tempo, alla festa del paese, incontrai Sara. Iniziammo a dialogare e scoprimmo che avevamo una certa attrazione reciproca; si scherzava, fino al giorno in cui, rimasti soli, mi diede del gay: ovviamente quella sua mi era apparsa come una sfida, per cui provai subito a baciarla e lei ricambiò. Da quel momento ci mettemmo assieme. Lo stesso giorno siamo andati nella seconda casa dei miei, dove ci siamo spogliati ed abbiamo preso ad esplorare i nostri corpi, mentre limonavamo. Ad un tratto vedo lei che afferra il mio cazzo ed inizia a farmi una sega. Poi, dopo, lo prende in bocca, senza che io le dicessi niente ed inizia a farmi un pompino con i fiocchi. Subito mi son reso conto che lei era abbastanza esperta e, da quanto scoperto in seguito, ne ho avuto conferma. Unica cosa: era vergine sia di figa che di culo; mi ha stupito, ma mi ha fatto piacere d’esser stato il primo a penetrare quei suoi buchetti. Il fidanzamento tra noi andava bene. Ci trovavamo quasi tutti i pomeriggi a limonare, succhiarci fino al giorno che ho preso la sua verginità, in entrambi i canali. Eravamo, come al solito, nella seconda casa dei miei e, mentre ero disteso sotto di lei che si godeva il mio cazzo in bocca, improvvisamente, si è sistemata per bene su di me, lo ha afferrato e, dopo averlo appoggiato fra le labbra ben lubrificate dai suoi stessi umori, si è lasciata andare, impalandosi con facilità. Per un solo attimo ho visto sul suo viso una smorfia di dolore, ma poi, quasi subito, ha assunto l’espressione dell’estasi. Dopo aver goduto diverse volte, si è girata e, messa a pecora, mi ha offerto anche l’altro buco.

«Dai, completa l’opera! Sfondami anche il culo!»

Ho messo un po’ di saliva nel buco, così che, quando ho preso a dilatarlo con la punta del cazzo, ha opposto una lieve resistenza. Mi son fermato per paura di farle male, ma lei mi ha incitato a spingere senza remore.

«No, non ti fermare! Spingimelo tutto dentro. Lo voglio sentire tutto, fino in fondo»

