Mia figlia si sposa. Prima parte. Il matrimonio di Silvia

Mi chiamo Carlo, ho 48 anni e da quasi 25 sono sposato con Adele. È una bella donna, ha due anni meno di me e, dalla nostra unione sono nati due figli: Michele di 24 anni, e Silvia di 21. Michele è un bel ragazzo e da tre anni convive con Pamela, da cui ha avuto una splendida bambina, che è la gioia della nostra famiglia. Oggi invece siamo alle prese con il matrimonio di Silvia e, mentre sono in camera mia e mi sto vestendo per portare mia figlia all’altare, entra mia moglie, mi viene vicino ed è visibilmente preoccupata. È molto bella nel suo abito, però, in questo momento ha il viso molto teso e preoccupato.

«Carlo, sono preoccupata, Silvia è andata nel pallone. Credo si sia fatta prendere da una forte crisi di nervi: è indecisa, se sposarsi oppure lasciar perdere tutto.»

Le metto una mano sulla spalla, la guardo negli occhi e con voce calma la tranquillizzo.

«Non ti preoccupare tesoro, abbiamo ancora un buon margine di tempo; quindi, facciamo così: avviati in chiesa con Michele e raggiungi gli invitati. Qua rimango io, sistemo tutto e, al massimo tra un’ora, saremo lì anche noi.»

«Un’ora? Ma, Carlo, gli invitati saranno tutti lì ad aspettare?!»

Le rivolgo uno sguardo che non ammette repliche e le parlo con tono deciso.

«In ogni matrimonio che si rispetti, è tradizione che la sposa si faccia aspettare. Si aspetta sempre, perché noi dovremmo far eccezione? Su, è meglio che andiate, non perdete tempo.»

Sento mia moglie e mio figlio che chiudono la porta uscendo di casa e, immediatamente mi reco in camera di mia figlia, che trovo sdraiata sul suo letto, avvolta nel suo splendido abito da sposa. Come mi vede, si gira, mi butta le braccia al collo iniziando a balbettare e piangere, evidenziando tutta la sua fragilità ed insicurezza.

«Papà! Oh, papà, sono così confusa. Io, non so cosa fare, ho tanta paura. Se poi non va? Se lui, davanti all’altare, ci ripensa! Poi io non voglio perdervi, non voglio perdere la mamma, Michele e soprattutto te, papi, perché lo sai quanto ti amo.»

Vederla così mi viene un groppo al cuore. È incantevole e, per fortuna, non si è ancora truccata, altrimenti, con il mascara, avrebbe fatto un vero disastro. È bellissima: gli occhi grandi e azzurri, la lunga treccia di capelli biondi che ondeggia, l’abito è semplice e nello stesso tempo stupendo; è anche comodo perché nasconde un lungo spacco che facilita i movimenti. Ho fatto in modo che lo prendesse, proprio perché ho tante idee su questo momento, tante fantasie, ma, soprattutto, tanti desideri da realizzare. La stringo forte tra le mie braccia: è la mia bambina. Oggi si sposa con Luigi e siamo fortunati: è un bravo ragazzo, di buona famiglia, è educato ed ha una carriera promettente; è innamorato cotto di mia figlia e le lascia fare tutto quello che vuole. L’adora e questo lo rende il genero ideale. Le asciugo le lacrime, la tengo stretta a me e il suo splendido corpo aderisce al mio e questo già mi provoca brividi di piacere. La mia voce è più calma e pacata possibile per cercare di rasserenarla.

«Amore mio, è giunto il grande momento, quello che abbiamo immaginato da tanto tempo. Non ti preoccupare, andrà tutto bene, ci sto qua io. Noi, per te, ci saremo sempre e, inoltre, hai comprato una casa non lontano da qui e per questo puoi venire qui ogni volta che vorrai e faremo le cose che abbiamo sempre fatto, io e te.

Mia figlia sorride adesso, ed è radiosa.

«Grazie papà, tu sai sempre cosa dire per farmi sentire tranquilla.»

La guardo, ha allungato le braccia, ne afferro le mani e l’aiuto a mettersi in piedi.

«Amore, sei meravigliosa, una sposa incantevole. Aspettavo da tanto questo momento; su tesoro, dammi un bel bacio e dimentica le tue preoccupazioni, perché adesso voglio realizzare ciò che ti ho promesso da tempo.»

