Ripasso

Finalmente vedo mio figlio studiare! Dopo quel bel pomeriggio passato insieme, lo vedo spesso, non dico sempre, al suo scrittoio chino su un libro. 

– Che cosa studi? – gli chiedo chinandomi su di lui standogli alle spalle.

– Matematica –

– Bravo figliolo – gli alito all’orecchio. Sono al settimo cielo. Non mi aspettavo un cambiamento così repentino in questo scapestrato.

E come scrive sul suo portatile! Appunti su appunti. Non l’ho mai visto così concentrato.

Vorrei dirgli ancora qualcosa ma suona il cellulare. E’ il suo. Lo raccoglie, vede chi è si alza di scatto e corre via. 

Non faccio in tempo a chiedergli dove corre che lui si è già chiuso in bagno. Che faccio, vado a origliare? Purtroppo però mio figlio conosce sua madre. Apre l’acqua della vasca e la sua voce rimane indistinta. Un terribile sospetto si fa strada nella mia mente. L’acqua corre a lungo mentre io vado in sala e mi siedo sul divano facendo finta di niente. Lo scroscio a un certo punto si spegne. La telefonata a quanto pare è finita. Lo sciagurato esce dal bagno e svelto va ad infilarsi la giacca.

– Dove vai? – non posso fare a meno di domandargli.

– Niente mamma, niente – e farfuglia qualche indecifrabile scusa. In un attimo è fuori. Mentre risuona il rombo della sua motocicletta, assaporo l’amaro del fallimento. Ricominciamo.

Seguendo un irresistibile impulso vado al suo scrittoio dove è appoggiato il solitario il libro di matematica, ancora illuminato dalla lampada che il bravo studente si è scordato di spegnere.

Scorro qualche pagina e poi rivolto la copertina. Ma è il testo dell’anno passato! Inquieta passo al portatile anche lui lasciato in solitudine. C’è una pagina di un sito di matematica, ma è matematica superiore, da università di ingegneria. E’ stato scelto a casaccio.

Che fregatura. Sicuramente, penso, sarà corso dalla puttanella.

Lascio tutto come sta, e rimando ogni iniziativa al giorno successivo.

L’indomani sono occupata per tutto il giorno, nondimeno un pensiero costante mi rovina la giornata. Il pensiero di mio figlio non mi abbandona.

Orbene, alla fine penso risoluta, quella smorfiosa avrà a che fare con me.

Quando ritorno mio figlio non c’è.

Faccio in tempo a preparare due cose e sento che rientra.

– Allora come vanno gli studi? – gli faccio disinvolta

– Bene mamma, sono stato da Giovanni a studiare –

– Ma bravo e cosa avete studiato? – ci pensa un attimo

– Sempre matematica –

– Ah sì, quella matematica che era sul tuo portatile? –

– Certo mamma, anzi siamo andati avanti –

– Calcolo differenziale? –

– No mamma non lo conosco – è quello che volevo sapere.

– Perché mamma me lo chiedi? – fa sospettoso.

– Niente niente lascia perdere. Piuttosto, hai fame? Ti ho preparato qualcosa. –

Mentre mangiamo penso intensamente. Razza di cretino. E’ tornato dalla sua squinzia e ha smesso di nuovo di interessarsi alla scuola.

-Stasera studi? Nessun ripassino? –

– No, ho già studiato abbastanza –

– Esci? –

– Sì, con amici –

– Ti vedo piuttosto pallido, come mai? –

– E’ stato il troppo studio – mi risponde l’infame. A questo punto decido di prendere il toro per le corna.

– Dì la verità hai visto lei – lui rimane interdetto. Trova la forza di rispondermi spavaldamente:

– Perché se fosse? C’è qualcosa di sbagliato? –

– Se studiaste no –

– Certo che abbiamo studiato – Mi alzo, vado alle sue spalle e mi chino in avanti. Di nuovo la mano sul pacco. –

– Così? –

– Ma cosa fai mamma? –

– Non ti ricordi? –

– S…sì mi ricordo- fa lui e arrossisco. –

Il sangue non gli fluisce solo al viso perché i jeans si stanno ingrossando.

– Adesso faremo un’interrogazione di matematica. Sullo studio di una funzione sai qualcosa? –

– Non…non sono sicuro mamma –

– Gli stringo la stoffa poi gli metto due dita sulla cerniera. –

– Vuoi che ripassiamo insieme? –

– Non so mamma, io dovrei andare –

– Ah sì? E dove? –

Gli sbottono i pantaloni e apro la cerniera. Dentro c’è una confusione di testicoli e corpi cavernosi sempre più gonfi. Gli accarezzo l’uccello attraverso la stoffa degli slip.

-Facciamo una cosa- gli sussurro all’orecchio – facciamo un po’ di ripasso e poi andrai dove vuoi. D’accordo?

