Una dura punizione

Posted by admin under Incontri Erotici on domenica Gen 8, 2023

L’esser fermato dai carabinieri non è certo piacevole, ma il vedere mia zia Floriana mi mise un’agitazione incontrollabile, tanto che mi dovetti sedere per non finire per terra.
Floriana era la sorella di mio padre, capitano dell’arma che i miei genitori chiamavano la talebana per il suo rigido modo di vivere, tanto intransigente che non solo i suoi stessi sottoposti la temevano peggio del diavolo, ma anche i superiori cercavano sempre di tenerla a distanza.

Mentre la vedevo parlottare a bassa voce con un brigadiere, cercai di pensare al meglio, in fondo ero il suo unico nipote, anche se mi aveva ribattezzato il molliccio, ma soprattutto non avevo commesso chissà quale reato, in fondo ero solo in compagnia di alcuni amici in una casa che doveva esser abbattuta.
Sempre cercando di pensare in modo positivo provai a vederla come una normale donna, e se la faccia sembrava tagliata coll’accetta tanto erano dritti i lineamenti del suo viso, fisicamente non era neanche male, tanto che al mare, seppur con uno dei suoi castissimi costumi olimpionici, si faceva notare nascondendo benissimo la sua età.
Quando però la vidi dirigersi verso di me tutta la mia positività andò a farsi benedire e non solo per il ghigno beffardo che aveva stampato in faccia. Il suo era più l’incedere del boia verso il condannato che quello di una zia verso il nipote in difficoltà, ma nonostante ciò tentai di rimanere tranquillo dopo essermi alzato in piedi.

“Allora Lucio vedo che ti riesce impossibile non violare la legge, nonostante non sia poi così difficile seguirla, oppure vuoi dirmi che non avete letto i cartelli col divieto d’accesso?” mi disse ironicamente indicandomi dove fossero posti i segnali di divieto.
“Hai ragione, ma in fondo che male c’è a farsi due birre in santa pace, e poi questo posto non è che sia pericoloso, solo l’hanno costruito senza regole, insomma è solo abusivo.” le risposi cercando di minimizzare la situazione.
“Credo che il giudice sarà interessato a sentire questa tua difesa, in fondo si tratta solo di violazione di domicilio, appropriazione indebita e qualche altro reato che uscirà fuori dopo avervi perquisito per bene, perché sono certa che dalle vostre tasche uscirà ben più di uno spinello.”

Provai a ribattere quando un carabiniere le disse che avevano trovato della marijuana nelle tasche di un ragazzo e che aveva provveduto ad identificarlo ed arrestarlo.

“Ora dimmi Lucio vuoi seguire il tuo amico al comando o la finisci di fare il difensore d’ufficio?”
“Hai vinto, sto zitto, dimmi quello che devo fare.” risposi alzando le mani in segno di resa.

Mia zia mi guardò con uno strano sguardo, che non prometteva nulla di buono, ma almeno non sarei finito schedato, o ancor peggio processato per una bravata.

“Credo che per te ci voglia una sana punizione corporale, quindi o accetti d’esser punito da me a casa mia, o finisci col tuo amico, decidi tu.” mi disse freddamente.
“Scusa cosa vuol dire sana punizione corporale, non vorrai per caso sculacciarmi o cose del genere?” le chiesi quasi ridendo.
“Proprio quello che pensi, ti sculaccerò e non solo con le mani, in modo che tu comprenda l’errore che hai fatto, e domani ripensando alla punizione eviterai di rifare certe cazzate da demente.”

Non so perché ma la mia mente andò subito alla foto di mia zia in kimono, mentre riceveva una medaglia dopo una competizione di non so quale arte marziale, e l’idea che una donna del genere mi picchiasse fu peggio d’un pugno in faccia.

“Ma mi farai male?” domandai sperando non so perché in una risposta negativa.
“Certo che sarà doloroso, e anche molto.” mi disse quasi stupita. “Del resto per come sei cresciuto è già buono che non sei diventato un criminale, con due genitori che ti hanno sempre permesso di tutto e di più. Quindi deciditi o la mia punizione, o la caserma con annessi e connessi.”

Il suo tono spazientito mi fece comprendere che non avevo tempo per scegliere, quella che in fondo era la via meno dannosa per il mio futuro.

“Va bene accetto la punizione, dimmi solo quando e dove.” le dissi a testa bassa.
“Subito a casa mia.” mi rispose seccamente. “Le punizioni vanno inflitte il prima possibile, e non quando c’è la disponibilità di chi ha sbagliato.”

La vidi tornare a parlare col brigadiere di prima, e non so perché pensai che questi fosse ben felice di togliersela di torno, quindi venire da me col suo solito piglio deciso.

“Vieni andiamo da me con la mia macchina, pensa che sei stato fortunato che quel sottufficiale visto il tuo nome mi ha chiamata chiedendomi se siamo parenti, altrimenti era sul cellulare coi tuoi amichetti di bravate.”

Mentre la seguivo pensai che in fondo non poteva certo massacrarmi, al limite mi avrebbe un po’ bruciato il culo, ma nulla di cui preoccuparsi più di tanto, perché mia zia poteva anche essere una mezza stronza, ma non aveva l’aria d’essere una sadica.
Durante tutto il viaggio in macchina mi fece una ramanzina senza fine, durante la quale dissi solo “sì hai ragione”, senza darle troppa attenzione, fantasticando sul fatto che magari quella era solo una scusa per fare del sesso con me, che in fondo ero considerato un bel ragazzo, soprattutto dalle mie compagne di scuola, con le quali avevo un buon successo. Già immaginavo mia zia con le gambe aperte che mi pregava di scoparla come la peggiore delle troie, col risultato d’arrivare a casa sua più eccitato che preoccupato. Floriana abitava in un appartamento in centro arredato in modo assurdamente impersonale, tanto che sembrava più una serie di spazi dell’Ikea che la casa di una donna.