Silvia mi mette le braccia attorno al collo e mi dà un bacio sulla bocca. Subito sento la sua lingua giocare con la mia e questo eccita entrambi. La sua mano scende veloce sulla mia patta, abbassa la zip infilandosi all’interno, ed estrae il mio cazzo già duro e maestoso. Mi fa sedere sul letto poi comincia a leccarmelo piano con grande maestria. La sua bocca è meravigliosamente calda e la sua lingua indugia lungo l’asta; poi risale e, con la punta, gioca con il prepuzio e poi lo lascia scivolare lentamente nella gola, spingendoselo il più possibile nella sua bocca. Devo ammettere che mia figlia è una splendida succhiacazzi, che mi fa veramente impazzire quando stringe il mio membro fra le sue labbra. C’è voluto un po’ di tempo per insegnarle ad ingoiare il mio membro, che è abbastanza grosso e lungo, ma lei ora lo ingloba tutto in bocca con estrema facilità. Dopo avermi rivolto uno sguardo avido di desiderio ed aver visto i miei occhi brillare di piacere, incomincia a succhiare a gola profonda, stimolandolo sempre di più, finché mi porta all’apice del piacere.

«Amore, sei fantastica! Piccola, sto per venire! Amore, ti sborro in gola!»

Silvia serra le labbra e, immediatamente, le riverso in bocca una ingente quantità di sborra, che lei ingoia, poi dà un’ultima ripulita, raccogliendo fino all’ultima stilla. Assaporo compiaciuto ancora le sue labbra e, dentro di me, mi sento fiero perché è sempre stato un mio desiderio vederla così, inginocchiata ai miei piedi a succhiarmi il cazzo, per poi scoparla in abito da sposa. È stato un mio progetto, che contava molto sul fatto che mia figlia avesse dei dubbi e, in questi ultimi giorni, ho fatto in modo che la sua indecisione aumentasse per non avere nessuno fra i piedi e poter restare un po’ con lei, prima di portarla all’altare. Dopo essersi leccata le labbra, mi dà un bacio e poi mi guarda con occhi languidi di piacere.

«Papà! Sono così eccitata che avrei voglia di spogliarmi e farmi scopare da te. Papà, ti amo e non ha nessuna intenzione di rinunciare al tuo cazzo!»

Mi sollevo, la faccio sdraiare sul letto, divaricandole le gambe: ammiro le sue cosce fasciate da calze bianche sorrette da un reggicalze di pari colore, ed anche lì perizoma che copre a malapena quell’ostrica profumata, che ora reclama il piacere che le ho sempre dato. Mi abbasso, sposto l’indumento e comincio a leccare quella fica che conosco bene: ci vuole poco per farla urlare di piacere.

«Papà! Così, cazzo come sei bravo! Leccami tutta! Oh, papà, la tua lingua mi ha sempre fatto impazzire, fin dalla prima volta che l’ho sentita sulla mia fica ho sempre desiderato godere con te, anche in questo modo.»

Lecco e raccolgo quel nettare prelibato che sgorga da quella fonte di piacere, da cui mi disseto da sei anni.

«Amore mio, ricordi quando mi hai detto che non volevi sposarti per non privarti di sentire la mia sborra dentro di te? Ed io, per convincerti, ti ho promesso che ti avrei portato all’altare con il pancino pieno della mia sborra? È ora di mantenere quella promessa e adesso ti riempirò il ventre con la sborra che a te piace tanto.»

La guardo, le sorrido e mi slaccio i pantaloni; li abbasso fino alle caviglie, poi mi distendo di nuovo sul letto e, dopo averla aiutata a togliersi le scarpe ed a farla salire in piedi sopra di me, le allargo il vestito; lei sorride perché ora le diventa chiaro perché ho insistito a farle acquistare quel modello con quello spacco davanti. Lei divarica lentamente le gambe, perfettamente consapevole di quanto adori ammirare quella sua fica che si schiude per accogliermi dentro di sé e, scendendo lentamente, si impala sulla mia verga che le sprofonda tutta nel ventre.

«Ooh, papà! Come mi riempie il tuo cazzone! Ho sempre adorato sentirmi piena del tuo cazzo stupendo!»

Allunga le braccia cingendomi il collo, poi socchiude gli occhi e reclina la testa all’indietro: ondeggia ad occhi chiusi, mentre il suo viso si trasforma in una maschera di piacere. Comincio a pompare quella fica inarcando un po’ le gambe; la faccio sobbalzare su di me e, ben presto, lei comincia a gemere di piacere e ad incitarmi a scoparla ancora più forte.

«Così, papà! Riempimi! Scopami più forte! Come son piena! Ti sento fino in fondo!»