Ho aderito alla sua richiesta e sono affondato dentro di lei. che ha avuto un sussulto e poi ha preso, man mano, a godere anche da quel buco. L’estate successiva è tornata nel suo paese di origine e i suoi genitori, di quelli di vecchio stampo, volevano che la figlia sposasse un uomo scelto da loro. In quella circostanza, la obbligano a lasciare me e mettersi con un ragazzo per un matrimonio combinato anni prima. Lei, sebbene titubante, accetta e va subito a convivere con lui. Lui la scopa tutti i giorni e lei scopre che il cazzo del giovane, a detta di Sara, non era tanto più lungo, ma di certo più grosso del mio e questo le piaceva molto. Il tipo era molto rude, la trattava un po’ da puttana, se lo faceva succhiare, la scopava a pelle e le veniva dentro. Lei si faceva scopare alla missionaria oppure a smorza candela, ma lui non sembrava mai sazio; dopo un pompino, come preliminare, lui la penetrava senza tanti riguardi e lei godeva tra le braccia del tipo; un paio di volte si era anche fatta inculare con tanto di farcitura del culo, ma quel rapporto non dura a lungo. Dopo circa una quarantina di giorni, lui inizia ad esser violento e lei decide di lasciarlo. Quando ritornò da me, io mi sentivo un po’ ferito e risentito, perché ero stato scaricato senza motivo, ma adesso che si era resa conto che lui era uno stronzo, mi riviene a cercare? Dopo che lei ebbe ad assicurarmi che quanto successo non era nelle sue intenzioni, ma aveva fatto in modo da compiacere i genitori, per poi rendersi conto del grave errore, decidemmo di rimetterci assieme. Nel frattempo avevo trovato un lavoro al nord e decidemmo di andare a convivere in un posto dove nessuno ci conosceva. Iniziò così la nostra vita di coppia. Ben presto mi resi conto che entrambi avevamo delle fantasie che sorgono gradualmente, mentre ci raccontiamo la vita vissuta prima di conoscerci. Io, gran porco, cerco di coinvolgerla, di parlarle, di sapere cosa ha fatto, quali esperienze ha vissuto e se ha desideri irrealizzati. Cerco anche di capire se le nostre esperienze ci hanno lasciato ancora la voglia di sperimentare e/o vivere nuove emozioni. Nel confrontarci, emerge il suo desiderio di esser presa tra due uomini e, ovviamente, le propongo di farlo, ma lei conserva qualche reticenza e, quindi, cerco di esortarla gradualmente. Per cominciare, un pomeriggio, ci rechiamo in un posto particolare, un sexy shop, rassicurandola che poteva fidarsi di me, che non sarebbe successo nulla che non volesse, che eravamo in una grande città dove nessuno poteva conoscerci. Entriamo e guardiamo dei vestitini, della lingerie che, dopo aver ammirato quella di mamma, ne ero stato sempre attratto e lo sono ancora oggi. Scegliamo qualcosa e poi vengo attratto da un vibratore: prendiamo anche quello, paghiamo e andiamo via. Arrivati a casa, dopo una bella doccia, la invito a provare i nuovi acquisti, cosa che lei fa molto volentieri. Inizio a fare qualche foto e le propongo di registrarci su A69, giusto per guardarci intono. Un giorno, mentre curiosavamo, ci siamo imbattuti in un trans, con cui, tramite webcam, abbiamo avuto la nostra prima esperienza con una terza persona, anche se non dal vivo: la tipa aveva un bel cazzone che faceva gola a Sara. Mentre lei ci guardava, abbiamo limonato, ci siamo succhiati e leccati per poi finire a scopare con la nostra amica che ci incitava e si segava.
«Bravo! Leccale anche il culo! Dai che la voglio sentire mentre gode! E tu, cara, succhiagli il cazzo!»
È stata davvero una bella esperienza che ci ha permesso di rompere un po’ il ghiaccio e spingerci ad intraprendere la fase successiva. Per un po’ abbiamo scopato sull’onda delle emozioni provate, mentre io cercavo di andare oltre, così si è dato il via ad un tira/molla. Lo facciamo, non lo facciamo, fino a quando si è convinta ed abbiamo incontrato, per la prima volta, il nostro singolo. Dopo aver fatto la sua conoscenza davanti ad un caffè in un bar e scambiato due chiacchiere, siamo andati a casa nostra. Appena in camera da letto, si siamo spogliati e Sara si è subito scaraventata sul tipo, iniziando un goloso pompino. Io mi sono trovato dapprima a guardare, pervaso da un sentimento misto di gelosia ed eccitazione. Vedere lei giocare con un altro, vederla scopata alla missionaria, per poi passare alla pecorina, dove potevo ammirare le sue tettone sobbalzare ad ogni colpo, non ho resistito oltre ed ho provveduto a infilarle il mio cazzo in bocca. Poi lei ha fatto stendere supino l’amico, gli è salita sopra scopando nella sua posizione preferita: lì, ha provato pure la doppia vaginale, fino ad esplodere in un orgasmo squassante. Poi le ho proposto:

«Allungati su di lui, che voglio infilarti il mio cazzo anche nel culo! Dai, godi, troia sfondata!»

Mi sono inginocchiato dietro di lei e gliel’ho spinto a fondo, con l’idea di incularla, ma è scivolato più in basso e lei ha sperimentato una doppia vaginale che l’ha fatta davvero godere.

«Ooohhh SI! MI SFONDI! VENGO! Mi fai impazzire!»