“Rimani qui mentre vado a prepararmi.” mi disse dopo avermi portato in quello che doveva essere il salotto, ma dove in realtà c’era solo un piccolo divano, un tavolo circolare e quattro sedie.
“Va bene zia.” le risposi sperando sempre che si presentasse in lingerie per fare la maiala.

Lei invece tornò dopo essersi tolta giacca e camicia, ma non i pantaloni della divisa, portando con sé una borsa dalla quale tirò fuori gli strumenti per la mia punizione, che sistemò sul tavolo, quasi a mostrarmeli per intimidirmi.

“Oltre alle mani userò questi oggetti.” mi disse mentre indossava dei guanti in pelle nera. “Li ho sistemati in ordine crescente di dolore che proverai, quindi mestolo, spazzola, righello ed infine questo paddle in cuoio, quindi ora togliti scarpe e pantaloni che iniziamo. Prima che me lo chiedi puoi urlare quanto vuoi, questa stanza è perfettamente insonorizzata in quanto di solito c’ascolto l’opera, e odio sentire i lamenti dei vicini.”

Mi spogliai mentre lei s’accomodava al centro del divano, per poi sdraiarmi sulle sue gambe dure come due tronchi.
I primi colpi furono blandi, e credo che me li diede più che altro per ‘scaldarsi’, anche se nell’aria era come se fosse presente la sua insoddisfazione per quello che stava facendo. Così senza dire, e cogliendomi completamente di sorpresa, m’abbassò i boxer scoprendomi le natiche, e a quel punto per me iniziarono i veri dolori. Le sue mani non solo mi colpirono con più forza, e già questo sarebbe bastato per farmi male, ma con una frequenza tale che non riuscivo a far placare il dolore per una manata, che subito ne arrivava un’altra, il tutto alternando in modo perfetto la chiappa da percuotere.
Cercai dentro me stesso la forza per non mettermi a urlare per il dolore, sperando che la finisse al più presto, anche se questo voleva dire solo passare alla spazzola, che mi era chiaro m’avrebbe provocato ancora più dolore.
Con la coda dell’occhio cercai il suo sguardo, che aveva un misto di soddisfazione ed eccitazione allo stesso tempo, come se provasse un certo piacere mentale nel punirmi in quel modo.
Sentivo le natiche bruciare sotto le sue mani che diventavano sempre più calde nonostante fossero ricoperte dai guanti, non sapendo che erano diventate rosse come due pomodori maturi.

“Un minuto di pausa prima di passare al mestolo, e se vuoi un consiglio non ti muovere.” mi disse poco dopo aver finito di sculacciarmi come un bambino.

Provai più che altro a riprendere fiato durante quello che fu il minuto più veloce della mia vita, perché come prese il mestolo in mano, le manate di poco prima divennero un piccolo paradiso.
Mia zia infatti iniziò fin da subito a colpire il mio sedere con forza, tanto che presi a piangere dopo pochissimo tempo, ma nonostante ciò lei rimase imperturbabile alle mie suppliche. Se con le mani i colpi si erano quasi concentrati sulla parte centrale, col mestolo non vi fu pezzetto di pelle che non venne centrato da quel legno.

“Zia ti prego, per pietà smettila, ho imparato la lezione.” le dissi sperando invano d’impietosirla.
“Stai zitto! La punizione va portata avanti sino alla fine altrimenti non è efficace. Dici d’aver imparato ma se non vado fino in fondo tutto ciò sarà inutile, quindi muto e pensa ai tuoi errori.” mi rispose senza mai smettere di colpirmi.

Raccolsi tutte le forze che ancora avevo per provare a divincolarmi, ma non riuscii a togliermi dalla sua presa ferrea, finendo con prendere ancora più colpi e credo anche più forti.
Non mi resi quasi conto di quando lasciò il mestolo per la spazzola, se non per il diverso rumore che questi oggetti producevano suoi miei glutei, col secondo che ne faceva uno di tonalità più alta, tanto da sembrare quasi lo “spatola!” dei fumetti.

“Almeno capisci perché lo sto facendo?” mi chiese senza però smettere d’usare la spazzola contro di me.
“Sinceramente no.” le risposi stizzito.
“Vedi oggi non si usano più le punizioni corporali, e questo è un male perché solo facendovi bruciare il culo imparate qualcosa. Se i tuoi invece di crescerti con quelle loro idee progressiste che non portano da nessuna parte, ai primi errori t’avessero dato una sana lezione come questa, stasera non saresti qui a prenderla da me, che credimi ci tengo a te più di quanto tu possa credere.”
“Quindi mi punisci perché mi vuoi bene ?” le domandai con in testa una gran confusione.
“Sì perché solo così domani non farai gli sbagli di oggi. Una volta le punizioni corporali erano la norma non solo in famiglia, ma anche a scuola, e prenderle davanti ai propri compagni era anche un’umiliazione quindi si rigava dritti per evitarla.”

