Amanti

– Ho un po’ di paura, sai – mi dice esitando, distogliendo per un momento la bocca dalla mia.

– Paura di che?

– Paura di te, Matilde. Ho paura di perdere il senno per te. Tu mi baci e io farei qualsiasi cosa. Voglio dire, se ci fosse Franco qui, o un altro, non sarebbe la stessa cosa, perché noi due saremmo in competizione, faremmo, per così dire, a chi è più brava con lui. Saremmo felici di servirlo e di fare le troie tra di noi per lui e per il suo piacere. Invece così sei proprio tu che io voglio… e questo mi fa un po’ paura.

– Tu non lo sai, ma anch’io ti ho sognata e ho fatto l’amore con te, proprio questa mattina…

– Davvero?

– Sì, e aspettavo a dirtelo, perché è importante, non è una cosa che ti capita così e poi ti passa. Mi sono preparata per te, quasi sapessi che tu avresti telefonato. Ma prima ero sdraiata sul letto e mi sono masturbata pensando che tu eri lì a guardarmi, poi a leccarmi. Ho pensato a te anche quando mi lavavo. Ti ho pensata tutta la mattina. E Franco non c’entra, sei tu il fulcro…

E mentre le parlo mi faccio coraggio e le tiro giù la lampo laterale dei pantaloni. Lei mi aiuta e sguscia appena, in modo da offrirmi un delizioso slippino, al cui fondo noto subito una lieve traccia umida.

Rimane così, le gambe allungate e appoggiate sul tavolino, i pantaloni a metà, ben conscia della muta seduzione di pancia mezza scoperta e di abbandono. Mi alzo, le sfilo interamente i pantaloni, che butto più in là, ma le rimetto con devozione le scarpe. In silenzio, mi tolgo la camicetta slacciando quei due bottoni, poi la mini, scoprendo alla sua vista un paio di gambe che non hanno proprio nulla da invidiare ad altre.

Lentamente rimango con il mio slip azzurro, che sembra vivere di vita propria, respirando l’eccitazione che lo circonda da dentro e da fuori. L’orlo sulle cosce è leggermente distaccato dalla pelle.

Anche lei si è tolta la camicia, siamo entrambe nude con gli slip, siamo eccitate, abbiamo tanta voglia di darci piacere e amore. Avvicino la mano all’orlo delle sue mutandine.

– Voglio vederti, Debra. Voglio vederti intera, voglio capire cos’hai che io non ho…

Sollevo l’orlo ed entro teneramente con la mano. Lei chiude gli occhi e si abbandona, si schiude. Con il dito arrivo alla fessura, che sento bagnata, calda.

– Ne avevi così voglia, quando ti ha preso? E perché pensavi a me?

– Sì, Matilde, pensavo a te e avevo la figa tutta bagnata, come ora. Era davvero meraviglioso, eccitante. Avrei voluto che tu fossi lì con me.

– Io invece mi sono messa un dito sul clitoride – le sussurro – ed ho cominciato a carezzarmi. Pensavo che tu mi leccassi e poi mi dicessi delle cose un po’ dure, del tipo “godi, troia lesbica, sgrillettati mentre ti lecco e ti guardo”.

Intanto con il dito vado su e giù per la sua figa, dolcemente, quasi senza farci caso, passeggiando. Sento però che lei con la testa è tutta lì e che si sta abbandonando al piacere in modo totale.

Il mio dito è ormai fradicio dei suoi umori, le mutandine sono un ostacolo. Interrompiamo per denudarci completamente. Poi avvicino la mia bocca alla sua figa, con amore. Con le labbra gioco un po’ con lei, labbra su labbra.

– Come sei bella, Debra.

– Tu sei meravigliosa, Matilde. Voglio fare l’amore con te, vorrei essere un uomo per scoparti.

– Anch’io vorrei essere un uomo per scoparti, ma credo che ti farò godere come una pazza ugualmente e tu farai altrettanto con me.

Le porgo una mano e l’aiuto a sollevarsi. Assieme camminiamo verso la mia camera da letto. Per via del caldo, in questo momento ci sono le persiane chiuse. Accendo una piccola lampada da notte, ma lei vuole che la luce inondi la stanza.

– Ti voglio vedere – mi dice – voglio vedere mentre godi.

E così si allontana da me e va alla finestra; la apre in modo da lasciare passare una fessura di luce pomeridiana, una sciabolata di sole che si rifrange sul letto, ancora sfatto dalle mie evoluzioni.

– Guarda, Debra, è così che mi sono masturbata questa mattina – le dico mentre si avvicina al letto – Ero nuda come adesso. Mi sono sdraiata così, e così ho cominciato.

E allora mi sdraio di nuovo, mi acconcio in orizzontale alla ricerca della massima comodità. Debra è affascinata dal mio muovermi lento, dalla mia decisione e voglia di ripetere con lei le mie fantasie erotiche.

Mi accarezzo il clitoride, me lo masturbo a gambe leggermente divaricate, orgogliosa di quello che sto facendo, in un muto invito affinché avvicini il suo volto, a fare davvero quello che io le ho raccontato.

Lei invece si adagia accanto a me e mi copia, si tocca piano e a occhi chiusi, poi dice: – Amore, è bellissimo. Sogno di essere te, mi hai conquistato il cuore, ma anche l’anima. Sono tua anche con il cervello. Ora voglio masturbarmi con te, in comunione, urlare l’orgasmo assieme a te, senza che ci tocchiamo a vicenda. Abbiamo ancora tanto tempo e voglio godermelo tutto, cominciando come due ragazzine che per la prima volta provano il sesso.

