Una dura punizione

L’esser fermato dai carabinieri non è certo piacevole, ma il vedere mia zia Floriana mi mise un’agitazione incontrollabile, tanto che mi dovetti sedere per non finire per terra.
Floriana era la sorella di mio padre, capitano dell’arma che i miei genitori chiamavano la talebana per il suo rigido modo di vivere, tanto intransigente che non solo i suoi stessi sottoposti la temevano peggio del diavolo, ma anche i superiori cercavano sempre di tenerla a distanza.

Mentre la vedevo parlottare a bassa voce con un brigadiere, cercai di pensare al meglio, in fondo ero il suo unico nipote, anche se mi aveva ribattezzato il molliccio, ma soprattutto non avevo commesso chissà quale reato, in fondo ero solo in compagnia di alcuni amici in una casa che doveva esser abbattuta.
Sempre cercando di pensare in modo positivo provai a vederla come una normale donna, e se la faccia sembrava tagliata coll’accetta tanto erano dritti i lineamenti del suo viso, fisicamente non era neanche male, tanto che al mare, seppur con uno dei suoi castissimi costumi olimpionici, si faceva notare nascondendo benissimo la sua età.
Quando però la vidi dirigersi verso di me tutta la mia positività andò a farsi benedire e non solo per il ghigno beffardo che aveva stampato in faccia. Il suo era più l’incedere del boia verso il condannato che quello di una zia verso il nipote in difficoltà, ma nonostante ciò tentai di rimanere tranquillo dopo essermi alzato in piedi.

“Allora Lucio vedo che ti riesce impossibile non violare la legge, nonostante non sia poi così difficile seguirla, oppure vuoi dirmi che non avete letto i cartelli col divieto d’accesso?” mi disse ironicamente indicandomi dove fossero posti i segnali di divieto.
“Hai ragione, ma in fondo che male c’è a farsi due birre in santa pace, e poi questo posto non è che sia pericoloso, solo l’hanno costruito senza regole, insomma è solo abusivo.” le risposi cercando di minimizzare la situazione.
“Credo che il giudice sarà interessato a sentire questa tua difesa, in fondo si tratta solo di violazione di domicilio, appropriazione indebita e qualche altro reato che uscirà fuori dopo avervi perquisito per bene, perché sono certa che dalle vostre tasche uscirà ben più di uno spinello.”

Provai a ribattere quando un carabiniere le disse che avevano trovato della marijuana nelle tasche di un ragazzo e che aveva provveduto ad identificarlo ed arrestarlo.

“Ora dimmi Lucio vuoi seguire il tuo amico al comando o la finisci di fare il difensore d’ufficio?”
“Hai vinto, sto zitto, dimmi quello che devo fare.” risposi alzando le mani in segno di resa.

Mia zia mi guardò con uno strano sguardo, che non prometteva nulla di buono, ma almeno non sarei finito schedato, o ancor peggio processato per una bravata.

“Credo che per te ci voglia una sana punizione corporale, quindi o accetti d’esser punito da me a casa mia, o finisci col tuo amico, decidi tu.” mi disse freddamente.
“Scusa cosa vuol dire sana punizione corporale, non vorrai per caso sculacciarmi o cose del genere?” le chiesi quasi ridendo.
“Proprio quello che pensi, ti sculaccerò e non solo con le mani, in modo che tu comprenda l’errore che hai fatto, e domani ripensando alla punizione eviterai di rifare certe cazzate da demente.”

Non so perché ma la mia mente andò subito alla foto di mia zia in kimono, mentre riceveva una medaglia dopo una competizione di non so quale arte marziale, e l’idea che una donna del genere mi picchiasse fu peggio d’un pugno in faccia.

“Ma mi farai male?” domandai sperando non so perché in una risposta negativa.
“Certo che sarà doloroso, e anche molto.” mi disse quasi stupita. “Del resto per come sei cresciuto è già buono che non sei diventato un criminale, con due genitori che ti hanno sempre permesso di tutto e di più. Quindi deciditi o la mia punizione, o la caserma con annessi e connessi.”

Il suo tono spazientito mi fece comprendere che non avevo tempo per scegliere, quella che in fondo era la via meno dannosa per il mio futuro.