Arrivai al punto di non sentire quasi più dolore, ma un bruciore così intenso che già quello da solo era una tortura, ma fu giusto un breve momento prima che passasse al righello, ultimo strumento di legno usato per punirmi.
Quel sottile ma non troppo, pezzo di legno perfettamente sagomato, lungo una trentina di centimetri, mi tolse ogni voglia di ribellione, tanto erano dolorosi i colpi che Floriana mi diede, in special modo nella parte bassa delle natiche.
Se prima potevo immaginare le mie chiappe rosse, ora dovevano esser più sul violaceo, però non in modo uniforme, ma segnate da una fitto intrecciarsi di linee, come se mia zia avesse voluto disegnare una ragnatela usando il righello.
Cercai nuovamente di scappare, però Floriana non solo non mi fece muovere di un millimetro, ma mi diede un colpo così forte da togliermi il respiro.

“Se provi di nuovo a muoverti giuro che ti metto in piedi e ti batto anche davanti, e poco importa se ti prendo quell’insignificante cazzetto che ahi fra le gambe. Sono stata chiara?”
“Sì zia Floriana.” risposi ferito anche nell’orgoglio.
Mentre piangevo sia per il dolore che per l’estrema umiliazione, sentivo il respiro della mia aguzzina farsi sempre più corto, come se picchiarmi in quel modo la stesse portando all’orgasmo. Da parte mia mi facevano male anche i testicoli che pure non aveva mai centrato, per non parlare del pene che quasi non mi sentivo più.
Compresi che quella punizione non solo mi aveva spezzato da un punto di vista fisico, ma ancor di più da quello morale, avendomi annullato come maschio e distrutta la mia autostima, Per un attimo mi tornò alla mente quando in macchina fantasticavo su un rapporto sessuale con mia zia, non sapendo che sarebbe stata lei a prendersi il mio culo, e ancora andava bene che non m’aveva sodomizzato.
Quando si fermò più che scendere dalle sue gambe, scivolai per terra esausto, non sapendo che m’aspettava l’ultimo ‘trattamento’, quello più doloroso e umiliante.

“Mettiti in piedi contro il tavolo che non ho certo finito.” mi disse quasi ridendo del mio dolore.

A fatica mi sistemai contro il tavolo, ma solo dopo aver visto il mio sedere che aveva ben poco del suo aspetto naturale. I colpi col righello avevano infatti segnato la pelle già rossa per quelli precedenti, e dove le linee si sovrapponevano più volte, il colore era quasi nero, ma soprattutto erano i punti che più mi facevano male.

“Adesso dopo ogni colpo mi ringrazierai per averti punito, sono stata chiara ?”
Avendo oramai capito che Floriana non scherzava mai, domandai cosa dovessi dire, per paura di farla infuriare ancor di più.
“Grazie zia per insegnarmi a vivere rispettando la legge credo che possa andar bene.” mi rispose col suo solito ghigno beffardo.

Al primo colpo di quella che in fondo era un pala di cuoio, urlai a pieni polmoni tanto fu il dolore che mi fece provare, dimenticando la frase che dovevo dire.

“Non ho sentito il ringraziamento.” mi disse dandomi subito un altro violentissimo colpo sempre sullo stesso punto.
“Grazie zia per insegnarmi a vivere rispettando la legge.” le risposi con le lacrime che oramai scendevano senza sosta.
“Bene adesso procediamo con la punizione.”

Non so quante volte quel paddle centrò le mie chiappe, e di conseguenza io pronunciai quella frase per me senza senso, ma il tempo era come se si fosse fermato per vedermi soffrire, gioendo del mio dolore.
Floriana usava quella pala in modo diverso dagli altri oggetti usati per punirmi, facendola quasi roteare per aria prima di colpire la chiappa che aveva preso di mira, centrandola perfettamente il che mi fece capire che non poteva essere la prima volta che usava quella violenza su qualcuno.
Mi era chiaro che mia zia stava godendo nel picchiarmi in quel modo, e non solo perché aveva un’espressione quasi mistica, perfettamente opposta alla mia che del piacere non aveva nulla. Non so come però riusciva a trattenersi, quando magari si sarebbe voluta masturbare anche continuando a colpirmi sino ad arrivare all’orgasmo.
Era anche evidente che non dovevo essere la prima persona che riceveva un trattamento del genere, se non altro perchè la sue esperienza era notevole, altrimenti non avrebbe mai potuto avere quella precisione nel colpirmi.
Il mio cervello invece pensava solo a dire la frase di ringraziamento, mentre sentivo il pene essersi ridotto alla sua dimensione minima.

“E con questa abbiamo finito.” mi disse dopo avermi colpito credo con tutta la sua forza un’ultima volta. “Ora stai fermo che ti metto un po’ di unguento o domani non riuscirai a sederti.”
Fui colpito dalla sua gentilezza, anche perché sino a quel momento era stata di un sadismo che non credevo potesse esistere, e lo fui ancor di più quando mi spalmò una crema piuttosto oleosa, e anche discretamente puzzolente, che però ebbe l’effetto di lenire in modo più che sensibile il bruciore alle chiappe.
Mia zia mi fece rivestire per portarmi a casa, rimanendo in silenzio per tutto il tragitto, e aprendo bocca solo una volta arrivati davanti al mio portone.

“Se rifai una cazzata sappi che userò la frusta, e se stasera ti ho fatto male, con quella lo farò cento volte di più, ciao e salutami i tuoi.” mi disse prima di tornare a casa sua.

Inutile dire che da quel giorno andai più dritto di quel righello che aveva usato su di me.

