Le prime foto porno

Per molti giovani che si approcciano al mondo della pornografia oggi, l’idea di farsi foto e video è normale. Un tempo, quando io e Giuseppe abbiamo iniziato a giocare, farsi fotografare nudi o far sesso era tutta un’altra esperienza. Molto più di nicchia. Era una cosa molto contro gli schemi, trasgressiva perché dovevi portare le fotografie a far sviluppare, sapendo che un fotografo sconosciuto avrebbe visto tutto. Sento ancora su di me gli sguardi di rimprovero di vari fotografi, che avevano sviluppato rullini in cui si vedeva chiaramente il mio viso pieno di sperma o il mio corpo penetrato da uno o due membri.

Ricordo bene le prime vere fotografie. Giuseppe si informò da amici di amici e venne fuori che esisteva un fotografo ritrattista che era specializzato in fotografia erotica in centro a Milano. Un qualcosa di assolutamente spinto e peccaminoso per gli anni ’70. Ricordo che parcheggiammo la macchina nei pressi del piccolo studio vicino ai Navigli, in una tipica casa di ringhiera milanese. Eravamo eccitatissimi.

Nel salire le scale, sentivo addosso gli occhi delle signore anziane della corte, che sapevano benissimo cosa fossi lì a fare, vedendo una giovane ragazza seguita da un altrettanto giovane ragazzo verso l’ultimo piano, dove viveva quel fotografo della perdizione (a loro avviso). Suonammo il campanello e ci aprì un uomo sulla quarantina, aveva 15 o massimo 20 anni più di noi. Di corporatura massiccia, alto, con una folta barba lunga e capelli mossi, neri, portati fino alle spalle. Aveva tracce di pelo grigio fra i peli della barba, così come alcuni fili bianchi fra i capelli. Fumava avidamente al punto che la casa puzzava di tabacco, come il suo alito che ci arrivò addosso mentre ci strinse la mano nel presentarsi.

“Benvenuti! Allora sei tu la porcellina che vuole farsi fotografare?” – “Sì, direi di sì” risposi, con un filo di imbarazzo per gli occhi famelici di quell’uomo puntati addosso. “E tu guardi o vuoi partecipare? Se hai un bell’arnese posso farvi delle foto di coppia volendo. Come sei messo?” chiese rivolgendosi a Giuseppe. “Abbastanza bene, sui 17 più o meno”. Al che il fotografo rise di gusto, spostando la sigaretta dalle labbra e sbuffando una catramosa nube di fumo nell’aria del piccolissimo salottino, occupato per metà da cavalletti e macchine fotografiche. “17 centimetri non è essere messi bene. Dopo mi faccio fotografare da te mentre la tua ragazza mi spompina. Vedrai cosa significa essere ben dotati. Però sei un bel ragazzo, qualcosa uscirà fuori, ok?” – “Va bene, per me nessun problema, anzi ne avrei a non essere fotografato forse” rispose ridendo Giuseppe, che dei due, è sempre stato quello più esibizionista.

“Avete due alternative. O mi pagate il servizio e vi tenete le foto, ma costo caro. Oppure posate per me gratis, avrete le vostre foto stampate, ma in cambio cederete a me i diritti e le potrò vendere a riviste o a privati che faranno offerte. Scegliete voi”. Eravamo due studenti universitari e pagare buona parte delle mance che ci davano in famiglia per i pranzi o le piccole uscite settimanali, solo per l’eccitazione di vederci ritratti in fotografie spinte ci sembrò assurdo. Optammo per la prima ipotesi. Chiesi solo una cosa “Ma se finisco sulle riviste, mi vedranno in tanti?” . Il fotografo rise di nuovo, accarezzandomi la guancia “La tua fighetta sarà sbattuta in prima pagina. Avrai un sacco di ragazzini o vecchi che non scopano più, che si tireranno segoni di ore intere guardandoti. Contenta?”. La prospettiva mi eccitava, effettivamente. Ed eccitava molto anche Giuseppe, a giudicare dal rigonfiamento dei suoi pantaloni. “Bene, vieni qua davanti” mi disse.

Mi misi davanti a lui, con un paio di jeans attillati e una maglia bianca, molto semplice. Da seduto iniziò a far scorrere le dita sulla mia vagina. Passò l’indice con pressione e velocità avanti e indietro, fuori dai jeans ma in corrispondenza delle labbra. Sentii una vampata di calore e una sensazione piacevole di stimolazione genitale. Iniziai a bagnarmi. “Bella calda e già umidiccia. Brava troietta. Spogliati”. Mi calai i pantaloni e poi tolsi la maglia. Rimasi in reggiseno e mutandine. Poi tolsi il reggiseno: “Belle tettine” disse il fotografo a Giuseppe. E infine feci cadere a terra le mutandine e rimasi lì, nuda davanti a loro due.