Tengo un buon ritmo. Guardo il suo volto stravolto dal piacere e sono immensamente felice. Lei ricambia lo sguardo e, ogni tanto, mi bacia le labbra, persistendo ad incitarmi.

«Papà! Come sei bravo! E come sei grosso! Luigi non è bravo e nemmeno grosso come te! È più piccolo e viene subito! Tu invece sei un vero toro che mi fa impazzire!»

La sento godere e mi rendo conto che deve amarmi moltissimo per accettare di scopare con quella mezzasega del futuro marito che, devo ammettere, pensa molto a far carriera per poterle assicurare una vita agiata ed è per questo che sono sicuro che lei proseguirà a voler sempre godere del mio cazzo. Son felice di scopare questa troia di mia figlia, che ho allevato trasformandola da una semplice puttanella, a questa splendida troia che ora sta godendo sul mio cazzo. In breve arriva all’orgasmo e gode mugolando e gemendo di piacere, mentre io continuo a stantuffarla, per farle assaporare fino in fondo l’orgasmo ed il piacere che sta provando. Mi bacia con passione, poi mi esorta a farcire il suo ventre del mio piacere.

«Dai, papà! Voglio sentire che mi inondi il ventre con il tuo piacere! Voglio sentirmi tutta piena!»

A queste parole, vengo anch’io. Una buona dose di sperma, la seconda di oggi, le riempie la pancia. Lei si porta la mano all’imboccatura della fica come per tapparla, ne raccoglie un po’ sulle dita e se le porta alla bocca, leccandole con avidità.

«Amore! Non esagerare, altrimenti non ci muoviamo più! Lo sai benissimo che, quando fai la troia così con me, mi fa impazzire!»

Lei mi guarda in maniera cattiva, ma è una finzione, poi si alza, e scende dal letto, si sfila il perizoma e da un cassetto prende altre mutandine, che indossa velocemente.

«Voglio indossare queste, perché così la tua sborra mi rimane più a lungo possibile in fica.»

La guardo compiaciuto della sua profonda troiaggine, e questo mi eccita ancor di più e mi stupisce il fatto che il mio cazzo sia ancora duro dopo due orgasmi, durante i quali non mi sono certo risparmiato nello svuotarmi nei suoi buchi. Mi alzo, l’afferro, la faccio appoggiare con le mani sul letto, piegata a 90° e, dopo aver alzato il vestito sopra le sue spalle, mi posiziono dietro di lei.

«Papà, che fai? Facciamo tardi!»

Abbasso leggermente la mutandina, quel tanto che basta e poi appoggio velocemente il cazzo all’imboccatura dell’ano e spingo forte.

«Scusa tesoro, ma avevo dimenticato che devo ancora riempirti in un’altra parte.»

La tengo stretta per i fianchi e, con un affondo deciso, le entro tutto dentro fino in fondo. Lei emette un lungo gemito e spinge il suo corpo contro il mio.

«Oh, papi! Sì, sfondami! Riempimi pure il culo!»

Le sbatto il culo come un pazzo scatenato, mentre lei continua ad incitarmi; porta una mano sotto e si masturba il clitoride per godere più velocemente. Sono così eccitato che non ci vuole molto a portarmi all’apice del piacere e le scarico dentro quel po’ di seme che ancora resta nelle mie palle, mentre lei raggiunge un ennesimo orgasmo. È un orgasmo intenso anche questo, che un po’ mi stordisce, e, quando mi sfilo da lei, Silvia si ricompone velocemente e, insieme, ci dirigiamo verso la chiesa, dove ci vedono arrivare. Mia moglie mi fa un cenno d’intesa, mentre offro il braccio a Silvia per accompagnarla all’altare. L’organo intona le note della marcia nuziale noi entriamo piano; lei si stringe al mio braccio, mentre solleva un attimo il volto verso di me ed i suoi occhi sono raggianti; la sua voce è qualcosa che mi fa fremere il cazzo nelle mutande.

«Papà! La tua sborra mi cola ancora dalla fica lungo la coscia, perché, per la doppia farcitura, le mutandine non sono in grado di contenere.»

La guardo raggiante e le parlo con tono complice:

«Allora? Te li senti i buchi pieni? Ricordi che ti ho promesso che ti avrei regalato questa sensazione? Dimmi, ti piace?»

Lei sorride emozionata.

«Sì, papà! È bellissimo! È una sensazione meravigliosa!»