Note finali:

Per commenti : miss.serenasdx@yahoo.com
(quelli volgari saranno subito cestinati)

Invito tutti a visitare il mio piccolo blog
http://serenathemiss.wordpress.com/

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Tiziano esce di scena

Posted by admin under Incontri Erotici on domenica Gen 8, 2023

La mattina seguente appena mio marito esce, vado da Valeria che non è sola, ma è con Mario, cosa che non mi aveva detto.

Lei mi dice che Mario ha preso un giorno di ferie per stare con noi due. Io le rispondo che volevo stare da sola con lei.

Valeria mi dice che con Mario sarà più bello, sarà più porco come piace a me.

Non faccio in tempo a spogliarmi che Mario mi ordina di succhiargli il cazzo mentre sono lì sento la lingua di Valeria nella fica e ne sono felice.

Mario mi dice di non distrarmi perché il cazzo è ancora moscio e che tanto lo sa che la mia fica è già parecchio calda.

Io non posso rispondere, mi limito a succhiare con vigore il suo cazzo mentre sua moglie mi succhia il clitoride.

Siamo lì sul letto davanti allo specchio, io ci guardo con la coda dell’occhio e mi bagno per la gioia di Valeria.

Mario sembra un po’ contrariato dalla confidenza tra me e Valeria, ma io mi levo un attimo il cazzo dalla bocca e gli dico che va tutto bene e che se non mi desidera me ne torno a casa.

Mario non risponde, ma Valeria mi dice che mi vogliono entrambi.

Io ho un’idea e la esprimo ossia io potrei fare il pompino a Mario mettendomi a pecorina con lui sdraiato mentre Valeria con il dildo mi potrebbe penetrare il culo.

Valeria è entusiasta, Mario non si esprime, ma non mi sembra al massimo della gioia e penso che lui non mi vuole e che mi vuole solo Valeria.

Lui non è aperto dallo stare con due donne o forse la seconda donna dovrebbe essere un’estranea.

Io non lo capisco, non è meglio che abbia già fatto l’amore con tutti e due e che conosca i loro gusti?

Queste cose mi limito a pensarle, ma Mario si è accorto che succhio con meno foga e mi ordina di farlo con voglia.

Io sono annoiata e dico a Valeria di andare al mio posto, lei capisce che c’è qualcosa che non va, ma non mi dice nulla e fa un pompino come si deve al marito, facendolo venire copiosamente tant’è che non riuscendo a ingoiare tutto da sola, mi chiede di aiutarla e così faccio.

Lei per coinvolgermi mi mette la sborra sulle tette e me le lecca mentre Mario ci guarda con gli occhi di fuori dalle orbite.

Ricambio con Valeria e mi metto anche io a leccare la sborra sulle sue tette e poi la mia bocca va su alla sua bocca e ci baciamo con passione mentre Mario continua a guardarci.

Mario a questo punto mentre ancora ci baciamo si mette a leccare la fica di Valeria facendola venire rapidamente.

Gli ordina di leccare anche la mia e anche io vengo mentre ancora ci baciamo poi Mario si tira su, si mette tra noi due e ci bacia prima l’una poi l’altra con uguale passione e ci dice che ci vuole tutte e due, che ci vuole far godere alla grande.

Io mi accorgo che ha già un’altra erezione e lui mi fa mettere sdraiata e mi penetra nella posizione del missionario mentre Valeria mi succhia i capezzoli.

Io sono in paradiso vengo più volte e mi chiedo se prima non abbia frainteso tutto riguardo a Mario.

Lui mi chiede dove voglio la sborra e io gli dico sulle tette, dove vengono spruzzati sei getti abbondanti di sborra che Valeria lecca con molta avidità.

Mario mi dice che è proprio soddisfatto sia di me su cui non aveva dubbi, ma anche di Valeria, che non credeva così aperta da accettare una donna tra di loro.

Io non dico nulla e gli dico di baciarmi sulla bocca, ma non dura molto perché si mette di mezzo Valeria, che ci bacia tutti e due.

Io tocco i seni a Valeria mentre Mario tocca i miei, è bellissimo vederci lì allo specchio, sarebbe da girare un video porno anche se poi temerei che lo vedesse mio marito.

Valeria sembra leggermi nella mente e mette un telefono sul letto che ci riprende, dice che più tardi mi manderà il video e io dovrò mandarle quello della mia masturbazione.

Valeria prende il dildo, a cui ha messo lo strap-on e si mette a inculare Mario che si eccita moltissimo, visto che ha un’erezione enorme perciò mi metto a pecorina e lui mi incula mentre Valeria mi dice che vuole sentirmi urlare.

Io urlo mentre urla anche Mario mentre mi incula che a sua volta continua a essere inculato da Valeria.

Io so di essere super bagnata e non resisto dal masturbarmi mettendomi così con la faccia sul letto e a culo completamente ritto.

Andiamo avanti per non so quanto, in quanto, sono concentrata sui miei orgasmi fino a che ho l’ultimo colossale orgasmo che mi scuote tutta e sento che Mario mi è venuto dentro.

A questo punto, io dico a Valeria che dobbiamo farla godere, ma lei mi dice che è già soddisfatta così, in quanto è la prima volta che incula Mario.

Io le metto una mano nella fica ed è bagnatissima e mi metto a leccarla provocandole molti orgasmi in rapida successione.

Mario ci guarda estasiato e ci chiama le sue porche all’ennesima potenza.

Ci sdraiamo nel letto abbracciandoci e ci addormentiamo fino a pomeriggio inoltrato.

Io mi ricordo che per fortuna mio marito torna per cena, ma dico che debbo andare a casa a fare un minimo di faccende.

Valeria mi dice che poi mi manderà il video e che vuole vedere la mia masturbazione.