Dopo aver goduto due orgasmi molto intensi, ci siamo divisi e, mentre io la scopavo alla missionaria, la mia maialina, che non ama la sborra in bocca, ha succhiato il tipo fino alla fine, per poi farsi sborrare sulle sue fantastiche tettone. Quando il tipo è andato via, ci siamo raccontati le sensazioni che avevamo provato in quella esperienza. Le ho chiesto come mai si fosse lasciata andare con lui, ma mi ha risposto di esser stata spronata solo da un sentimento di cortesia e di ospitalità. Nonostante il piacere provato, abbiamo preso a scopare di nuovo. Nelle settimane successive, quel fatto si è rivelato un ottimo stimolo, che ci portava a scopare ancora, con sommo piacere.
Nei mesi successivi, lei si è dimostrata sempre più pronta ad osare. In occasione del viaggio di ritorno dalle ferie, partiti di sera dal piccolo paese dove avevamo soggiornato, lei si era esibita in pose a volte molto osé, mentre eravamo in auto e, per tutto il viaggio, abbiamo parlato di “porcate” varie, io le ho toccato di continuo le tette e quel gioco mi ha eccitato così tanto che, alla fine, ho dovuto ricorrere ad un bel pompino. Ai primi di ottobre, siamo andati in un parco giochi e, al ritorno, in autostrada, lei con tette al vento, ha provocato tutti i camionisti che sorpassavamo.
Nel frattempo abbiamo cambiato casa, quindi solito tran tran, seconda gravidanza, poi arrivo del covid; conosciamo un vecchietto nel palazzo con cui a volte vado a pescare. Ben presto fra me e lui si instaura una simpatica amicizia ed un bel rapporto confidenziale. Ci si trova a bere una birra o un caffè, ed anche Sara partecipa alle discussioni attivamente, con anche battute e doppi sensi. Il tizio maturo ci racconta che, a suo tempo, bucava anche il muro da quanto gli veniva duro. Sara ovviamente lo sfotteva perché, alla sua età, over settanta, di sicuro non gli veniva più duro. Poi lui ha avuto dei problemi di salute ed aveva bisogno di una badante, così ha chiesto aiuto a mia moglie. Lei ha iniziato a prendersi cura di lui e, quando lo spogliava nudo per lavarlo, gli ha preso il cazzo in mano, scappellandolo e agitandolo un paio di volte e lui le ha sorriso, perché, anche se non perfettamente duro, era evidente che, a sentirlo nella sua mano, era una cosa che gli faceva molto piacere e lei, un giorno che si sentiva particolarmente troia, gli ha permesso di farsi toccare le tette e lui ha avuto un sussulto di piacere non indifferente. In seguito lei gli ha preso il cazzo in bocca e ancora non gli è venuto duro, ma lui ha emesso un gemito di piacere e le ha detto: “Sara, sei la migliore!” A me lui non ha mai detto nulla ed io mi son sentito felice del fatto che quella zoccola di mia moglie aveva regalato un attimo di felicità a lui, che le è sempre rimasto infinitamente grato.

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Il tramonto si spappola sui terrazzi incatramati di Montecalvario, zeppi di antenne, paraboliche e panni stesi ad asciugare, schizzando ovunque il suo arancione acido e malato, come un enorme loto maturo caduto a bomba sulla città. L’umidità però rimane ancora ben oltre i livelli di guardia e fissa il calore sulla pelle, spalmandolo come melassa e facendolo evaporare in sudore ad ogni minimo movimento – sia anche il breve spazio che devo coprire per portarmi alla bocca una cicca di trinciato, mentre mi dondolo pigro sull’amaca assicurata ai pali mangiucchiati dalla ruggine della veranda sfacciatamente abusiva. Ingollo birra fredda in lattina, cullato ad occhi chiusi dai rumori della strada – grida di venditori di ogni genere alimentare, per lo più, esposto su bancarelle malferme prede di nugoli di mosche e zanzare, ma anche scatarrate di mezzi con la marmitta truccata, urla di ragazzini e delle loro madri, e dei padri-mariti-amanti davanti ai bar, assiepati intorno ai tavolini o in piedi alla porta a mandar giù arachidi e spritz.
In questa atmosfera calda e sonnacchiosa, sebbene brulicante di vita come un verminaio, in mutande e torso nudo, spulcio un po’ di notizie locali sul laptop poggiato sulle gambe nude e sudaticce. Ho un pezzo da scrivere per “Storie di quartiere” e mi serve ispirazione, per non dire di una storia bell’e confezionata sulla quale ricamare appena un po’, attenendomi con rigore al verosimile, quando non alla realtà cruda così com’è, o almeno come mi si palesa. Mi sa che Veronica ha ragione, non ho immaginazione né fantasia né gusto per l’intreccio. Il mio sguardo sul mondo è breve, di respiro corto, non ha lunga gittata né profondità. Tutto ciò che faccio è accogliere le persone, meglio: il loro personaggio, ciò che mi mostrano, per raccontarne quel frammento di vita che lasciano dopo il fugace passaggio – chioso distratto, attratto dalla notizia che occupa il taglio alto della versione online del Mattino.

