La caduta della Fenice

La stanza all’ultimo piano del Cartago si stava lentamente riempiendo con tutti i luogotenenti di Leo. La scrivania era piena di carte, la poltrona in cuoio rosso del boss vuota e il caminetto acceso.

Luc stava in piedi appoggiato davanti alla scrivania e fissava i membri della “Fenice” che piano piano si posizionavano all’interno dello studio.

Linda, la proprietaria del Cartago, arrivò con il suo solito charme e il suo seguito di cortigiane, seguita subito dopo Hanne Emporos, che era ormai a capo della compagnia mercantile della famiglia Emporos, più splendida che mai. Erano passati due anni dalla sconfitta di Kero e la città di Teled era sotto il pieno controllo della Fenice. Da quel gruppetto di persone che Leo aveva piano piano reclutato ora nella sala c’erano dodici tra uomini e donne, i suoi luogotenenti e responsabili delle attività dell’organizzazione che tutti conoscevano come “La Fenice”.

C’erano tutti, tranne Leo.

         «Dov’è il capo?», chiese Linda.

         «Lui non verrà!».

Tutti guardavano in modo stranito Luc. La risposta e il tono con cui l’aveva data faceva presagire che fosse successo qualcosa a Leo.

         «E’ successo qualcosa a Leo?», chiese Hanne preoccupata.

         «No, non ancora. Il motivo per cui vi ho convocati qui è proprio per parlare di lui.».

Nessuno sapeva cosa Luc volesse dire, ma l’aria che tirava nella stanza era oscura. Quello che stavano facendo aveva molti nomi: congiura, ammutinamento – insomma – TRADIMENTO.

Le parole di Luc rimbombavano nella stanza e pesavano sulle menti e i cuori dei presenti come macigni.

Le uniche due a porre delle obiezioni furono Linda e Hanne.

         «Linda, quante delle tue cortigiane sono volontarie e quante sono state comprate come schiave? E quante di loro sono state liberate e se ne sono andate per rifarsi una vita? Erano questi i patti che avevate? Non è vero che negli ultimi due anni ha usato le tue ragazze per ottenere informazioni sui clienti più abbienti e di conseguenza più potere?».

Per quanto Linda volesse negarlo, le cose erano esattamente così. Più di una volta ne aveva parlato con Leo e quello che aveva ottenuto era la promessa che se ne sarebbe occupato, che le cose sarebbero cambiate, che aveva solo bisogno di altro tempo per poter stabilizzare il suo potere su Taled.

         «E Hanne, da quanto tempo dovete sposarvi? C’è sempre qualcosa di più importante da fare, un’altra missione da compiere, un altro traffico da controllare. Intanto le sue amanti crescono di numero e le promesse fatte restano sotterrate tra centinaia di scuse.».

Ancora una volta Luc aveva colpito nel segno. Aveva centrato una sofferenza che Hanne sentiva e l’aveva sfruttata per portarla dalla sua parte.

         «Amici e amiche, non è più il Leo che abbiamo conosciuto. Non è più il capo che abbiamo giurato di seguire. Accecato dall’avidità e dalla sete di vendetta. O forse non lo è mai stato. Sto per rivelarvi una segreto che anche io ho scoperto da poco. Un segreto che riguarda il marchio.».

Chi involontariamente e chi no, tutti i presenti si toccarono la fenice che al momento del giuramento era stata impressa sulla loro pelle.

         «Ci è stato detto che questo marchio era magico, che creava un legame con Leo. Beh, lo sarebbe se solo Leo fosse in grado di usare la magia. Quello che abbiamo addosso è un semplice marchio, il suo vero potere? Il potere di tenerci legati a Leo? Basato su una bugia. Ci ha ingannati sin dall’inizio! E ora è tempo di prenderci quello che ci spetta, quello che ci è stato promesso. Da oggi questa organizzazione non si chiamerà più “La Fenice”, rompiamo le catene che ci legano a lui. E da uomini e donne liberi, ci chiameremo “La Brigata Fenix” perché nessuno è superiore agli altri, ma siamo tutti pari.».

Il tradimento si compiva sotto scroscianti applausi al discorso di Luc. Un discorso basato sulla verità del marchio, ma niente di più. Un discorso che preparava da anni, un tradimento che covava da anni e una sete di potere che aveva sapientemente celato a tutti.

La Brigata nasceva dalle ceneri della Fenice con una promessa di uguaglianza e libertà, ma ignara di essere nelle mani di quello che sarebbe diventato uno dei più spietati e crudeli criminali che l’intero continente avrebbe mai conosciuto.

———————————————————————————————————————

Il sole era basso nel cielo. La giornata volgeva al termine e un giovane uomo camminava sulla spiaggia. Nessuno conosceva la sua meta, nemmeno lui. Il suo nome era sconosciuto, così come vuota era la sua mente. Era completamente nudo e solo. Il fisico scolpito da centinaia di allenamenti e segnato dagli avvenimenti di un passato che non ricordava nemmeno. Una nuova cicatrice stava guarendo sul suo petto, una bruciatura come se qualcuno avesse coperto un antico marchio sulla sua pelle.