Io li lascio da soli un po’ triste perché non ho quell’intesa con mio marito e mai l’avrò purtroppo.

A casa faccio rapidamente quello che devo fare quando mi arriva il whatsapp di Valeria in cui c’è allegato il nostro video, lo guardo e penso proprio che è al livello di video che si vedono on line.

Mi accorgo che sono diventata bagnata, mi masturbo e nel mentre faccio il video che poi mando a Valeria.

Lei mi risponde dopo un quarto d’ora e mi dice che Mario si è eccitato così tanto con il mio video, che ci è scappata una sveltina niente male.

Io rispondo che sono contenta anche se in realtà sono un po’ gelosa.

Lo so, non dovrei esserlo.

Poi arriva l’ora di cena torna mio marito, mangiamo e poi come al solito mi addormento presto sul divano.

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Consulenza

Posted by admin under Incontri Erotici on sabato Gen 7, 2023

Dopo che la più grande delle tragedie greche si era consumata sul pianerottolo di quell’infausto condominio, si ebbero tre giorni di pace, privi di schiamazzi e stranezze. Ma la bucolica quiete non era destinata a durare. Daryna si sfondò di vodka per due giorni di fila, prima di riuscire a tirarsi vagamente insieme. Rasentava a stento standard socialmente accettabili, ma tutto sommato l’edificio aveva visto passare persone in condizioni peggiori: chi si schiantava in bici totalmente ubriaco contro un cancello, chi dava da bere vino alle aloe dei vicini, chi correva per le scale in slip mentre insultava la figlia…
Insomma Daryna non era certo al gradino più basso del degrado, ma bisognava ammettere che nell’ultimo periodo aveva raggiunto il fondo del barile.

Fu con questa consapevolezza che, in un momento di accecante lucidità, ebbe la geniale idea di andare dalla sua così disponibile vicina per chiedere un consiglio sul da farsi. Suonò quindi alla porta e la vicina le aprì preoccupata.

“Ciao. Tutto bene? E’ successo qualcos’altro con Walter?”

“No, no, non è più venuto, ma senti, volevo chiederti una cosa.”

“Certo, dimmi”

“Secondo te, che cosa dovrei fare in questa situazione? Dovrei andare dai carabinieri? Denunciarlo?”

“Guarda, non sono la persona migliore per chiedere una consulenza legale, ma non credo sia necessario. Insomma Walter è un idiota, ma è per lo più innocuo. Secondo me faresti meglio ad ignorarlo e alla fine tornerà a farsi di crack senza pensare più a te.”

“Può darsi. Grazie per l’altro giorno, avevo così tanta paura. Sai, aveva cominciato a seguirmi a lasciarmi messaggi di continuo. Io non sapevo cosa fare, per fortuna poi sei intervenuta tu, non sono proprio il tipo che regge bene queste situazioni, insomma…” bla bla bla.

E fu così che Daryna ammorbò la vicina per mezz’ora con inquietanti storie di stalking e ossessioni al limite dello psichiatrico. In tutta onestà forse la ragazza avrebbe dovuto dirle di chiamare i carabinieri davvero, ma anche Daryna era così socialmente disadattata, che anche loro avrebbero faticato a capire chi dei due avesse più torto.

Terminata la consulenza legale e psicologica, Daryna rientrò in casa e ovviamente non fece assolutamente niente per seguire i saggi consigli della ragazza. Ma come sappiamo cosa fosse passato per la sua testa?

Beh…

Il giorno dopo la povera crista della vicina, tornava a casa dall’università e appena fuori dal cancello del condominio, incontrò Walter.

“Ciao” lo salutò distrattamente.

“Ciao, senti, hai un minuto”

“Ma porca…” pensò la vicina fra sé e sé. “Sì, dimmi” disse voltandosi con un sorriso fintamente cortese.

“Volevo scusarmi per il mio comportamento di qualche giorno fa.”

“Ah sì, non preoccuparti, sono cose che capitano” e fece per andarsene. In tutta onestà, l’aspetto di Walter l’aveva sempre inquietata. Non si capacitava di come Daryna potesse scoparlo. Non che non ci volesse un bello stomaco anche a scoparsi lei eh, ma lui non era solo disgustoso per l’alcol, era proprio ripugnante in generale.

Walter la bloccò sul gradino però.

“No sai, devi sapere che non ho fatto quella scenata per niente.”

“Oh no!” pensò lei. “Ecco, anche lui comincia con la storia della sua vita.”

E infatti. Fu così che la ragazza per sua rovina psichica, ma anche diletto spirituale, venne a conoscenza dei dettagli dell’antefatto della scenata.

In buona sostanza, Daryna aveva finto per due volte il suo suicidio. Aveva chiamato Walter per dirgli che stava andando ad ammazzarsi e lui fuori di sé per la preoccupazione, l’aveva cercata ovunque per poi scoprire che in realtà Daryna aveva solo comprato dei biglietti del treno per tornare in Ucraina. Perché non l’abbia fatto rimane un mistero, ma sta di fatto che, al secondo tentativo, Walter imbestialito aveva dato inizio alla scena apocalittica. Come giudicare chi fosse più malato?

Comunque, naturalmente, anche Walter si avvalse del servizio di consulenza gratuita per problemi mentali, legali e varie. Infine la vicina riuscì a svincolarsi e sperò che fosse finita lì. Povera illusa.