– L’hai fatto magari con qualche amichetta, anni fa?

– Una volta, ma avrei voluto farlo di più, per un certo periodo. Poi mi è passata. Ho fatto però un sacco di fantasie lesbiche. E tu?

– No, non l’ho mai fatto. Anch’io un sacco di fantasie. Però è bellissimo, vedere che tu fai la stessa cosa. Facciamolo guardandoci.

E così mi volto di fianco, il dito sulla figa. Lei fa altrettanto, ci guardiamo, poi ci baciamo. E questa volta il bacio è pieno di saliva, è denso di umore, proprio come le nostre fighe che non vedono l’ora di entrare davvero in azione. Tra il culo e la figa è tutto un torpore attivo, un agguato, un godimento d’attesa, un fuoco che tra poco non sarà più represso.

– Debra, io adesso vengo… sto per venire… amore, se mi tocco ancora vengo!

– Anch’io sto per sborrare. Dai, facciamolo, anche tu assieme a me, così, così, cosììì, aah, aah!

La nostra prima sborrata, in comune ma solitaria, è il segnale che ormai tra noi non c’è più il minimo pudore e il gioco sta per iniziare alla grande.

Io pretendo che lei mi lecchi la figa, in realtà glielo ordino, esattamente come volevo questa mattina. E mentre mi obbedisce, io mi tocco ancora, ho appena cominciato a godere, non mi ferma più nessuno. Pretendo anche che mi dica le stesse cose che sognavo: – Non ti aspettavi di essere come una lesbica, vero? Ci volevo io per farti capire cosa ti può mandare in paradiso. Toccati, troia, fammi vedere come godi, mentre io ti lecco, ti guardo e ti parlo. Fa quel che ti dico io, godi e basta.

Io rispondo con frasi sconnesse, assai meno lucide di quanto facevo questa mattina. Sento la sua lingua entrare e uscire dalla mia figa, da padrona, come fosse la più esperta delle troie. Sento che le sto per venire in faccia e allora lo dico: – Vengo, Debra, mi fai venire con quella lingua, non ti si può resistere. Sei il mio amore, la mia amante e io sono la tua troia. Ecco, sborro, sborro, così, leccami ancora mentre sborro, ti lavo la faccia con la mia sborra…

E con le ultime mosse prima dell’orgasmo, le incollo la figa sulla bocca, mentre ancora mi tocco con il dito, perché a godere non deve esserci limite e io so che a lei piace vedere il mio dito che si muove e che le sfiora un po’ il naso.

– Matilde, così sei più lesbica di me… io non so se riuscirei a godere come te… io forse ho bisogno del cazzo…

A queste parole, pur nella fatica di ritornare su questa terra, sento una punta di tristezza: vorrei scacciarla, allontanare questa sensazione di non essere riuscita a farla felice. Il risultato è che riesce proprio a farmi incazzare.

Allora mi sollevo in ginocchio, la guardo lì, tutta rannicchiata e vergognosa di quanto ha appena detto, e le dico: – Ora ti faccio vedere io!

Lei è sdraiata, ma un po’ rattrappita, le gambe socchiuse, una mano indugia ancora a toccarsi un po’, ma senza molta convinzione.

– Tu devi pensare che io ti voglio veder godere, godere di più con me che con un maschio. Tu devi godere per me, carina! Ora girati!

Lei obbedisce e si gira sulla pancia, scoprendo un culo perfetto. Le bacio la schiena a lungo, poi scendo nel solco tra le natiche, poi arrivo al buchetto rosa. Lei allarga le gambe, mi invita a continuare e mi favorisce.

– Devi pregarmi che ti lecchi, Debra. Ora ti leccherò questo buco del culo e tu a un certo punto mi pregherai di smetterla oppure di infilarti qualcosa dentro. Te lo sei mai fatto mettere nel culo? Eh, dimmelo!

– Sì, qualche volta.

– E ti è piaciuto?

– Certo che mi è piaciuto, forse non subito, ma poi è un gran bel farsi fottere…

– Bene, brava. Ora ti lecco.

E così comincio a entrare e uscire con la punta della lingua da un buchetto che pian piano si allarga, si dischiude. La saliva le cola sulla figa poco sotto, mi accorgo che s’è messa una mano sulla pancia e si sta toccando, mentre le lecco il culo, lo succhio e lo morsico.

– Matilde, sono fradicia… non ce la faccio più, devo scopare qualcosa, devi fare qualcosa. Mi stai facendo morire nell’attesa, ne ho una voglia da impazzire!

– Girati – le dico.

E appena si è girata, le affondo la lingua nella figa che lei intanto ha spalancata.

– Ooh – sento. Allora vado su e giù senza pietà. Così, aveva paura di non godere abbastanza… questa troia… gliela faccio vedere io. Aggiungo alla lingua un dito, tanto per ricordarle la penetrazione che le piace tanto, il cazzo che vuole così tanto… fino a che Debra comincia a scalciare come una cavalla.

– Aah, aah, dai, lecca, così, ancora, non fermarti… Godo, amore, godo, mi stai facendo godere con la lingua. E mi tocco, guarda, proprio come facevi tu prima… hai ragione, è bellissimo, siamo due troie… Ti sto sborrando anch’io in faccia e godo a farlo. Guardami, guardami!

E così dicendo si rizza, si torce e gode da sola come una forsennata. Anche per lei il pudore è ormai fuori questione. Ora siamo davvero amanti. Ora possiamo fare tutto ciò che con i maschi abbiamo paura di fare. E non siamo ancora a sera.

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