“Gennaro Cusani, diplomando del Liceo classico Sannazaro, fiore all’occhiello dell’intera città di Napoli, si aggiudica entrambe le medaglie d’oro alle Olimpiadi di Latino e di Greco. È la prima volta nella storia della competizione, riservata agli alunni dei Licei italiani, che uno studente trionfa in ambedue le categorie. Il giovane umanista, all’interno della cerimonia che si terrà a Roma presso l’Hotel Continental l’ultimo giorno del mese, sarà premiato dal sottosegretario del MIUR davanti a tutte le autorità competenti e insignito di una borsa di studi che ne garantirà il percorso universitario, che già si prefigura come brillante. La notizia ci rende ancor più orgogliosi di questo giovanissimo umanista nostro concittadino se consideriamo l’ambiente popolare dal quale proviene, ovvero da quei Quartieri che notoriamente, e tristemente, fanno parlare di sé più per la cronaca nera che per realtà di questo tipo.“

Hai capito Gennaro – mi complimento, unendomi idealmente al coro dei plaudenti – bravo, bravo bravo bravo. Quindi, rimuginando sulla notizia, mi alzo, recupero un altro paio di birre dal frigo e ritorno sull’amaca. Accendo una sigaretta, aspiro per qualche secondo e apro un nuovo file word, salvandolo col nome del suo nuovo protagonista.

*

Gennaro Cusani non è certo quel che si è soliti definire un adone. Sul metro e settanta, tarchiato, collo taurino, un paio di occhietti da topo infossati in occhiaie profonde come zuppiere, una braciola al posto della bocca un po’ troppo vicina al naso carnoso e infestato da punti neri grossi come moscerini, la Natura si è ulteriormente accanita facendogli dono di una devastante acne che gli accende il viso di puntolini giallognoli pulsanti come neon nella notte, e che tiene ben distanti le ragazze, come se la scritta contenuta in quei neon facesse prefigurare il contagio di una vita disgraziata alla mercé dello sberleffo e dell’emarginazione sociale. E in effetti un emarginato, Gennaro Cusani, lo è per davvero – sebbene si tratti di un’emarginazione volontaria, un ritrarsi consapevole dentro sé stesso, un autoesilio in un mondo fatto di scuola e di silenzi chiuso in camera. Persino i suoi genitori si sono rassegnati ad averlo solo a tavola e, dopo lungo tempo di angosce per vederlo così fuori dalla vita, così diverso e lontano dai suoi coetanei, hanno riposto entrambi, il signore e la signora Cusani, una incondizionata fiducia nel futuro di quel figliolo sfortunato nelle fattezze ma così brillante negli studi, tanto da meritarsi l’epiteto di Leopardi – anzi, giacomoleopardi tutto attaccato – sia tra la scolaresca del Liceo classico Sannazaro, sia tra la ciurmaglia di ragazzini del suo quartiere, certo meno raffinata ma non per questo meno sincera.