“Va bene accetto la punizione, dimmi solo quando e dove.” le dissi a testa bassa.
“Subito a casa mia.” mi rispose seccamente. “Le punizioni vanno inflitte il prima possibile, e non quando c’è la disponibilità di chi ha sbagliato.”

La vidi tornare a parlare col brigadiere di prima, e non so perché pensai che questi fosse ben felice di togliersela di torno, quindi venire da me col suo solito piglio deciso.

“Vieni andiamo da me con la mia macchina, pensa che sei stato fortunato che quel sottufficiale visto il tuo nome mi ha chiamata chiedendomi se siamo parenti, altrimenti era sul cellulare coi tuoi amichetti di bravate.”

Mentre la seguivo pensai che in fondo non poteva certo massacrarmi, al limite mi avrebbe un po’ bruciato il culo, ma nulla di cui preoccuparsi più di tanto, perché mia zia poteva anche essere una mezza stronza, ma non aveva l’aria d’essere una sadica.
Durante tutto il viaggio in macchina mi fece una ramanzina senza fine, durante la quale dissi solo “sì hai ragione”, senza darle troppa attenzione, fantasticando sul fatto che magari quella era solo una scusa per fare del sesso con me, che in fondo ero considerato un bel ragazzo, soprattutto dalle mie compagne di scuola, con le quali avevo un buon successo. Già immaginavo mia zia con le gambe aperte che mi pregava di scoparla come la peggiore delle troie, col risultato d’arrivare a casa sua più eccitato che preoccupato. Floriana abitava in un appartamento in centro arredato in modo assurdamente impersonale, tanto che sembrava più una serie di spazi dell’Ikea che la casa di una donna.

“Rimani qui mentre vado a prepararmi.” mi disse dopo avermi portato in quello che doveva essere il salotto, ma dove in realtà c’era solo un piccolo divano, un tavolo circolare e quattro sedie.
“Va bene zia.” le risposi sperando sempre che si presentasse in lingerie per fare la maiala.

Lei invece tornò dopo essersi tolta giacca e camicia, ma non i pantaloni della divisa, portando con sé una borsa dalla quale tirò fuori gli strumenti per la mia punizione, che sistemò sul tavolo, quasi a mostrarmeli per intimidirmi.

“Oltre alle mani userò questi oggetti.” mi disse mentre indossava dei guanti in pelle nera. “Li ho sistemati in ordine crescente di dolore che proverai, quindi mestolo, spazzola, righello ed infine questo paddle in cuoio, quindi ora togliti scarpe e pantaloni che iniziamo. Prima che me lo chiedi puoi urlare quanto vuoi, questa stanza è perfettamente insonorizzata in quanto di solito c’ascolto l’opera, e odio sentire i lamenti dei vicini.”

Mi spogliai mentre lei s’accomodava al centro del divano, per poi sdraiarmi sulle sue gambe dure come due tronchi.
I primi colpi furono blandi, e credo che me li diede più che altro per ‘scaldarsi’, anche se nell’aria era come se fosse presente la sua insoddisfazione per quello che stava facendo. Così senza dire, e cogliendomi completamente di sorpresa, m’abbassò i boxer scoprendomi le natiche, e a quel punto per me iniziarono i veri dolori. Le sue mani non solo mi colpirono con più forza, e già questo sarebbe bastato per farmi male, ma con una frequenza tale che non riuscivo a far placare il dolore per una manata, che subito ne arrivava un’altra, il tutto alternando in modo perfetto la chiappa da percuotere.
Cercai dentro me stesso la forza per non mettermi a urlare per il dolore, sperando che la finisse al più presto, anche se questo voleva dire solo passare alla spazzola, che mi era chiaro m’avrebbe provocato ancora più dolore.
Con la coda dell’occhio cercai il suo sguardo, che aveva un misto di soddisfazione ed eccitazione allo stesso tempo, come se provasse un certo piacere mentale nel punirmi in quel modo.
Sentivo le natiche bruciare sotto le sue mani che diventavano sempre più calde nonostante fossero ricoperte dai guanti, non sapendo che erano diventate rosse come due pomodori maturi.