Il fotografo mi fece avvicinare, mi mise il suo pollice bello largo tra le grandi labbra e iniziò ad esplorare. Nel frattempo si muoveva con il medio verso il mio orifizio anale. “OK, bella aperta vedo, mettiti lì seduta”. Mi fece accomodare su una poltrona, facendomi aprire le gambe, appoggiandole ciascuna su un bracciolo. Avevo la vagina ben esposta, aperta e bagnata al punto giusto. Si avvicinò, tenendo la sigaretta in bocca e stringendo gli occhi per il fumo che gli arrivava in faccia. Con le dita sapienti mi stimolò per mettere meglio in evidenza il clitoride e mi disse: “Sfiorati leggermente il pube con una mano. Con l’altra ti tocchi un capezzolo e inarchi la schiena. Morditi il labbro inferiore e chiudi gli occhi, devi risultare una troietta vogliosa di cazzo… e non penso sia difficile”

Poi mi fece sistemare sulla stessa poltrona in ginocchio, voltata verso lo schienale, in modo che chi era dietro l’obiettivo vedesse in primo piano il mio sedere. “Stringi bene le ginocchia e spingi in fuori il culo: voglio vedere il buchetto” e me lo fece aprire con le dita. A quel punto chiamò Giuseppe. “Visto che hai il pisellino, renditi utile in altro modo. Spogliati e una volta che sei nudo infilale un dito in culo”. Giuseppe si spogliò, lasciando percepire tutta la sua eccitazione da quella erezione marmorea che tendeva tutta la pelle del suo pisello, al punto da scappellarlo completamente. Si avvicinò a me e il fotografo disse “Vabbè, non è così piccolo, mettiglielo sulla chiappa. Dobbiamo far capire che stai per penetrarla analmente”. Al che sentii il tocco del pisello caldo e appiccicoso del mio fidanzato sulla chiappa. “Bene così, stringilo in mano mentre glielo porti al culo e con una mano allarga bene le chiappe, deve vedersi bene che ha l’ano aperto, pronto ad accoglierti”. Glielo fece appoggiare al mio ano, ma vide che Giuseppe era durissimo ma non bagnato. “Non mi si bagna mai molto prima dell’atto” disse lui. E il fotografo: “Ma deve esserci la goccina se vogliamo far eccitare i segaioli”, al che si mise della saliva sul dito e la spalmò sulla cappella di Giuseppe, che a sentirselo toccare da un uomo, ebbe un sussulto.

Seguirono altre foto, finché lo stesso fotografo lo tirò fuori. “Ora le foto del pompino, vai tu dietro la macchina. Quando ti dico scatta, tu scatta” . Si mise davanti a me con questo pisello gigante. Probabilmente era sui 20 o addirittura 22 cm. Non era nemmeno del tutto duro, tanto era grosso. Mi fece aprire la bocca e restare con la lingua fuori appena appoggiata alla sua cappella che puzzava fortemente di urina. Mi ritrassi un attimo. “No, ferma. Non stai scopando. Ma stai facendo un servizio fotografico dove simuli di scopare. Devi stare ferma, o viene mossa la foto”. Fece scattare una foto e poi me lo mise in bocca: “Mentre hai la mia cappella in bocca, tira fuori la lingua da sotto il tronco, come se te lo stessi portando dentro in bocca”. Rimasi così con quella cappella gigante e la lingua fuori.

Alla fine il fotografo disse a Giuseppe: “Visto che ti vedo bello eccitato, vienile tu in faccia che per la foto di fine pompino mi serve una sborrata. Così ne approfitto che mi è venuta voglia di farcirla e non spreco una venuta in faccia”. Così facendo, preannunciava la sua intenzione non solo di avere un rapporto sessuale completo con me, come fosse un atto dovuto ma addirittura di venirmi dentro. Non gli avrei comunque detto di no, eccitata com’ero. Giuseppe a quel punto si avvicinò al mio viso, masturbandosi con gran foga. Lo vedevo dal basso e riconoscevo la ritmica dei suoi colpi di mano, capii che stava per venire quando si strinse la cappella nel pugno e mi riempì occhi, fronte e naso di sperma. Il fotografo gli disse “Corri dietro la macchina, riprenderai fiato dopo, vai prima che si asciughi”. Mise la sua cappella sullo sperma di Giuseppe, nell’incavo fra il mio naso e l’occhio. Per assicurarsi che sembrasse sua ne prese un po’ sulla cappella, con l’effetto di farmela finire quasi tutta nell’occhio.

Finite le foto, mi spinse giù dalla poltrona, sul tappeto e in pochi secondi fu dentro di me. Venne copiosamente dentro di me dopo pochissimi colpi.

Le foto finirono su un noto giornale erotico italiano.

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