Da parte sua, lo sconcecanome che gli hanno affibbiato non gli dispiace affatto. Del resto, prima ancora che glielo appiccicassero, già per conto suo aveva istituito più di un’analogia con l’illustre recanatese, dall’oggettiva bruttezza del corpo all’amore per le lettere. Poi, la sua fantasia si era spinta oltre, fino ad un’identificazione che lo portava, nell’alcova protetta della sua immaginazione, a teorizzare possibili situazioni fonti ispiratrici dei canti del poeta. E così, quando ebbero inizio gli immaginifici tormenti delle tempeste ormonali, si figurava Leopardi sul «verone del paterno ostello» che guardava Silvia intenta a filare, mentre la sua voce flautata intonava arie che riempivano le «quiete stanze» tutt’intorno, saturandole di febbrile elettricità, del tutto  simile a lui che, da dietro le tende della sua mansarda – tirata su abusivamente sul terrazzo patronale dalle mani esperte del signor Cusani, mosso dalla volontà di preservare l’intimità e lo studio di quel figliolo così promettente – cazzo stretto nel pugno, spiava la bella Giorgina (cfr. l’omonimo racconto: La bella Giorgina), la ragazza che lavorava ad ore nell’appartamento di fronte cantando non certo il Metastasio, bensì una più in voga Maria Nazionale, mentre energicamente ci dava di straccio e di ramazza, e, anche se non c’erano viottoli e il mare non si vedeva da lì, la sua voce emergeva lo stesso sopra gli strilli nel vicolo e sulle sgasate assordanti dei mezzi truccati. E più spingeva in avanti la scopa, chinandosi col busto, dal quale ballonzolavano armonicamente le tette, e più la gonnella le risaliva svolazzante sulle cosce tornite e brune, che subito riverberavano sulla retina di Gennaro, ghermendone la voglia già eccitata. Eh sì, per la miseria, che pur il divino Giacomo se lo sarà tirato un raspone mentre indovinava le fattezze di Silvia sotto le vesti austere! Una raspa con tutti i crismi del caso, immaginandola prona davanti alla sua erezione prepotente, tenuta su da un afflusso copioso di sangue blu, proprio come la vide tempo prima di ritorno da una delle sue passeggiate solitarie – fantasticava Gennaro – curvo sui suoi passi e libri sotto al braccio ad appesantirne ancor più l’andatura sbilenca, quando, attratto da un tramonto porporino che come bava calava lungo il Monte Tabor, investendo di luce arancia ogni cosa che incontrava al suo passaggio, si diresse verso la rimessa delle carrozze, nei pressi della stalla, da dove gli parve di udire strani suoni. E affacciatosi sull’uscio, la vide, la bella Silvia «dagli occhi ridenti e fuggitivi», sprizzare vita e gioia mentre, bocconi su una balla di fieno, le vesti accartocciate sulla groppa, le candide brache alle caviglie, offriva un culo florido e tondo, come un melone venuto su col sole di mezzanotte, al factotum della residenza Leopardi, un giovane gagliardo e forte, dalla pelle olivastra, un saraceno tutto nervi e muscoli e cazzo, che se la fotteva alla grande tenendola stretta per i fianchi larghi da puledra, elogiando ad ogni affondo la consistenza di quelle chiappe michelangiolesche e le inequivocabili virtù di una fica idrovora, che sembrava stesse facendogli un pompino, da tanto che era stretta e umida. E vuoi vedere che il Vate illustrissimo non si sia slacciato la patta con la mano libera ed estratta la mazza già pronta non se la sia lisciata per benino? Massì, massì che l’ha fatto, proprio come l’ha fatto lui, Gennaro Cusani alias giacomoleopardi, quando Ciruzzo Scarfoglio, professione meccanico, ha fatto irruzione nella casa di fronte, della quale la madre è proprietaria, s’è sfilato la salopette di jeans macchiata di grasso e, a beneficio di tutti e tre, s’è scopato Giorgina sul tavolo della cucina – né più né meno di come fece la settimana prima il signor Scarfoglio, ad ulteriore testimonianza che buon sangue non mente. Stessa situazione, dunque, solo che Leopardi, quello vero, ci ha scritto A Silvia, lui, Gennaro Cusani, invece, ci ha perso su diverse diottrie. C’est la vie!

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La famiglia Cusani abita nei Quartieri spagnoli, sulla salita del Montecalvario, luogo in cui ristagna la napoletanità più verace ma al contempo vi germina criminalità, prostituzione, camorra, un luogo saturo di vita in tutte le sue epifanie più violente e genuine, ma nel complesso poco proclive ad incoraggiare tra i suoi abitanti l’amore o soltanto l’interesse per i libri. Non si vuol fare di tutt’erba un fascio, ma la realtà scrutata da Gennaro, dall’alto della sua finestra, è pregna di volgarità, violenza, sporcizia. Tuttavia, contrariamente a quanto si possa immaginare, vista la discordanza della sua persona col quartiere, Gennaro ama questo posto, ama i vicoli stretti e bui, i palazzi scuri e decadenti uniti fraternamente da corde con panni stesi ad asciugare, ama il fracasso assordante dei motorini truccati, le urla di venditori di qualsiasi cosa, i movimenti furtivi degli spacciatori, ama le voci sguaiate delle matrone sedute fuori ai bassi, su sedie impagliate che spariscono sotto i loro grossi deretani, ama le ragazze del quartiere, specie quelle volgari, sboccate, ignoranti come capre ma che glielo fanno rizzare con un solo sguardo o alla prima accennata piega delle labbra imbrattate di rossetto, labbra che sembrano disegnate apposta per succhiargli l’uccello, nella sua fantasia, ma che nella realtà non hanno mai neppure proferito il suo nome di battesimo. È il suo popolo, questo, e lui lo ama di un amore incondizionato sebbene silenzioso, ma non per questo meno tenace. E per nulla al mondo si allontanerebbe dalle pareti ammuffite della sua mansarda, così non c’è da stupirsi se, in virtù del primo premio vinto in ambedue le sezioni delle Olimpiadi di Latino e di Greco – episodio unico e molto probabilmente irripetibile nella storia della competizione – l’osannato umanista in erba, Gennaro Cusani, cui le maggiori testate di giornali e online hanno dedicato articoli gravidi di sperticate lodi, non sia col tripudio nel cuore e nella pancia che si è preparato a partire per Roma, sede naturale per la premiazione dei giovani cultori delle discipline classiche.