“Un minuto di pausa prima di passare al mestolo, e se vuoi un consiglio non ti muovere.” mi disse poco dopo aver finito di sculacciarmi come un bambino.

Provai più che altro a riprendere fiato durante quello che fu il minuto più veloce della mia vita, perché come prese il mestolo in mano, le manate di poco prima divennero un piccolo paradiso.
Mia zia infatti iniziò fin da subito a colpire il mio sedere con forza, tanto che presi a piangere dopo pochissimo tempo, ma nonostante ciò lei rimase imperturbabile alle mie suppliche. Se con le mani i colpi si erano quasi concentrati sulla parte centrale, col mestolo non vi fu pezzetto di pelle che non venne centrato da quel legno.

“Zia ti prego, per pietà smettila, ho imparato la lezione.” le dissi sperando invano d’impietosirla.
“Stai zitto! La punizione va portata avanti sino alla fine altrimenti non è efficace. Dici d’aver imparato ma se non vado fino in fondo tutto ciò sarà inutile, quindi muto e pensa ai tuoi errori.” mi rispose senza mai smettere di colpirmi.

Raccolsi tutte le forze che ancora avevo per provare a divincolarmi, ma non riuscii a togliermi dalla sua presa ferrea, finendo con prendere ancora più colpi e credo anche più forti.
Non mi resi quasi conto di quando lasciò il mestolo per la spazzola, se non per il diverso rumore che questi oggetti producevano suoi miei glutei, col secondo che ne faceva uno di tonalità più alta, tanto da sembrare quasi lo “spatola!” dei fumetti.

“Almeno capisci perché lo sto facendo?” mi chiese senza però smettere d’usare la spazzola contro di me.
“Sinceramente no.” le risposi stizzito.
“Vedi oggi non si usano più le punizioni corporali, e questo è un male perché solo facendovi bruciare il culo imparate qualcosa. Se i tuoi invece di crescerti con quelle loro idee progressiste che non portano da nessuna parte, ai primi errori t’avessero dato una sana lezione come questa, stasera non saresti qui a prenderla da me, che credimi ci tengo a te più di quanto tu possa credere.”
“Quindi mi punisci perché mi vuoi bene ?” le domandai con in testa una gran confusione.
“Sì perché solo così domani non farai gli sbagli di oggi. Una volta le punizioni corporali erano la norma non solo in famiglia, ma anche a scuola, e prenderle davanti ai propri compagni era anche un’umiliazione quindi si rigava dritti per evitarla.”

Arrivai al punto di non sentire quasi più dolore, ma un bruciore così intenso che già quello da solo era una tortura, ma fu giusto un breve momento prima che passasse al righello, ultimo strumento di legno usato per punirmi.
Quel sottile ma non troppo, pezzo di legno perfettamente sagomato, lungo una trentina di centimetri, mi tolse ogni voglia di ribellione, tanto erano dolorosi i colpi che Floriana mi diede, in special modo nella parte bassa delle natiche.
Se prima potevo immaginare le mie chiappe rosse, ora dovevano esser più sul violaceo, però non in modo uniforme, ma segnate da una fitto intrecciarsi di linee, come se mia zia avesse voluto disegnare una ragnatela usando il righello.
Cercai nuovamente di scappare, però Floriana non solo non mi fece muovere di un millimetro, ma mi diede un colpo così forte da togliermi il respiro.

“Se provi di nuovo a muoverti giuro che ti metto in piedi e ti batto anche davanti, e poco importa se ti prendo quell’insignificante cazzetto che ahi fra le gambe. Sono stata chiara?”
“Sì zia Floriana.” risposi ferito anche nell’orgoglio.
Mentre piangevo sia per il dolore che per l’estrema umiliazione, sentivo il respiro della mia aguzzina farsi sempre più corto, come se picchiarmi in quel modo la stesse portando all’orgasmo. Da parte mia mi facevano male anche i testicoli che pure non aveva mai centrato, per non parlare del pene che quasi non mi sentivo più.
Compresi che quella punizione non solo mi aveva spezzato da un punto di vista fisico, ma ancor di più da quello morale, avendomi annullato come maschio e distrutta la mia autostima, Per un attimo mi tornò alla mente quando in macchina fantasticavo su un rapporto sessuale con mia zia, non sapendo che sarebbe stata lei a prendersi il mio culo, e ancora andava bene che non m’aveva sodomizzato.
Quando si fermò più che scendere dalle sue gambe, scivolai per terra esausto, non sapendo che m’aspettava l’ultimo ‘trattamento’, quello più doloroso e umiliante.