– D’accordo mamma –

– Bene, ora vediamo quale equazione è nascosta qua sotto. Gli insinuo la mano sotto la flanella, gli abbasso l’elastico. Mai visto niente di più dritto e rigido. La cappella è lucida. –

Gli avvolgo delicatamente la mano attorno all’asta e gli strofino piano col pollice l’uretra. 

– Ah ma abbiamo il solito liquidino qui, che faccio, lo spargo tutt’attorno? –

– Fai tu mamma- mi risponde il fanciullo –

– Vuoi che vada su e giù? Così? –

– Sì mamma –

– Confessa, oggi hai visto lei, nevvero? Dimmi la verità, sennò smetto –

– Sì ho visto lei –

– E cosa avete fatto? –

– Mi ha portato in camera sua, poi…ci siamo seduti sul letto –

-Invece di sedervi al tavolo per studiare, lo avevo immaginato. Poi, come è andata? O vuoi farmi credere che siete stati a fissare la parete tutto il pomeriggio? –

– No mamma, a un certo punto ci siamo abbracciati e baciati –

– Baciati come, con questa? – Sempre standogli alle spalle gli giro la testa verso di me e gli infilo la lingua in bocca. Naturalmente lui non può rispondermi.

Continuo a massaggiargli il fringuello. Mi stacco da lui

– Avrete fatto qualcos’altro spero, o devo ricredermi sulla depravazione tua e della poverina? –

– Se…sempre domande mamma-prova a ribellarsi. –

– Non vuoi che ti interroghi? Allora andrò avanti io, ma assicurami che una volta ripreso il fiato sarai tu a riprendere il filo del racconto. Vediamo. Secondo me non ha fatto altro che menartelo fino a farti venire. –

– No mamma –

– Ah, hai ritrovato la voce tesoruccio. Vediamo se indovino. Le hai contemporaneamente accarezzato la patatina attraverso i pantaloni. Ho indovinato? –

– Sì mamma. –

– Bene, ma tua mamma non ha i pantaloni come puoi vedere- e così dicendo mi faccio di fianco a lui- così che dovrai infilarmi la mano sotto la gonna. Coraggio. – Lui titubante mi mette la mano destra tra le cosce e comincia a risalire. Con la sua mano anche la gonna si solleva. Raggiunge le mie mutandine. –

– Ecco bravo adesso farai vedere, anzi sentire, alla tua mamma come carezzi quell’invornita della tua fidanzata- volenterosamente la sua mano comincia a passarmi avanti indietro sulla biancheria. –

La mano è calda, sento che comincio a bagnarmi, e un benefico flusso di sangue mi irrora le mucose.

– Bravo, devo dire che la cranio lesa è fortunata, carezzi proprio bene. E dopo cosa avete fatto? Vi siete stretti la mano e siete tornati a casa? –

– No, le ho slacciato i pantaloni e le ho infilato una mano dentro le mutande –

– Ma che originale! Bè, non sarò io a venir meno alle vostre consuetudini. Fallo anche a me, coraggio, so che la gonna per adesso ti ostacola ma ti assicuro che rimedieremo –

La sua mano si infila sotto le mie mutandine, ecco, sento le dita sul solco. Malandrino, ho come un brivido.

– Così, massaggia, cerca, trova. –

Lo sprono. La sua mano si fa più ardita, le dita si fanno strada tra le grandi labbra, sfiorano il grilletto. A questo punto non posso più far finta di non essere eccitata. Sto colando. La mia opera di seduzione si riflette su di me, lo devo ammettere. Quel criminale di mio figlio se ne è sicuramente accorto

– Su, continua il racconto – lo incalzo

– Lei si è alzata dal letto e si è calata i pantaloni e gli slip. E così ho fatto io. –

– Dunque siete rimasti entrambi nudi dalla cintola in giù. Proviamo anche noi? –

In silenzio ci sfiliamo io la gonna e le mutandine, lui, rimanendo seduto, i jeans e le sue mutande. La banana è più tesa che mai. Il mio triangolo è all’altezza dei suoi occhi, lui fissa il pube di mamma senza staccarsi.