Qualche giorno più tardi si sentì del nuovo trambusto sul solito pianerottolo. La vicina andò a controllare che nessuno si stesse pestando e vide… Giovanni e Walter che si stavano pestando. O meglio Giovanni che con la sua imponente mole era nell’atto di scaraventare e appendere al muro il rinsecchito Walter. Ma facciamo un passo indietro.

***

Quella mattina Daryna si era svegliata di umore migliore del solito e Giovanni ne aveva subito approfittato per fare quattro scatti. Aveva cominciato a baciarla prima ancora che Daryna si alzasse dal letto, prima che si tirasse insieme dal misto di sonno, sbornia e disagio permanente, insomma il momento nel quale si mostrava nel suo più fulgido splendore. Ma chi siamo noi per giudicare il gusto dell’orrido di Giovanni? Dopotutto anche lui era un perfetto ed edificante esempio di umanità. Come quella volta che era rientrato a casa così ubriaco a merda da cercare di aprire la porta a insulti, invece di usare le chiavi. Ma torniamo alla nostra “scena erotica”. Essendo un individuo di siffatte altissime qualità, ovviamente non si curava dell’alito di morte che esalava dalla bocca di Daryna (probabilmente il suo non era migliore). Che bello incontrarsi e confortarsi nella comune disgrazia. Comunque Giovanni aveva cominciato a spogliarla del babydoll (che chic) disordinatamente, mentre Daryna gli infilava brutalmente le mani nei boxer e gli tirava fuori il cazzo già in tiro. Giovanni si liberò finalmente dell’indumento e ficcò la faccia tra le tette di Daryna che rideva come una cretina mentre segava il suo membro già turgido. Nel frattempo le mani di Giovanni erano già volate a lavorarsi la sua figa, già bagnata per deformazione professionale e aveva cominciato a pomparle dentro tre dita, mentre con i denti torturava i suoi capezzoli. Andò avanti per un po’ finché non la ritenne pronta per la monta. Stava lì col cazzo in mano, già pronto a infilarglielo dentro con violenza…

DRIIIIIIIIN!

Il suono insistente del campanello e la voce di Walter, fecero ammosciare all’istante il cazzo di Giovanni.

“PORCA PUTTANA! ADESSO LO AMMAZZO!” gridò furioso mentre si rimetteva in fretta e furia i boxer e spalancava la porta con così tanta foga, da farla cigolare perigliosamente.

Walter, colto di sorpresa, era rimasto immobile con gli occhi spalancati per qualche istante di troppo, perché Giovanni, con una mossa fulminea, impressionante per un uomo della sua stazza ed età, lo spinse contro il muro, gli mise l’avambraccio destro sulla gola e cominciò ad urlargli addosso:

“Devi piantarla di scendere qui, A CASA MIA, e rompere il cazzo di continuo. Vaffanculo! Vattene da qui e non tornare!”

Mentre gli gridava queste cose, Daryna era uscita trafelata e mezza scosciata dalla porta e aveva cominciato a pregare Giovanni di lasciarlo andare. Giovanni afferrò Walter per il bavero e lo spinse lontano da sé, insultandolo.

“Quella stronza mi ha denunciato!” urlò Walter.

“Anche tu mi hai denunciata!”

“Sì e tu hai pensato bene di mandare i tuoi scagnozzi a minacciarmi di lasciarti in pace!”

“E tu nonostante questo sei ancora qui, pezzo di coglione! Ti spacco la faccia! Sparisci!”. Giovanni lo spinse per le scale e Walter se andò imprecando.

Non si può nemmeno dare troppo torto a Giovanni; Walter era diventato così assillante che non si riusciva nemmeno più a scopare in pace. Finita l’ennesima sceneggiata, Giovanni e Daryna tornarono in casa e si versarono un paio di shottini di whisky per calmare i nervi (lo shottino alle 8 del mattino è un toccasana). Rimasero così per un po’, poi Giovanni la prese per mano e la riportò a letto: aveva bisogno di sfogarsi. Buttò sgraziatamente Daryna sul letto e le montò addosso, togliendole nuovamente i vestiti e scendendo sulla figa per gustare un po’ di sapore di donna mischiato a whisky (quanta poesia). Dal canto suo a Daryna non dispiaceva lasciare il lavoro a qualcun altro per una volta, quindi rimase lì immobile a godersi le rozze attenzioni al suo clitoride, anche quando Giovanni le infilò non proprio galantemente il cazzo fino alla cervice. Giovanni la scopò energicamente, durò anche più del solito, doveva essere seriamente incazzato, e la portò impeccabilmente all’orgasmo, sguazzando tra le sue labbrone dilatate, mentre Daryna gridava il suo nome estasiata e lui pompava il suo sperma dentro il suo utero come un iniettore pompa gasolio nella camera di combustione. Giovanni le collassò addosso sgraziatamente, ansimando come un cinghiale sudato. Daryna ormai non ci faceva nemmeno più caso, restava lì a godersi un po’ di calore, prima di tirargli una manata e dirgli che la stava soffocando. Dopo un po’ si alzarono entrambi grugnendo e si prepararono per la giornata.

***

Quella sera Daryna andò a letto con la testa pesante e non solo per l’alcol. Le parole che Giovanni aveva gridato a Walter le risuonavano nella mente. Forse non era Walter a doversene andare, ma lei. Forse era tempo di cambiare aria. Prese così la sua decisione: sarebbe andata via, si sarebbe lasciata alle spalle quel paese del cavolo.

Note finali:

Il mio sarcasmo comincia a prendere a badilate nella schiena persino me, devo darmi una calmata.

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L’incontro

Posted by admin under Incontri Erotici on venerdì Gen 6, 2023

Il citofono suona verso le due, come d’accordo.