Se, dunque, delle qualità del cervello di Gennaro Cusani si sono presto accorti tutti i professori di ogni ordine e grado, ivi compresi i mammasantissimi giurati del più prestigioso concorso nazionale per giovani letterati, di un’altra proprietà di cui è – inconsapevolmente, per inciso – fornito se ne ignora l’esistenza. Trattasi di una virtù meno apparente – come ebbe a dire il Poeta, – ma che può tener testa ad un buon cervello, se utilizzata come si deve. Ma al momento della partenza, lì al binario 12 della Stazione Garibaldi, mentre abbraccia i suoi genitori commossi e prodighi di raccomandazioni – mangia, a mammà; statt accort ‘a gent, a papà; telefona! (quest’ultima esortazione in coro) – col borsone a tracolla che rende più goffi i suoi movimenti naturalmente impacciati, il giovane Cusani proprio non lo sapeva che fra le cosce, protetto dal vuoto d’aria di calzoni larghi a vita bassa – unica (e quanto mai pratica, nel suo caso) concessione alla moda in vigore tra i suoi coetanei – gli spendaglia, adagiato sui coglioni gonfi come un cefalopode al sole sugli scogli di Mergellina, un cazzo asinino, almeno di quattro dita superiore a quello, non certo irrilevante quanto a misure, di suo cugino Arturo, delle cui fattezze prese visione su cameratesco invito dello stesso entusiasta interessato, il quale gli sgranò sotto agli occhi una serie di foto sul cellulare che lo ritraevano in piedi davanti a Maddalena, inginocchiata fra le sue cosce e intenta a fargli una fellatio di discreta categoria, a giudicare dalle pupille che erano lì per schizzare dalle orbite e dall’espressione del giovane manzo, accartocciata sul vuoto aperto dalle fauci nella posa tipica del demente o di un paziente sulla poltrona del dentista. Più che i particolari dell’attrezzo in questione, da rapportare eventualmente al suo, a Gennaro sono rimaste impresse le enormi mammelle di Maddalena, grosse e bianchissime come forme di mozzarella di bufala sulle quali una mano scherzosa aveva posto due fragole mature. A quei dettagli, Gennaro dedicò diverse notti a venire, smanettandosi l’uccello con foga, salivando con occhio sgranato e mordendosi a sangue il labbro inferiore per ricacciare indietro i rantoli del piacere.

Le esperienze sessuali di Gennaro finivano lì, ad un intenso e solitario rapporto con sé stesso. Non c’era mai stato nessun contatto con una donna, nemmeno un bacio, sebbene da qualche giorno, ovvero dalla sempre-sia-lodata prova di greco all’esame di maturità, intrattenesse un’immaginaria liaison con Gaia Sollazzo, la più figa del liceo Sannazaro, la quale, in cambio della versione, lo ricompensò con l’intimo caldo di giornata, promettendogli, a completamento di mercede, una serie di foto la cui audacia sarebbe stata direttamente proporzionale al voto riportato.

Preso posto nel suo scompartimento, al momento ancora vuoto, lato finestrino, Gennaro Cusani recupera dallo zaino una versione economica dei Dialoghi di Platone e un pezzo di stoffa ripiegato con cura estrema e tenuto insieme da un nastro di raso rosso. Ripone l’Invicta sotto al seggiolino e, come se stesse scartando l’involucro di una reliquia, delicatamente con la coppia di pollici e indici scioglie il nodo al nastro, stacca i lembi e, con gli occhi sbrilluccicanti dall’emozione, stringe il contenuto nella mano, se lo porta al naso e l’annusa con forza, come se stesse sniffando una striscia bella corposa di cocaina. Estasiato, infine, si abbandona allo schienale, stende le gambe e scivola nella sua lettura, annusando di tanto in tanto l’oggetto chiuso nel pugno, come un distinto signore che dia un paio di boccate alla pipa quando è il momento, il cui afrore, proustianamente, lo proietta lungo le orbite pindariche dei ricordi e dell’immaginazione, che ad essi inevitabilmente si intreccia, ampliandoli, slabbrandoli, modificandoli com’è nella sua stessa natura.

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