– Allora, devo arguire che dopo siete passati, come negli esami, al momento orale –

– Sì mamma, a questo punto ci siamo seduti e lei ha cominciato a succhiarmelo –

– Ma davvero, allora, visto che tu sei seduto e io in piedi, mi inchinerò di fronte a te, figlio mio. Non credere però che la tua genitrice intenda umiliarsi così facendo. Se così fosse smetterei immediatamente. Mi devo fermare, piccino? –

– No mamma –

– Allora ecco mi abbasso e vedrò di fare del mio meglio. Ecco il primo esame orale. Tu farai l’esaminatore –

Gli lecco il frenulo dolcemente, dall’uretra cola ormai la sua ciprigna. La assaporo compiaciuta. Lentamente gli avvolgo le labbra attorno alla stessa. Poi via, giù a ingoiare del tutto. Salgo e scendo inumidendolo di saliva. Devo stare attenta a non farlo venire. Quando diventa improvvisamente più duro smetto, peccato perché mio figlio ha iniziato ad ansimare. Gli solletico la borsa

– Allora come è andata? Vuoi dirmi cosa avete fatto dopo? –

– E arrivato il mio turno, sono sceso sulla sua pisella, lei si è sdraiata e ha aperto le gambe alla mia lingua –

– Ma come parli bene caruccio. Allora, vista la nostra situazione un po’ diversa io mi alzo di fronte a te e tu avanzerai la tua testolina fino a raggiungere la regina di cuori – Devotamente il pischello si approssima al pube. 

– Cosa aspetti, passa la lingua lungo il mio solco, e quando puoi, mio caro, ancora più dentro. Là c’è un piccolo cuoricino che ti aspetta. Così bravo. Forza, mio piccolo Cupido, lascia che con le mie dita allarghi il passaggio un po’ di più. Adesso muovi la testa, mentre mi favorisci della tua lingua, come se dicessi no. Questo servirà a variare il tocco e a permetterti di assorbire meglio il mio profumo. Allora, questa volta non te l’ho ancora chiesto, e lo farò direttamente: quale sapore preferisci, il mio o quello della verginella?

– Il…tuo mamma –

– E come mai, se posso chiedertelo? –

– E’ più intenso, e tuoi umori sono deliziosi –

– Sicchè non solo l’odorato, ma anche il gusto è coinvolto nel tuo apprezzamento. Mi congratulo e ne sono fiera. Continua nella tua opera mio prediletto, dovrai soffrire ancora a lungo nella mia vulva soffocante. Anzi ti è permesso, ogni dieci volte che la tua lingua onorerà il mio fiore, di tirare una boccata di aria pura. Ma sta bene attento, non meno di dieci. Sarò io a contare. Siccome me ne hai date già sei, conterò le successive. Sette…otto…nove…dieci, respira, e intanto dimmi se ti piace –

– Mi piace molto mamma –

– Se mi immagino correttamente cosa avete fatto questo pomeriggio, la tua lingua si è mossa su quella fessura acerba troppo velocemente, come fanno gli inesperti. Invece io ti ho costumato a spargere lentamente la tua saliva su di me. Su allora, riprendi, nei hai per altre dieci –

Andiamo avanti per un bel po’ fino a che il mio ragazzo non diventa tutto rosso

– Puoi terminare adesso, respira, e stavolta dovrai proseguire con la cronaca delle tue prodezze –

– Dopo lei lo ha ripreso in bocca –

– È ben noiosa la tua derelitta, ma per correttezza eseguirò anch’io l’operazione –

Mi chino di nuovo davanti a lui. Lo accarezzo all’interno delle cosce e comincio da quelle con la lingua, per andare sempre più su ad assaporare lo scroto. Poi lecco la vena fino alla sommità e finalmente introduco nella mia bocca quel nerbo teso fino allo spasimo. Mi stacco quasi subito però.

– Come vedi non ti ho offerto a lungo i miei favori, pavento che tu mi verresti nel palato se continuassi –

– Veramente…lei continua fino a farmi venire- mi risponde lui –

– Lo supponevo. La troietta vuole concludere in fretta perché ha paura di un probabile seguito. Stavolta però non seguirò le sue gesta caro mio – Detto questo mi rialzo di fronte a lui.

– Se non sbaglio nella volta precedente che tu ti ostini a dimenticare, io ti avevo promesso una sorpresa. Ricordi? –

– Sì, lo ricordo –

– Bene, allora guarda. Io mi siedo a cavalcioni su di te. Non vorrai di farmi stare in piedi ancora a lungo – Detto questo apro le gambe, lo cavalco e mi siedo con la mia foffa a pochi centimetri dal suo paletto.

– Ah, finalmente mi accomodo su qualcosa di morbido. Mi riferisco alle tue cosce ovviamente. Mi dicevi che nella sua bocca c’è stato solo il tuo riverito orgasmo nevvero? –

– È proprio così mamma –

– Non siete mai andati oltre? –

– No – è la sua risposta decisa, ormai non ha più voce.