– Sono Debra. A che piano?

– Ciao Debra, sali al quarto.

Mi sento pronta, tra poco la rivedrò a tu per tu. Forse riesco a trovarle qualcosa addosso di antipatico, per ridurre l’immagine che mi sono fatta. Ma so anche che è bella e fascinosa, in questa giornata d’agosto che è del tutto speciale.

Quando le apro la porta mi trovo davanti qualcosa di davvero diverso da quello che mi ero immaginata al mattino, o da quello che avevo visto due sere fa. Ho davanti una ragazza normale, bella, appariscente, soprattutto per la cascata di capelli scuri, ma senza più aria da donna fatale. Se non fosse per le scarpe, a tacco alto e di resina trasparente.

Mi sorride e m’accorgo di quanto il suo sorriso sia luminoso, la faccio sedere e la osservo mentre accavalla le gambe, coperte da un pantalone bianco appena attillato. In basso risaltano i piedi, generosamente in vista sotto la resina. Un collo del piede nobile, alto, porta a cinque dita piccole e affusolate.

– Ti va un prosecco che ho in fresco?

Alla sua risposta affermativa la lascio da sola a guardarsi in giro, poi torno dalla cucina con un vassoio e due bicchieri di vino bianco frizzante. Mi siedo anch’io e cominciamo a chiacchierare.

– Sai – mi dice guardandomi diritta negli occhi – la prima cosa che volevo chiederti è se tu di Franco sei innamorata o se…

– Non posso dire di esserne innamorata. Lui non mi ha fatto scattare quell’emozione che invece ho provato per altri. Però ho passato con lui qualche mese divertente, senza pensieri. Perché Franco è pieno di attenzioni.

– Questo è vero, è attento a ogni piccola cosa…

– Però ogni qual volta scavi anche per poco, sotto la scorza c’è poco. O forse lui non permette che si vada in profondità. Ma perché mi chiedi se ne sono innamorata?

– Perché quando ti ho vista con lui l’altra sera e ho deciso di autoinvitarmi al vostro tavolo, pur non sapendo bene perché lo facevo, ho sentito che in qualche modo dovevo «inserirmi».

– Ah, per quello ci sei riuscita benissimo! – esclamo sorridendo, senza dare l’aria di esserne contrariata – Lo sai che dopo avermi riaccompagnata in albergo abbiamo litigato per te e lui se ne è andato?

– Certo che lo so, l’ho rivisto nell’unica discoteca decente. Lui è venuto apposta per cercarmi. Saranno state le due, io avevo uno o due cascamorti che mi ronzavano attorno, con uno avevo anche bevuto qualcosa. Ma non riuscivo a interessarmi a niente, la musica mi dava un po’ fastidio, continuavo a pensare a voi.

– E allora lui è arrivato, immagino che t’abbia vista subito. E cosa ti ha detto?

– Ha detto che era venuto per me, che mi aveva ancora negli occhi da quando mi aveva salutato, che aveva anche litigato con te.

– Brutto bastardo, ti avrà detto anche che sono una stronza…

– Beh, non così chiaramente; ma io ho preso subito le tue difese… poi abbiamo bevuto un gin-tonic, abbiamo ballato due o tre pezzi, quando si sono messi a fare una musica decente. Certo che Franco si muove bene…

– La discoteca non è l’unico posto dove si muove bene. Tu, ci hai fatto sesso, dopo? – chiedo con una punta di ansietà.

– Sì, verso le quattro siamo usciti, un po’ bevuti. Lui mi teneva sottobraccio e siamo andati al mio albergo. Non ci sono volute molte parole, siamo saliti e dopo poco eravamo già a rotolarci sul mio letto. Ti dispiace molto?

– No, non mi dispiace, e poi lo immaginavo.

– Non è stata una grande scopata, lui è andato subito al sodo, forse eravamo un po’ stanchi. Mentre stavo lì con lui ero sicura che in realtà non era lui quello che volevo. Poi ci siamo addormentati e al mattino dopo, quando mi sono svegliata per prima, ho capito: di Franco non mi interessava assolutamente niente.

A quelle parole, trasalgo. Possibile che quello che sento, che ho appena sentito, abbia il significato che spero? Possibile che lei mi voglia dire, in modo obliquo, quello che anch’io vorrei dirle? Non sto interpretando a modo mio, fraintendendo? Perché Franco dev’essere ancora tra noi?

– Poi si è svegliato anche lui, ci siamo alzati, siamo scesi in strada a comprare la focaccia. Mi ha offerto un bicchiere di vino bianco… Erano solo le undici, ma a suo dire non si può mangiare la focaccia senza un bicchiere di vino bianco.

Mi sono lasciata convincere facilmente, poi ho cominciato a sentire un languore dove sai bene anche tu; allora ho deciso che forse era bene dargli un’altra possibilità. Così gli ho fatto capire che mi sarebbe piaciuto, siamo risaliti in camera e questa volta le cose sono andate molto meglio.

Mi sono spogliata davanti a lui, l’ho trascinato sul letto con me e ho cominciato a baciarlo; lui mi rispondeva, dicendomi quanto ero bella e quanto avesse voglia di fare l’amore con me. Era dolce e deciso, io praticamente mi offrivo senza più alcuna remora né pudore.

– Ma cosa hai fatto di preciso?

– Gli ho messo la figa in faccia, ecco cosa ho fatto, e gli ho chiesto di leccarmela. Lui è stato meraviglioso, io sono venuta quasi subito; poi a un certo punto mi sono come congelata per un momento…

– Perché?