I capelli corvini e mossi avevano raggiunto ormai le spalle e la barba era folta e lunga. Le labbra screpolate e secche, così come lo stato della sua pelle mostravano che il suo vagare in quello stato durava da giorni. E avrebbe continuato a camminare se il destino non avesse fatto capolino sul suo tragitto.

A pochi metri dalla riva, parzialmente emerso dalla chiare acque del mare, si ergeva un scoglio di pietra scura su cui si poteva intravedere controsole una figura umana. L’uomo colpito dalle forme femminili si avvicinò. L’acqua saliva gradualmente lunga la sua gambe. Fino a che non fu a livello della vita. Era accanto allo scoglio e quello che poteva vedere era uno spettacolo raccapricciante.

La giovane figura sulla roccia era seduta e il suo bellissimo corpo stava lentamente diventando pietra. Le mani e le gambe erano già tramutate in roccia, così come il resto del corpo fino al collo. Il viso più bello che l’uomo poteva ricordare di aver visto, i lineamenti delicati, il naso piccolo e leggermente all’insù, gli occhi castani che lo fissavano e lo imploravano di salvarla. La bocca imbavagliata con della stoffa che le impediva di parlare. Una lacrima scese lungo la sua guancia abbronzata, non sarebbe morta da sola, anche se ormai era rassegnata che sarebbe morta.

L’uomo non disse nulla. Si limitò ad allungare una mano e la appoggiò sul ventre di pietra della donna. Il suo sguardo passò dal suo viso barbuto alla mano sul suo ventre per poi tornare a fissare i suoi occhi.

“Aiutami!”, diceva il suo sguardo.

L’uomo chiuse gli occhi e inspirò profondamente, come se in quel respiro si accumulasse tutta la concentrazione che poteva raccogliere. L’avanzare della pietrificazione si fermò all’improvviso e lentamente la pietra scura lasciava spazio alla pelle abbronzata della giovane.

Piano piano i nudi seni della ragazza tornarono a prendere i raggi solari con i suoi capezzoli inturgiditi dallo stress rivolti verso il cielo come a respirare nuovamente la libertà. Fu poi il turno del ventre piatto e della vita, un sedere sodo e ben fatto, un ciuffetto di pelo castano come i lunghi e lisci capelli torno a scuotersi sotto il soffio della brezza marina, le gambe slanciate e le braccia atletiche furono le ultime ad essere liberate dalla pietra.

Sul palmo della mano dell’uomo, oramai staccato dal ventre della giovane, c’era una sfera scura di luce che sparì nel momento in cui il giovane chiuse il pugno.

         «Grazie!».

Fu l’unica cosa che riuscì a dire la giovane tra le lacrime.

I due uscirono dall’acqua in silenzio e lei lo condusse ad una capanna in cime ad una collinetta proprio a ridosso della spiaggia.

Lì coricata sul letto si addormentò sfinita. Seguita poco tempo dopo dall’uomo stanco per l’importante sforzo magico.

Una chioma bionda spunta da sotto le coperte di seta bianche. Sento la sua bocca sul mio petto. Mi bacia. Scende lungo gli addominali. La sua lingua preme contro la mia pelle, così come le sue labbra.

         «Abbiamo risvegliato qualcuno qua sotto!».

Una voce dolce e al tempo stesso scherzosa.

La pressione umida delle sue labbra passa dai miei addominali al mio sesso duro. Lo bacio. Lo lecca.

         «Ti adoro!».

Sorrido.      

         «Anche io!».

Sento un calore umido avvolgere il mio sesso. La pressione della lingua. La mano delicata a sostenere le palle.

Il tempo passa senza che me ne renda conto. Non so da quanto si sta dedicando a me. Sento il piacere salire velocemente verso la punta del mio sesso e lo riverso in quella calda e umida bocca che così piacevolmente si è presa cura di me.

         «Leo…».

L’uomo aprì gli occhi di colpo. Era tornato nella casetta sulla collina. La giovane fissava la notevole erezione dell’uomo che si era addormentato ancora nudo la sera prima.

         «Non crederai che la tua ricompensa per avermi salvato sia il sesso, vero?!».

La ragazza lo guardava con aria di sfida. Il giovane non rispose.

         «Chiuderò un occhio alla luce di quello che mi hai fatto.».

La ragazza gli porse dei vecchi abiti da uomo, probabilmente del padre.

         «Mi chiamo Sky. E tu?».

         «Non lo so!».

         «Non sai come ti chiami?».

         «Non ricordo nulla. Il primo ricordo che ho è la tua sagoma su quello scoglio. Non so chi sono, non so da dove vengo, non so dove sono e non so cosa ci faccio qui.».

Lo sguardo spaesato del giovane convinse la Sky che non stava mentendo.

         «Nemmeno il tuo nome?».

         «Il mio nome?».

         «Sì, come ti chiami? Prova a sforzarti. Almeno il tuo nome.».

Fu all’incalzare di Sky che il giovane ricordò il sogno che stava facendo poco prima di essere svegliato. Non sapeva se quello fosse davvero il suo nome, ma tanto valeva usare quello.

         «Leo… mi chiamo Leo.».

💥 CONTINUA A LEGGERE 💥