Un periodo molto difficile

Dal giorno dell’assunzione sono passati ormai un paio di mesi, durante i quali io ed Eva abbiamo imparato a conoscerci e ad apprezzarci a vicenda. Le cose per lei vanno bene, almeno sul fronte lavorativo; non tanto, invece, su quello matrimoniale. Proprio come lei, il marito ha preso una ragazza alla mia stessa agenzia. Il suo nome è Megan e ci troviamo subito in sintonia; questo crea un certo attrito con Eva che è gelosa del mio rapporto con lei. Le cose sembrano davvero andare verso una fine del nostro rapporto.

Sfortunatamente tutto si risolve nel peggiore dei modi, quando il marito resta ucciso in un tragico incidente d’auto.

È il periodo più difficile per Eva che cade in una spirale autodistruttiva. Sono sempre di più le sere che torna a casa a notte fonda e completamente ubriaca. Ogni sera con un uomo diverso; sempre con opportunisti che vogliono solo sfruttare la sua sofferenza per farsi una scopata.

Questo suo comportamento la sta mettendo in grave difficoltà anche a lavoro: sono sempre più le volte che marina le riunioni o si presenta ubriaca in ufficio.

Iniziamo un periodo in cui litighiamo di continuo; io cerco di frenare la sua caduta, lei che insiste sempre di più ad allontanare tutti quelli che tengono a lei.

Decido di agire un sera, quando lei rientra ubriaca con l’ennesimo rifiuto umano.

         «E questo chi è?».

         «Oh, non fare caso a lui. È solo il mio prostituto. Non ci disturberà!».

         «Una puttana come te, ha un puttano. Che ironia la vita.».

         «Ehi!» provo ad intervenire, ma Eva mi stoppa.

         «Stai al tuo posto!».

         «Sì! Stai al tuo posto, troione! Vieni qui Eva. Hai mai provato a scopare dopo una bella striscia bianca?».

         «No, mai. Ce l’hai?».

L’uomo tira fuori una boccetta con la polverina. Eva sta per scendere ancora di un altro gradino verso il baratro, ma non posso stare a guardare. Mi sono affezionato a lei.

Prendo l’uomo e di forza lo butto fuori di casa. Lui prova a ribellarsi, ma è più piccolo e più debole di me. Eva invece impreca contro di me. Sento volare le peggiori cattiverie nei miei confronti, proprio dalla donna che sto cercando di salvare da se stessa.

         «Io e te abbiamo chiuso! Vattene da casa mia! *****».

 Me ne vado accompagnato da un rosario di bestemmie e parolacce.

Sono le 3 del mattino quando il mio telefono squilla. È il suo numero.

         «Pronto, Eva.».

         «Sono il barista del ***** la signora non è in grado di tornare da sola. Mi ha detto di chiamare questo contatto per venirla a prendere.».

         «Arrivo.».

La trovo seduta sul marciapiede, fuori dal locale ormai chiuso. L’abito sporco e il volto bianco. Sembra un vero e proprio straccio. La carico in macchina e la porto a casa. La assisto in bagno fino a che non riprende un po’ di colorito.

Le metto la vestaglia e la porto a letto.

         «Resta con me, per favore.».

Me lo sussurra; come se dirlo ad alta voce fosse impossibile per lei.

         «Non ti lascio!».

Resto con lei. Da di stomaco altre due volte, poi finalmente si addormenta su un fianco. Io veglio su di lei, fino a che anche io non cedo alla stanchezza.

Il mattino successivo si sveglia verso le 11. Io, che ero sveglio da molto prima, ho avvisato l’ufficio che è malata. Ha la giornata libera.

         «Grazie.»

         «Tieni. Bevi!».

Si mette seduta sul letto e beve un the caldo.

         «Non eri tenuto a venire. Non dopo quello che ti ho detto ieri.».

         «Non sei in te in questo periodo. Lo capisco. Ma ti sta distruggendo e non voglio assistere. Quindi ora puoi scegliere: o ti rimetti in sesto o io me ne vado per davvero.».

         «Non mi lasciare ti prego. Non posso sopportare di perdere anche te. Non è facile. Io… io non sento più nulla. Cerco di provare qualcosa, ma quando ci riesco è terribile e bevo per anestetizzarmi. Come posso uscirne?».

         «Smetti di bere. Il dolore devi affrontarlo e io sono qui per aiutarti. Per il resto… proverò io a farti tornare a provare emozioni. Terapia d’urto. Pomeriggio tornerò e voglio trovarti sobria, oppure non sentirai ciò che voglio farti provare.».