– Perché mi sono accorta che non era lui a leccarmi…

– Come non era lui…

– Sì, era lui. Però… io pensavo fossi tu, volevo fossi tu.

– E perché ti sei congelata? – continuo io, volutamente senza dare, in apparenza, importanza a questa rivelazione pazzesca, ma in realtà impietrita.

– Beh, congelata no, anzi. È stato solo un momento, per la sorpresa. Non avevo mai avuto di queste fantasie. Nella testa ero gelata, per il resto mi scioglievo. Poi, quando lui ha deciso di prendermi, mi sono data con tutta me stessa, ma continuavo a immaginare che tu fossi presente, che tu ci guardassi, che tu attendessi il tuo turno per farti prendere da noi due.

Mentre Debra dice queste cose non ha il coraggio di guardarmi più in faccia. Si vede che è venuta qui per liberarsi, per sapere la mia opinione, conoscere la mia reazione. Disinibita lo è, non è così terribile dire certe cose, basta aprirsi. Ma se è venuta fin qui per affrontarmi, è perché non può fare a meno di me, adesso lo so.

Le offro prosciutto e melone, mangiamo di gusto, ormai come vecchie amiche. Sono contenta che sia qui, perché la sento complice.

Per il momento il discorso non torna più sull’amore e sulle fantasie. Parliamo per conoscerci meglio, per capire da dove viene l’altra, cosa potremmo avere in comune oltre a un uomo e al sesso tra di noi forse futuro.

Me ne guardo bene dal confessare a mia volta le mie fantasie mattutine: lei mi ha fatto un torto, o crede, quindi io voglio conservare il mio punto di vantaggio. Però a metà pomeriggio le mie curiosità, piano piano, si rivolgono all’intimo, comincio a porle domande che potrebbero essere imbarazzanti, se la situazione non fosse stata spianata in precedenza dalle sue ammissioni.

Mi è simpatica, non sembra raccontare bugie, non vuole farsi più bella di quello che è. È semplice, genuina. Probabilmente segue solo il suo cuore, un po’ come me: e questa mattina il cuore le ha suggerito di fare questo passo.

– Tu ti masturbi? – le chiedo con innocenza, ma un po’ a bruciapelo, come a chiedere se le piace il caffè. Una domanda che seguiva decine di altre curiosità su di lei, come a che età avesse avuto il primo uomo o se si era mai innamorata seriamente, cui lei aveva risposto con precisione ma senza scendere mai nei particolari.

– Sì, molto – è la risposta decisa, quasi liberatoria, come se anche lei avvertisse che il discorso ha raggiunto un punto dal quale non si può tornare indietro – moltissimo, in ogni modo. E mi piace anche che mi guardino, ma questo non sempre è possibile. Con Franco, per esempio, non lo sarebbe.

– Lo faresti anche davanti a me? – incalzo io d’impulso, con voce appena un po’ soffocata.

Mi guarda con quegli occhi azzurri che ti frugano dentro, senza dare possibilità a nessuno di resistere.

– Se me lo chiedi è perché sai che lo farei. Ho capito dal primo momento che ti ho vista che tra noi non sarebbe stata un’amicizia normale. Ti ho desiderata fin da subito, non so perché e non me lo domando per paura che la magia di questa sensazione svanisca. È per te che mi sono seduta al tavolo, è per te che ho fatto l’amore con Franco. Volevo rivederti a tutti i costi, non sapevo come fare per avvicinarti, per scoprirti.

Come tecnica di seduzione è un po’ strana, mi dico. Certo, ci vuole decisione. Se voleva riuscire a comunicare il suo interesse per me, rubarmi l’uomo per poi dirmi che non era per lui, la trovo abbastanza ardita. Ma non è una vera domanda quella che mi sfiora appena, perché ora mi va di risponderle con segni inequivocabili.

Mi tolgo le scarpe, mi siedo sul divano accanto a lei e mi avvicino al suo volto, un po’ accoccolata. Il profumo attorno a lei è lieve, ma quasi mi stordisce. La bacio su una guancia, quasi a voler più che altro sentire la sua fragranza, ma poi lei mi porge la bocca e allora ci baciamo, senza esitare, come farebbero un uomo e una donna.

Baciare una donna come Debra è speciale, e infatti mi sembra di baciare me stessa, o meglio un’altra me stessa. È un bacio lungo, dolce, affettuoso ma anche lascivo, pieno di promesse e di complicità. Lo so cosa vuoi da me, perché sono donna come te, non ci sono e non ci possono essere sotterfugi o cose fraintese. Non ti do smancerie e romanticismo quando vuoi sesso e il sesso te lo do solo con carezze e dolcezze. Ti capisco, ti leggo negli occhi. Forse siamo due viziose? Così depravate da esserci stufate dell’insipienza dei maschi? E anche se qualcuno potrebbe non tollerare le nostre tendenze, a noi che importa? Ci amiamo alla nostra maniera, e il desiderio che ho provato e provo per lei non l’ho mai provato così forte per nessun uomo.

Forse era lei l’anello mancante alla felicità, m’illudo. E intanto sento la sua pelle, le sue mani che mi accarezzano e mi frugano sotto la camicetta, sentono il seno mio tanto simile al suo, con i capezzoli duri, eccitati da morire. Faremo l’amore, Debra, questo è certo e lo faremo fino in fondo, sarà vero amore con te.

Ti dirò ogni cosa e lo farò tra poco, e allora berrai le mie parole con gioia: perché anch’io so dare gioia.

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