“Mettiti in piedi contro il tavolo che non ho certo finito.” mi disse quasi ridendo del mio dolore.

A fatica mi sistemai contro il tavolo, ma solo dopo aver visto il mio sedere che aveva ben poco del suo aspetto naturale. I colpi col righello avevano infatti segnato la pelle già rossa per quelli precedenti, e dove le linee si sovrapponevano più volte, il colore era quasi nero, ma soprattutto erano i punti che più mi facevano male.

“Adesso dopo ogni colpo mi ringrazierai per averti punito, sono stata chiara ?”
Avendo oramai capito che Floriana non scherzava mai, domandai cosa dovessi dire, per paura di farla infuriare ancor di più.
“Grazie zia per insegnarmi a vivere rispettando la legge credo che possa andar bene.” mi rispose col suo solito ghigno beffardo.

Al primo colpo di quella che in fondo era un pala di cuoio, urlai a pieni polmoni tanto fu il dolore che mi fece provare, dimenticando la frase che dovevo dire.

“Non ho sentito il ringraziamento.” mi disse dandomi subito un altro violentissimo colpo sempre sullo stesso punto.
“Grazie zia per insegnarmi a vivere rispettando la legge.” le risposi con le lacrime che oramai scendevano senza sosta.
“Bene adesso procediamo con la punizione.”

Non so quante volte quel paddle centrò le mie chiappe, e di conseguenza io pronunciai quella frase per me senza senso, ma il tempo era come se si fosse fermato per vedermi soffrire, gioendo del mio dolore.
Floriana usava quella pala in modo diverso dagli altri oggetti usati per punirmi, facendola quasi roteare per aria prima di colpire la chiappa che aveva preso di mira, centrandola perfettamente il che mi fece capire che non poteva essere la prima volta che usava quella violenza su qualcuno.
Mi era chiaro che mia zia stava godendo nel picchiarmi in quel modo, e non solo perché aveva un’espressione quasi mistica, perfettamente opposta alla mia che del piacere non aveva nulla. Non so come però riusciva a trattenersi, quando magari si sarebbe voluta masturbare anche continuando a colpirmi sino ad arrivare all’orgasmo.
Era anche evidente che non dovevo essere la prima persona che riceveva un trattamento del genere, se non altro perchè la sue esperienza era notevole, altrimenti non avrebbe mai potuto avere quella precisione nel colpirmi.
Il mio cervello invece pensava solo a dire la frase di ringraziamento, mentre sentivo il pene essersi ridotto alla sua dimensione minima.

“E con questa abbiamo finito.” mi disse dopo avermi colpito credo con tutta la sua forza un’ultima volta. “Ora stai fermo che ti metto un po’ di unguento o domani non riuscirai a sederti.”
Fui colpito dalla sua gentilezza, anche perché sino a quel momento era stata di un sadismo che non credevo potesse esistere, e lo fui ancor di più quando mi spalmò una crema piuttosto oleosa, e anche discretamente puzzolente, che però ebbe l’effetto di lenire in modo più che sensibile il bruciore alle chiappe.
Mia zia mi fece rivestire per portarmi a casa, rimanendo in silenzio per tutto il tragitto, e aprendo bocca solo una volta arrivati davanti al mio portone.

“Se rifai una cazzata sappi che userò la frusta, e se stasera ti ho fatto male, con quella lo farò cento volte di più, ciao e salutami i tuoi.” mi disse prima di tornare a casa sua.

Inutile dire che da quel giorno andai più dritto di quel righello che aveva usato su di me.

Note finali:

Per commenti : miss.serenasdx@yahoo.com
(quelli volgari saranno subito cestinati)

Invito tutti a visitare il mio piccolo blog
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