– Allora la tua mamma prenderà il governo di questa storia e introdurrà qualcosa che la tua gallina non ti ha offerto. Hai sentito che ho usato il verbo introdurre? –

– Sì mamma –

– E non ti suggerisce niente? –

– Parli di… –

– Precisamente, proprio di quello. Ti piacerebbe? –

– Molto mamma –

– Quindi ti piacerebbe che io mi alzassi un poco e ti venissi a sedere più vicino, mooolto più vicino, è’ cosi? – Sorrido all’ afasia del mio appassionato. Così mi faccio ancora più vicina al suo codone spalancando ancor di più le cosce. Devo dire che la cosa mi eccita molto. Ma faccio uno sforzo per controllarmi, il mio scopo non è quello di godere, anche se…

– Ecco, potrei ingoiare il tuo virgulto con un solo boccone della mia cosiddetta, ma non lo farò, Non ti sei comportato bene con me, lo sai – leggo la disperazione sul suo volto 

– Però però…mi limiterò ad avvicinare il mio solco al tuo pennone fino a toccarlo, così ecco – e comincio a strofinare la mia passerina su e giù lungo la sua spada d’amore. Ecco ti piace? Ma ora mi devo fermare, Il mio dovere di madre prevale anche su momenti come questi. Ti voglio fare una domanda. Dove dovevi andare questa sera veramente?

– Ritornavo da lei –

– Della tua stracciona vorrai dire. Bene, visto che mi hai detto la verità ti favorirò di venti oscillazioni – ondeggio le anche avanti indietro e comincio la cura. E’ di tuo gradimento caro? Ecco, io appoggio le braccia sulle tue spalle, faccio forza su queste. Così l’oscillazione verrà meglio. La ventina finisce.

– Mi sono arrestata, mio pulcino, perché ho un’altra cosa da chiederti –

– D…dimmi mamma –

– Il libro di matematica. Non lo stavi studiando vero? –

– No mamma, facevo finta –

– Così ti voglio ragazzo mio, franco e coraggioso, meriti altre dieci oscillazioni – Mi dedico alla promessa, e il mio coinvolgimento aumenta. Sento la mia vulva che si dilata internamente. Il cuore comincia a martellarmi nel petto. Sono sicura che anche le mie pupille siano dilatate. Presto finisce anche la decina, devo dire a malincuore.

– Ora che abbiamo finito anche con questo ciclo, ti chiedo di farmi due promesse. Ecco la prima: stasera voglio che una volta ancora, tu non vada all’appuntamento con la tua insana congiunta. Dovrai farlo senza telefonarle per avvisarla. Sarà sicuramente lei a chiamarti e tu troverai una scusa. Lo farai? –

– Lo farò mamma –

– O gaudio, allora procederò con otto oscillazioni. Una, due…sette, otto.- finite anche queste seconda richiesta: -dovrai studiare veramente. Niente più inganni. Comincerai da stasera. Ok? –

– Ok mamma, ma ti prego, non smettere, non ne posso più –

– Mi fai ridere razza di assassino, vedrò di accontentarti. Tu intanto leccami le tette. Vieni, te le scopro – Eseguo e mi snudo i seni diventati improvvisamente ipersensibili

– Su dai, cominciamo – inizio a muovermi lentamente ma continuamente. La mia fessura comincia a sbrodolare. Il caldo della sua lingua é come lava ardente sui miei capezzoli. Mi impongo di non eccitarmi ulteriormente ma invano. 

– Vedi che la tua mamma ti vuole bene? Vuoi che mamma si fermi? –

– No mamma ti prego! –

– E sia, ti confesso che anch’io mi sto emozionando non poco, Le mie emozioni si stanno concentrando proprio lì dove mi stai allargando le grandi labbra. Vedo che anche tu sei tutto un battito. Ti piace figlio mio? Ti piace? Eh ti piace? –

– Moltissimo mamma –

– Dimmelo ancora –

– M…moltissimo –

– E hai solo questo da dirmi? – lo apostrofo mentre continuo a strofinarmi contro di lui

– Presto, che sento la fine vicina! –

– Mamma ti prego fatti chiavare! –

– Ma come ti permetti monellaccio, dovrai accontentarti fino a che lo vorrò, frattanto mi sento prossima al decollo! –

– Anch’io madre mia! –

– E allora vieni, vieni carissimo, imbrattami con la tua sborra i peli della fica, mentre io ti accompagnerò all’unisono! –

In breve veniamo insieme gemendo il nostro piacere. Il suo sperma si spruzza fino allo sterno, mi cola sul pube. I muscoli del mio ventre spasimano più volte.

Ci rilassiamo entrambi sfiniti. Gli appoggio la testa sulla spalla.

– Vedi caruccio-faccio con voce bassa e arrochita – com’è intenso il mio desiderio di saperti bravo a scuola? Su ricomponiti, lavati e vai a studiare. Dopo verrò ad accertarmi del tuo impegno. Hai visto che non ti ho concesso quello che, nel parossismo, mi hai veementemente richiesto. Sarà così ancora per un po’. Nelle prossime giornate avrò ancora da chiederti delle cose. Buono studio mio amato –

Fine seconda puntata

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