Dopo un aver attraversato la navata della chiesa, l’affido all’ignaro cornuto e mi accosto a mia moglie, che si complimenta con me per averla convinta e rasserenata.

«Carlo, ma come hai fatto? Prima piangeva così disperata ed ora è felice e raggiante!»

Senza voltarmi e, con finta modestia, le rispondo usando un doppio senso.

«Non ho fatto niente di speciale, ma io so come prendere mia figlia e, soprattutto, come iniettarle massicce dosi di fiducia.»

Poi mi giro a guardare mia figlia e, dentro di me, con prepotenza riaffiorano i ricordi di come sono arrivato a tutto questo. Ricordo che, la prima volta che notai un suo particolare interesse nei miei confronti, fu quando, alla fine dei suoi 16 anni, un pomeriggio, ebbi ad accompagnarla ad una festa di compleanno di una sua amica. Avrei dovuto tornare a riprenderla molto tardi, invece, dopo due ore, mi chiamò pregandomi di riportarla a casa. Lungo il tragitto di ritorno, era silenziosa, triste e sconsolata ed io ebbi la netta impressione che fosse accaduto qualcosa di irreparabile. Giunti a casa, poiché eravamo soli, in quanto mia moglie e suo fratello erano assenti per tutto il weekend, lei si è buttata sul letto e si è messa a piangere. Io cercai di consolarla e, tenendola dolcemente fra le braccia, le chiesi cosa fosse successo.

«Voglio morire! A questo mondo non c’è nessuno che mi ama! Questo mondo fa schifo! Come si può amare un mondo, dove la tua migliore amica si fa scopare dal ragazzo più fico, che io cercavo di conquistare?»

L’ho consolata, dicendole che il mondo era pieno di ragazzi fichi, e una bella ragazza come lei non avrebbe avuto nessuna difficoltà a farli innamorare di sé. Poi uscii dalla sua camera e mi ritirai nella mia. Mi ero appena messo a letto e, come sempre, ero nudo, quando è arrivata mia figlia: si infilò sotto le coperte accanto a me, chiedendomi se poteva dormire con me. La circostanza mi impose di propendere per il sì. Indossava una casta mutandina, ed una semplice T-shirt, che è salita tutta quando si è infilata sotto le coperte, mostrando il suo seno già ben modellato e generoso. Dopo essersi distesa accanto a me, all’improvviso mi salì sopra, sedendosi sul mio cazzo e schiacciando lo spacco della sua fica su di esso. Entrambi i sessi erano divisi dal solo tessuto della sua mutandina; lei era sdraiata su di me e, guardandomi per un attimo negli occhi, la sua bocca ebbe ad unirsi alla mia. Immediatamente avvertii il calore della sua fica attraverso quel sottile strato di stoffa ed il mio cazzo crebbe a dismisura. Ad un tratto, allungò le mani, portandole in basso, per, con entrambe, afferrare il mio membro.

«Papà! Finalmente riesco a stringere in mano un vero cazzo! Ne ho tenuti alcuni in mano, ma nessuno mi ha mai dato l’emozione che provo ora nel sentire il tuo, grosso e duro.» Senza dir niente e con un semplice gesto, scostò le mutandine di lato, si sollevò giusto quel tanto che poteva bastare, affinché la cappella le si poggiasse sullo spacco della fica, facendosi poi cadere su di essa, impalandosi. Sollevò il corpo in verticale, la testa reclinata indietro, la bocca spalancata, ma senza emettere alcun suono. Fu quello il momento in cui divenimmo schiavi l’uno dell’altro. Ho desiderato sempre di più quel corpo, e lei mi hai ripagato donandomi tutto il piacere possibile. Mi sentii in dovere di insegnarle tutto, e lei si mostrò allieva attenta e diligente, trasformandosi, da una puttanella inesperta come tante, a quella meravigliosa troia che è oggi, e che sta sposando questo inconsapevole cornuto. Quando lo conobbe, si rese subito conto che era innamorato cotto, ed io la esortai a portava avanti quella relazione, perché lui avrebbe rappresentato è il suo futuro, ma io avrei continuato ad esser il suo presente. Non voleva sposarlo per timore di perdere il piacere che provava nel farsi scopare da me, e per questo le promisi che l’avrei condotta all’altare, farcita del mio piacere e ora son soddisfatto di esser riuscito a mantenere questa mia promessa. Conoscendola, son sicuro che quando vorrà farmi diventare nonno, di certo non sarà questo ignaro cornuto che la sposa ad inondare il suo ventre e, già questo, mi provoca un’eccitazione che mi manda

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