Me lo promette; eppure, quando qualche ora dopo torno a casa, la trovo in piedi in cucina con in mano una boccettina di polvere bianca.

         «L’hai presa?».

         «Non ancora. Ma può aiutare. Questa amplifica tutto.».

La sta per aprire, ma gliela strappo di mano.

         «Ridammela!».

Mi rifiuto e lei inizia a saltarmi addosso, nel tentativo di prenderla. La sbatto nel lavandino e apro l’acqua.

È furiosa. Inizia a inveire contro di me e alla fine. Mi tira uno schiaffo molto forte, colpendomi in pieno viso.

Mi guarda piena d’ira.

Prova a colpirmi di nuovo, le afferro il polso e poi anche l’altro. La spingo contro la parete.

         «Dovevi solo fidarti di me! Ora ti farò provare ancora qualcosa. E lo farò scopandoti con forza.».

Le lascio le mani e prova a colpirmi ancora. La lascio fare e le afferro il collo senza però stringere.

Le nostre facce sono vicinissime. Mi urla contro e io le tappo al bocca baciandola. Ancora, e ancora.

         «Cazzo, proprio non posso resisterti!».

La faccio abbassare premendo la mia mano sulla sue testa. Apre la zip e tira fuori il mio cazzo. La afferro per i capelli lunghi e neri e le infilo il mio membro duro in bocca. Vedo la mia asta che sparisce dentro la sua gola sotto i colpi forti e violenti della mia monta. Le sto letteralmente scopando la faccia. Ogni tanto lo tolgo e la lascio respirare. Sorride. E lo rimetto. Ancora.

La alzo. Rimane solo in canotta. La spingo contro il muro. La sua faccio e la sua quarta abbondante sono premute sulla parete. Inarca il fondoschiena. Mi invita.

         «Ancora forte come prima, per favore!».

Non me lo faccio ripetere. Inizio subito a penetrarla da dietro. La penetro violentemente, tirandola per i capelli. Il suo respiro è affannato. Inizia gemere e ad incitarmi di andare avanti.

La tiro per i capelli e la porto in camera da letto. Le strappo la canotta e la sdraio sul bordo del letto. Metto il mio cazzo nel solco tra le sue tette e, sempre afferrandola per i capelli, mi faccio fare una spagnola spettacolare. A ritmi regolari sputo sul suo seno, lubrificando il mio cazzo nel suo solco. Salgo a cavalcioni su di lei, la prendo per il collo e inizio a scoparle le tette, mentre con l’altra mano le masturbo il clitoride. Geme e gode. Cambiamo spesso posizione e la scopo baciandola. Lei tira fuori la lingua e io la succhio, mentre con il mio membro continuo a penetrarla violentemente.

         «A gattoni per terra. Davanti allo specchio!».

Sull’armadio della stanza c’è uno specchio verticale, per i vestiti. È a pecora per terra, davanti ad esso. Il riflesso, che lei fissa, mi mostra sopra di lei mentre con forza la monto da dietro. La sua faccia è rossa, sudata. La sua bocca aperta e lascia partire un gemito ad ogni mio affondo.

         «Oggi berrai il mio seme!».

         «Siiii, fammelo assaggiare. Ti prego!».

         «Viso contro lo specchio!».

Obbedisce. Schizzo il mio seme sullo specchio pulito. Rivoli di crema bianca e densa colano sul vetro.

         «Puliscilo!».

Sorride e, senza indugiare, lecca via il mio sperma dallo specchio. Non ne lascia nemmeno una goccia.

         «Buono!».

La tiro su e la porto a letto. Mi siedo accanto a lei e l’abbraccio.

         «Hai provato qualcosa?».

Annuisce.

         «Piacere. E un turbinio di emozioni che non sentivo da tempo. Ero eccitata, ma anche arrabbiata per come mi trattavi. Frustrata per godere così tanto dall’essere presa con la forza. Amata, perché tutto ciò che facevi era solo per il mio bene.».

Mi bacia con passione.

         «Mi fiderò sempre di te! Scusa se non l’ho fatto prima!».

Ricambio il bacio e lascio che il suo seno e la sua testa si poggino sul mio busto. Chiude gli occhi e si rilassa.

Finalmente ha un’aria serena. Dorme e sorride. Cosa che non faceva da tempo, troppo tempo.

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